Nei cieli d’Europa volano soltanto i falchi. Così arriveranno i nuovi missili da crociera e ipersonici nelle basi Usa in Germania senza che nessuno dica niente. Abbiamo bisogno di un movimento per la pace, di una politica di distensione e di nessuna guerra mondiale. Sarebbe la terza e ultima.
C’è silenzio, un silenzio di tomba. Missili da crociera Tomahawk, missili SM-6 e missili ipersonici vengono dispiegati in Germania, il paese rimane in silenzio, l’Europa tace. Nessuna protesta, nessuna manifestazione. La Germania è l’unico Paese in Europa a cui questi sistemi d’arma statunitensi sono destinati. Sono puntati contro la Russia. Perché c’è tanto silenzio? Perché è estate, perché ci sono le vacanze? Perché la dichiarazione di Stati Uniti e Germania sul dispiegamento è incredibilmente concisa e asciutta? È lunga solo nove righe. Il silenzio ha forse a che fare con il fatto che sembra esserci ancora tempo? Dopotutto, il dispiegamento non inizierà prima del 2026. Oppure perché si è convinti che questi missili “porteranno solo pace”?
“In futuro dal suolo tedesco uscirà solo la pace”: questa è stata la promessa fatta dai due Stati tedeschi nel 1990 con il Trattato Due più Quattro. La DDR e la Repubblica Federale erano i due Stati; i quattro erano Francia, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Stati Uniti. Questo trattato ha aperto la strada alla riunificazione tedesca. La pace viene dunque da questi nuovi missili, che potrebbero essere dotati di armi nucleari? Oppure questa promessa ha assunto un significato diverso dopo la guerra in Ucraina, perché la deterrenza è ora più importante del disarmo? I tempi sono diventati così guerreschi che non ha più senso parlare di disarmo? La parola pace ha perso il suo fascino? Dietro questi punti interrogativi c’è il silenzio.
Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che reagirà in modo “speculare”. Quando a un’azione minacciosa si reagisce con una minaccia maggiore, e gli avversari hanno contro-reazioni che si alimentano reciprocamente, questa si chiama escalation. L’escalation significherà che i missili a lungo raggio, che in teoria possono essere dotati di armi nucleari, lo saranno anche in pratica. Bertold Brecht aveva messo in guardia da questa corsa al riarmo decenni fa. “La grande Cartagine”, scriveva nel 1951, “ha combattuto tre guerre. Era ancora potente dopo la prima, ancora abitabile dopo la seconda. Dopo la terza non fu più possibile trovarla”. Sembra un’affermazione agitata, ma è la verità. E nella gravità della situazione, l’agitazione è meglio dell’apatia. In una terza guerra mondiale, l’Europa sarebbe come Cartagine, o peggio. I cavalieri dell’apocalisse sono ora armati di armi nucleari.
Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha definito la decisione di installare i nuovi missili statunitensi in Germania una “decisione molto buona”. Deve dire questo perché nel suo giuramento ha promesso di evitare danni al popolo tedesco? Quanto è grande il pericolo che la Germania diventi un campo di battaglia? Era questa la paura che ha segnato le proteste contro il riarmo negli anni ’80, quando i missili Pershing II vennero installati nella Repubblica Federale. La guerra nucleare, si diceva allora, durante le grandi manifestazioni, diventava “più precisa e più controllabile” con i missili Pershing; la soglia di inibizione al loro uso si sarebbe quindi abbassata. I Tomahawk che vengono ora impiegati meritano davvero la parola “preciso”. E, a differenza dei Pershing, possono raggiungere Mosca. Questo aumenta o diminuisce il rischio che Mosca cerchi di eliminare questi missili in modo preventivo?
In Germania c’è un tale silenzio che si sente ancora l’eco delle vecchie proteste, quelle di allora, quando in tutta Europa c’era un movimento per la pace. Era quaranta, quarantacinque anni fa. Allora milioni di persone scesero in piazza con lo slogan “No alla morte nucleare” e protestarono contro la “doppia decisione” della Nato di installare i missili e avviare trattative con Mosca. In Germania, questo era il tema centrale delle proteste, con la manifestazione pacifista all’Hofgarten di Bonn dell’ottobre 1981, seguita dai numerosi blocchi contro i trasporti dei missili a Mutlangen. Tra chi ha sbarrato le strade ai missili c’erano scrittori come Günther Grass e Heinrich Böll, uomini e donne di chiesa, artisti e docenti universitari, e poi grandi masse di persone senza nome.
