In molti casi di attacchi violenti – terroristici o militari, di gruppi armati o di Stati – le parti lese, pur preavvertite, non hanno voluto o saputo prevenirli ma hanno lanciato controffensive ben più ampie. La logica delle armi è quella dell’escalation e dell’estensione dei conflitti.
Che cosa hanno in comune il bombardamento israeliano del consolato d’Iran a Damasco, il fatto terroristico di Mosca e, in tempi meno recenti, l’attacco alle Due Torri di New York, quello della Russia all’Ucraina e di Hamas al territorio d’Israele?
In primo luogo si tratta di eventi improvvisi quanto sconvolgenti per un’opinione pubblica mondiale ad essi impreparata anche se conosciuti da poteri competenti. Mi spiego. È ormai dimostrato che la preparazione dell’abbattimento delle Due Torri è stato preannunciato dal FBI; che l’attacco russo all’Ucraina è stato preceduto, oltre che dall’appropriazione della Crimea, da anni di guerra, documentata dall’OSCE, nel Donbass; che l’aggressione di Hamas fu segnalata, prima del suo inizio, da soldatesse israeliane, messe a tacere dai loro comandi; che l’attacco terroristico di Mosca fu preceduto da un allarme circostanziato addirittura lanciato dal governo di Washington, liquidato da quello di Mosca come propaganda ostile. La contigua ambasciata canadese fu preavvertita dell’imminente attacco israeliano al consolato iraniano di Damasco. Insomma, servizi segreti e di sicurezza, professionalmente quantomeno qualificati, quali CIA, Mossad, KGB, Guardie Rivoluzionarie del Popolo, pur avvertiti di quanto stava per avvenire, non furono capaci o non vollero attivare alcuna misura preventiva.
Sorge un interrogativo. Quali furono le conseguenti azioni della parte aggredita? L’immediata risposta all’abbattimento delle Due Torri fu l’attacco all’Afghanistan da parte degli Stati Uniti, con alcuni suoi alleati appartenenti alla NATO, nonché la premessa della successiva dichiarazione di guerra all’Iraq da parte di una coalition of the willing ugualmente guidata da Washington. L’aggressione all’Ucraina diede luogo ad una guerra difensiva, tuttora in corso, da parte dell’Ucraina stessa, sostenuta dalla NATO. Quella di Hamas ha scatenato un sanguinoso attacco, anch’esso tuttora in corso, del governo d’Israele al territorio palestinese di Gaza oltre che una recrudescenza di misure repressive a scapito dei palestinesi in Cisgiordania. A pochi giorni dal suo svolgimento, l’attacco terroristico subito da Mosca, ha determinato un rafforzamento dell’offensiva contro l’Ucraina e, forse, qualche provocazione preventiva nei confronti della Polonia. All’attacco israeliano al consolato iraniano è seguito uno scambio di ostilità con Teheran che ha fatto temere un allargamento della guerra mediorientale, determinando nell’immediato un diversivo rispetto alle continuate stragi a Gaza e in Cisgiordania.
Le parti lese, pur preavvertite, non hanno voluto o saputo prevenire gli attacchi ma, legittimate da quanto subito, hanno lanciato azioni controffensive di ben più vasta portata. Ciò che più conta, ai fini della comprensione di questi attacchi, non è l’accertamento pur scontato di chi li ha perpetrati – Osama Bin Laden piuttosto che quanto resta dell’Isis o, in forma inequivoca, Mosca, Hamas, Tel Aviv e Teheran – ma le condizioni e le conseguenze oggettive che hanno determinato, i piani dei poteri bersagliati che hanno attivato.
A questo proposito occorre una precisazione metodologica. Soprattutto negli Stati Uniti è invalsa l’abitudine di liquidare ogni affermazione scomoda come frutto di una teoria cospiratoria e chi l’afferma di essere un conspiracy theorist, a sua volta sospetto. Ora, la storia, come la vita di tutti i giorni, è piena di cospirazioni come anche di eventi rilevanti che non ne sono il frutto. Ciò che più conta è l’oggettività delle loro conseguenze.
Il punto su cui interrogarsi è: come funziona l’uso della violenza nelle logiche di potere? E quali ne sono gli esiti?
Nei casi citati, gli attacchi violenti – terroristici o militari, di gruppi armati o di Stati – hanno alimentato un’escalation dell’uso della forza, un’estensione del conflitto, una spirale di violenza, l’incremento dell’impiego di armi di cui beneficiano i produttori di armamenti. Chi ha subito gli attacchi evocati, è stato posto nelle condizioni di poter attuare azioni da tempo programmate. Si è aggravata l’asimmetria tra le parti in lotta, si è ridotto lo spazio per l’azione politica, si è allontanata la possibilità di soluzione dei conflitti. E si sono moltiplicate le vittime, come denunciato da due papi – Francesco e Benedetto XV – in epoche lontane tra loro, segnate da stragi in atto.