Un’auto ogni 8 persone al mondo, finirà per consumare tutto il territorio; un’auto ogni 1,6 abitanti, in Italia, lo ha già consumato. Adesso l’industria dell’auto ha bisogno degli stati. Ma di quale industria dell’auto abbiamo bisogno noi? E dove sarà localizzata?
La capacità mondiale di produrre automobili nel 2009 sopravanzerà di molto la capacità mondiale di assorbirne. Sarà necessario distruggere un bel po’ di capitale incorporato nell’auto per riportare il sistema a profitto. L’operazione sarà costosa e sarebbe meglio farsi finanziare la riconversione da qualcuno di molto ricco. Banca e finanza sono state abitualmente, nelle crisi precedenti, le candidate naturali alla bisogna; tanto insieme che separatamente, secondo i casi. Ora però anch’esse sono alla ricerca di aiuti consistenti. Dicono quelli grossolani che sono in braghe di tela. Resta lo stato, gli stati. Avuti i quattrini, si può anche scegliere come cambiare, per tornare al profitto. Alcune case automobilistiche scelgono di puntare su una riduzione dei costi e di acquistare il lavoro dove costa meno. In questo finiscono per urtare l’afflato sociale dei governi che pensano con preoccupazione alla propria costituency che va a ramengo. Altre case puntano invece a una modifica graduale dei motori, cambiando tipo di combustibile fossile o aumentando l’uso di elettricità nella propulsione. Il petrolio, preoccupato, o inviperito, ancora non si sa, ha dato una risposta terribile: in pochi mesi ha diviso per quattro il suo prezzo, sogghignando: “e adesso provate ancora a parlare di mio ‘picco’, di necessità di sostituirmi. Pensavate davvero che volessi finanziare il mio funerale?”. In effetti gli osservatori più tranquilli ammettono che sarà più difficile sostituire il petrolio, attività di per sé difficile e costosa, con prezzi del petrolio che non valgono neppure il nolo della petroliera.
In questo quadro confuso, compaiono grandi scritte sui muri. Un’auto ogni 8 persone al mondo, finirà per consumare tutto il territorio; un’auto ogni 1,6 abitanti, in Italia, lo ha già consumato
E ancora.
La produzione annua delle automobili nel mondo è pari al 10% sul parco esistente. Quella possibile, data l’industria del ramo, è anche più alta. La rottamazione incentivata come unico stratagemma per tenere in piedi la baracca sembra davvero un’esile soluzione. L’alternativa, il passaggio all’auto meno inquinante, sembra lontana. Il 2007 è stato l’ultimo anno “normale” prima del disastro: prima della caduta furibonda del mercato di massa. Un esame del 2007 : produzione, immatricolazioni, paesi, case automobilistiche, non è risolutivo, ma può servire; se non altro, per avviare una discussione.
Si può cominciare con un’osservazione di George Monbiot: la Ford T nel 1907 (quindi il prototipo, perché la produzione vera e propria cominciò nel 1908) aveva consumi di 20 mpg, miglia per gallone. Nel 2007, proprio cento anni dopo, una automobile Usa consuma in media 25mpg. La riduzione dei consumi e quindi dell’inquinamento da combustibili non è stata al centro dei pensieri di progettisti, case automobilistiche, legislatori e governanti. Quando riaffiora un programma del genere, bisogna stare molto in campana: l’industria vuole soldi, il governo getta polvere negli occhi, quanto all’ambiente da salvare il risparmio nei consumi, le importazioni di petrolio da ridurre.. Fingono tutti.
Un’auto ogni dieci persone è ormai una barriera superata di slancio. Ora nel mondo esiste un’auto ogni nove persone e si prevede che ce ne sarà una ogni otto ben presto. Così l’altissimo prezzo del petrolio raggiunto a metà dell’anno scorso deve essere stato imposto da chi speculava sul greggio, spingendone in alto il prezzo, convinto che la domanda fosse rigida all’infinito. Non lo era, non lo era per niente. In pochi mesi il prezzo si è diviso per quattro. Nessuno per ora ha spiegato bene la rapidità della salita e il precipizio successivo. Ma la caduta del prezzo del petrolio non è stato sufficiente a rianimare il mercato dell’auto che rimaneva debolissimo. I provvedimenti di alcuni governi, dal buy american di Obama ai miliardi di euro a Psa e Renault di Sarkozy, a patto che non si licenzino lavoratori delle fabbriche francesi. Risulta però (in un grafico del Sole 24 Ore che correda un articolo di Andrea Malan, “Il marchio è nazionale, il prodotto no”, 10-02-2009) che Gm e Ford producano in patria il 31,9 e il 31,8% delle loro automobili, che Renault faccia poco meglio con il 34,7%; e che un po’ più meritevole sia invece Psa, costruendo in patria il 45,5% della produzione totale. La sostanza è che a parte pochi casi di eccellenza come Bmw o, nel suo piccolo, Ferrari, che puntano sul buon nome delle maestranze locali che consente di produrre auto a prezzi fuori mercato, gli altri produttori cercano all’estero manodopera meno costosa e meno esigente da un punto di vista sindacale, sbocchi di mercato senza ostacoli all’entrata e in molti casi aiuti dai governi stranieri in tema di tassazione più discreta, norme ambientali meno restrittive, protezione di mali del mondo e del commercio.