La magistratura tedesca punì in particolare questi ultimi per i blocchi stradali e applicò le sanzioni anche dopo che i missili erano già stati ritirati per effetto del trattato di disarmo INF. Il trucco della “doppia decisione” NATO consisteva nel fatto che il riarmo era legato alle trattative per il disarmo con i sovietici: era rischioso, ma funzionò. L’esperto di politica estera della SPD Egon Bahr disse in seguito che l’intenzione era quella di creare una sorta di situazione di ricatto. All’epoca ebbe successo: nel 1987, il trattato di disarmo INF fu firmato dai capi di Stato Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan. Ma fu poi cancellato dagli Stati Uniti sotto il presidente Trump nel 2019, dopo accuse reciproche di mancato rispetto del trattato. Si è agito e si agisce tuttora come se il disarmo fosse un formaggio – un formaggio con dei “buchi”, che non viene più realizzato proprio a causa di questi “buchi”.
La parola pace ha perso il suo fascino?
In quel periodo, al tempo dei movimenti per la pace, il disarmo arrivò anche nel sistema giudiziario tedesco: nel 1995, la Corte costituzionale federale stabilì che i blocchi dei sit-in non costituivano violenza. Le sentenze contro chi aveva bloccato i missili dovettero quindi essere annullate. Era molto tempo fa. Ma nel 2010 il Bundestag ha deciso a larga maggioranza che il governo Merkel avrebbe dovuto fare una campagna “vigorosa” per il ritiro di tutte le armi nucleari statunitensi dalla Germania. Anche questo era molto tempo fa. I missili Tomahawk di oggi sono meno pericolosi perché più precisi e veloci dei Pershing del passato? Oppure la situazione mondiale è così pericolosa che dobbiamo accettare di vivere con la paura che – se il peggio dovesse accadere – in Germania potrebbe non restare in piedi nemmeno una pietra?
È sorprendente che, a differenza della “doppia decisione” della Nato del 1979, l’annuncio del riarmo di oggi non sia legato a nessuna richiesta di disarmo degli avversari. Forse perché non si crede fin dall’inizio che eventuali accordi saranno rispettati? Sarebbe una sorta di disfattismo diplomatico che si rassegna a un pericolo che oggi diventa sempre più grande. Carl Friedrich von Weizsäcker, fisico e studioso della pace, lo descrisse già nel 1957: “Le grandi bombe raggiungono il loro scopo di proteggere la pace e la libertà solo se non cadono mai. Non raggiungono questo scopo se tutti sanno che non cadranno mai. Proprio per questo c’è il pericolo che un giorno cadano davvero”.
E’ questa paura che ha alimentato le proteste contro i missili Pershing negli anni Ottanta. Oggi la paura paralizza. All’epoca alimentava le proteste, ma oggi ne assorbe l’energia. Molte persone si spengono completamente quando si parla di guerra, armamenti e armi, perché hanno la sensazione di trovarsi di fronte a una montagna che non riescono a vedere perché diventa sempre più alta. Questo si chiama mancanza di speranza. E alcuni evitano di lottare per il disarmo perché non vogliono essere visti come amici di Putin.
Il ministro della Difesa Boris Pistorius sostiene che c’è un “gap di capacità” per giustificare il rafforzamento militare. Ma anche il movimento per la pace soffre di un “gap di capacità”. Ha perso la capacità di protestare in nome della speranza. Václav Havel una volta l’ha descritta così: “La speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha senso, indipendentemente da come andrà a finire”. Dobbiamo riconquistare questa certezza.
In Europa dobbiamo imparare di nuovo che cos’è la pace. Non c’è sicurezza con una spesa militare ancora più alta, né con un numero ancora maggiore di carri armati, né con un numero ancora maggiore di testate nucleari. La sicurezza non raddoppia se si raddoppiano le spese militari e le armi. Non si dimezza se si dimezzano le spese e le armi. Aumenterà se i due avversari imparano a guardarsi a vicenda. È così che possiamo imparare di nuovo come fare la pace.
Heribert Prantl è stato responsabile della redazione politica della Süddeutsche Zeitung e membro del comitato editoriale per molti anni. Oggi è editorialista del quotidiano. Il 3 e 4 settembre 2024 terrà a Bolzano tre conferenze sulla guerra e la pace.
Articolo pubblicato anche da il manifesto del 21 agosto 2024