Quel che arriva dall’Africa non è un “problema migratorio”, ma una vera e propria svolta: la ridefinizione dello spazio europeo. Saremo all’altezza?
Da tempo analisi e dati portano l’attenzione sul rafforzarsi, in Europa, dei partiti di destra e di una cultura politica “populista”; e sulla xenofobia. Ma di fronte ai processi che stanno segnando in questi mesi il Mediterraneo e il Medio Oriente non è dell’immigrazione, degli stranieri, che si tratta: è la nuova prospettiva a cui troviamo di fronte come “Europa”, la ridefinizione dello spazio europeo così come eravamo abituati a pensarlo e a viverlo. Come “europei tradizionali”, certo, siamo preoccupati. Cambiamenti del tutto imprevisti ci richiederanno di modificare visioni politiche e interventi (e anche atteggiamenti e pratiche nel vivere quotidiano) che fin qui avevamo tenuto, ed eravamo certi di continuare a tenere, saldamente nelle nostre mani. Certo dovremo definire le “politiche dell’immigrazione” (e gli “immigrati” stessi) in prospettive diverse da quelle che in passato abbiamo costruito. Ma c’è molto altro. Si tratta davvero di una svolta. Averne consapevolezza, e impegnarci a renderla in qualche misura condivisa, e a diffonderla, questa consapevolezza, è importante.Provo a fare alcune brevi riflessioni. Al centro gli avvenimenti dei mesi scorsi, in Libia in particolare. Ma non li guardo nel loro complesso, e per molti aspetti drammatico, evolversi. Li guardo dall’altra parte del Mediterraneo, da dove siamo collocati noi, gli “europei tradizionali”. I governi di Italia e Francia (i paesi più direttamente implicati, fin qui, nei processi in corso) si sono mostrati, di fronte agli arrivi di migliaia di persone, del tutto impreparati. Annunci e decisioni, presentati come risposte e anzi soluzioni, visibilmente erano intesi come “messaggi”: le figure politiche italiane e i loro passaggi sulla “scena” di Lampedusa li abbiamo ben presenti. Si è detto: inadeguatezza delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea, mancanza di organizzazione, e forte pressione di larga parte dell’opinione pubblica e di gruppi politici (il Front National in Francia, la Lega in Italia) perché gli sbarchi venissero bloccati. I problemi ci riguardano per molteplici aspetti (economici, sociali, politici) e hanno implicazioni per il futuro davvero complesse. Accenno a tre punti di riflessione:
• La dimensione “europea”. C’è stata la reazione iniziale, con la richiesta da parte italiana di destinare “quote” di arrivi ai diversi paesi; da parte francese, la decisione di bloccare quelli che cercavano di passare i confini dall’Italia alla Francia, e in seguito di ammettere soltanto coloro che mostravano di avere una certa disponibilità di denaro; poi la discussione sul Trattato di Schengen, e la Danimarca ha deciso di mettere in atto una forma di sospensione del documento europeo. Gli organismi dell’Unione hanno subito colto il rischio di una possibile reazione a catena in questo senso: il ritorno ai confini nazionali e a politiche di chiusura. Uno scenario, negli anni scorsi, imprevedibile.
• Il peso di questo problema in termini di consenso, in particolare in occasioni “elettorali” come quelle imminenti in Italia e in Francia. Data l’evidente rilevanza della questione si delinea un’agenda politica (ai livelli nazionali, ma con ricadute europee e non solo) incapace di gestirli, i problemi, e anche del tutto miope rispetto alla loro complessità e urgenza.
• La consapevolezza di questo “passaggio” come centrale per una visione ripensata, ridefinita, dell’Europa. Non si può non riconoscere la complessità delle questioni aperte. E però è cruciale cogliere i rischi che potrebbero venire se si scegliesse di continuare a pensarci come collocati nello scenario dei decenni passati. Con gli eventi in corso nei paesi di fronte a noi e dei quali certo è difficile prevedere i futuri sviluppi si è aperto un percorso che è, appunto, europeo: come essere pienamente avvertiti di questa nuova dimensione dell’essere “europei”, come starci dentro. Sapremo affrontarla, sapremo evitare ricadute pesanti per tutti quelli che vivono sui due lati del mare che ci collega?