Prendiamo l’Italia. Il parco automobilistico aumentava anche di mezzo milione di auto all’anno, 2006-2007) perché di quella entità era la differenza tra le auto immatricolate e quelle scartate, derubricate, radiate. Con il mese di aprile del 2008 il trend si è invertito e le radiazioni superano le entrate di auto nuove. Nei primi sei mesi del 2008 per i quali abbiamo i dati sottomano in complesso il saldo tra entrate e uscite nel parco italiano è di 59.267 auto. Alla fine del 2007 la consistenza era di 36,6 milioni. Con un’auto ogni 1,6 abitanti eravamo in testa in Europa.
Per una ventina d’anni le immatricolazioni sono state di oltre due milioni di automezzi in media, con una punta di 2,4 milioni nel 2007. Nel 2008 non ha funzionato più l’incentivo all’acquisto del governo con il premio alla rottamazione che aveva avuto buon gioco l’anno precedente e c’è stata solo la riduzione di prezzo da parte delle case automobilistiche, per emulare il mancato contributo pubblico. Quando poi anche le case sono rimaste senza fiato, il mercato si è rarefatto. Sono venuti meno tutti gli acquisti fatti in anticipo, per usufruire di ogni facilitazione. Risultato 100 mila auto mancanti, una vera e propria doccia fredda. Per l’anno in corso la previsione è di scendere infine al di sotto di 2 milioni di autovetture immatricolate. E questa è considerata dai più una notizia cattiva, un segno di tempi amari.
Toyota |
9497754 |
|||||
GM |
9349818 |
|||||
Volkswagen |
6346222 |
|||||
Ford |
6247506 |
|||||
Honda |
3911814 |
|||||
PSA |
3457385 |
|||||
Nissan |
3431398 |
|||||
Fiat |
2679451 |
|||||
Renault |
2669040 |
|||||
Hyundai |
2617725 |
|||||
Suzuki |
2596316 |
|||||
Chrysler |
2538624 |
|||||
Daimler |
2096977 |
|||||
BMW |
1541503 |
|||||
Mitsubishi |
1411975 |
|||||
Kia |
1369330 |
|||||
Mazda |
1286730 |
|||||
AvtoVAZ |
735897 |
|||||
FAW |
690712 |
|||||
Tata Motors |
588158 |
|||||
Fuji |
585028 |
|||||
Chang’an |
543787 |
Sono presenti: Giappone con sette imprese (Toyota, Honda, Nissan, Suzuki, Mitsubishi, Mazda, Fuji-Subaru), Usa con 3 (Gm, Ford, Chrysler), Germania con tre (Volkswagen, Daimler, Bmw), Francia con due (Psa e Renault), Corea con due (Hyundai e Kia), Cina con due Faw e Chang’an), Italia, India e Russia con una casa per uno (Fiat, Avtovaz, Tata Motors).
Sedici sono i paesi che avevano una produzione superiore a un milione di autoveicoli nel loro territorio. Il diciassettesimo forse ci è arrivato nel 2008, visto che l’Iran è ai margini del mercato e dei suoi contraccolpi. Insieme i 16 producono 63 milioni di auto su poco più di 75 milioni complessivi. La produzione si è spostata.
Tav. 2 Produzione e immatricolazioni di auto per paese (in migliaia di esemplari)
paesi |
produzione |
immatricolazioni |
immatricolazioni |
Autoveicoli (suv compresi) |
autoveicoli |
solo autovetture |
|
Giappone |
11.596 |
5.354 |
4.400 |
Usa |
10.781 |
16.460 |
7.629 |
Cina |
8.882 |
8.857 |
6.369 |
Germania |
6.213 |
3.482 |
3.148 |
Corea |
4.086 |
1.219 |
986 |
Francia |
3.019 |
2.584 |
2.065 |
Brasile |
2.971 |
2.463 |
1.976 |
Spagna |
2.890 |
1.939 |
1.615 |
Canada |
2.578 |
1.688 |
841 |
India |
2.307 |
1.990 |
1.511 |
Messico |
2.095 |
1.100 |
641 |
Regno unito |
1.750 |
2.796 |
2.404 |
Russia |
1.660 |
2.885 |
2.502 |
Italia |
1.284 |
2.766 |
2.404 |
Tailandia |
1.238 |
631 |
170 |
Turchia |
1.099 |
641 |
357 |
Iran |
997 |
…… |
…… |
Triade* |
37.532 |
||
Asia** |
30.205 |
La tavola 2 indica produzione e immatricolazioni nei vari paesi con industria automobilistica eminente: oltre un milione di esemplari prodotti. (* Unione Europea, Stati Uniti, Giappone; ** Asia emergente)
Si può riflettere sull’Italia che importa più del doppio di quante auto produca e sulla Cina che pareggia esattamente la produzione e il consumo. Su Germania, Giappone e Messico che producono il doppio delle auto consumate, pur con condizioni di reddito diversissime.
Si possono fare molte osservazioni.
L’ultima è quella del confronto tra la Triade (Europa ricca, Usa, Giappone) e l’Asia emergente. E’ un esercizio un po’ forzato, in cui il Giappone compare due volte e la distanza tra Turchia e Cina è davvero abissale; ma la strada è tracciata. E dove c’è strada, le automobili si addentrano.