Nella sottovalutazione della politica e dei media, c’è un’altra vittima nella guerra di aggressione all’Ucraina: la lenta ma inarrestabile erosione del Tabù Nucleare che finora aveva vietato alle grandi potenze non solo di usare ma anche di minacciare l’uso dell’arma atomica.
Nella sottovalutazione della politica e dei media, c’è un’altra vittima nella guerra di aggressione all’Ucraina: la lenta ma inarrestabile erosione del Tabù Nucleare che finora aveva vietato alle grandi potenze non solo di usare ma anche di minacciare l’uso dell’arma atomica.
In una escalation che vede protagonisti uno dopo l’altro i vari esponenti della cerchia di Putin, il governo russo cerca di far dimenticare il disastroso andamento dell’”operazione militare speciale” con due tipi di bombardamenti, quelli mediante missili e droni contro la popolazione e le infrastrutture dell’Ucraina e quelli verbali che minacciano, oramai apertamente, il possibile uso delle armi nucleari.
A questa duplice offensiva, gli Stati uniti e la NATO stanno dando due tipi di risposta, quella militare tramite la consegna di sistemi di difesa e offesa sempre più avanzati e quella politica di minimizzare la minaccia nucleare.
Mentre la prima risposta è diretta al campo di battaglia, la seconda è diretta al fronte interno. Il risultato è che, con il pretesto di non allarmare l’opinione pubblica, si tengono “sottotono” le minacce che incombono, non soltanto sui martoriati territori dell’Ucraina ma, virtualmente, sull’intera Europa. Viene così taciuto che nei Paesi dell’Europa occidentale sono disseminate decine di basi, nazionali o NATO, che ospitano testate e vettori nucleari o dual use, centri di comando e controllo e altre infrastrutture di supporto.
Alcune di queste basi (a controllo nazionale e/o NATO o bilaterale Italia/USA) sono anche in Italia. Nello studio Scenari nucleari in Italia pubblicato sull’ultimo numero di IRIAD Review abbiamo individuato 9 basi militari, che, nel nostro Paese potrebbero rappresentare un obiettivo pagante dal punto di vista tattico e strategico. Nella sciagurata ipotesi di una degenerazione del conflitto russo-ucraino nel quale i russi dovessero decidere un attacco a basi NATO sul suolo europeo a essere colpite per prime sarebbero le basi NATO di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) che ospitano circa 40 testate nucleari. Ulteriori bersagli potrebbero essere rappresentati da altre basi e comandi militari quali Vicenza (Caserma del Din e Caserma Ederle), Livorno (Camp Darby), Gaeta, Napoli (Naval Support Activity), Taranto e Sigonella (Naval Air Station).
Lo scenario elaborato da Archivio Disarmo utilizza il modello formulato da Alex Wellerstein e applicato dal gruppo di lavoro di Princeton per calcolare gli effetti, catastrofici, di uno scambio diretto tra Russia e Stati Uniti. Nella fase che potrebbe precederlo, quella di un attacco russo contro i paesi europei, il bombardamento degli obiettivi italiani appena elencati provocherebbe almeno 55 mila morti e oltre 190 mila feriti. La gran parte delle vittime deriverebbe dai bombardamenti degli obiettivi in prossimità delle città: Napoli (circa 21 mila morti e 109 mila feriti), Vicenza (12 mila morti e 45 mila feriti), Gaeta (12 mila morti e 5 mila feriti) e Taranto (7500 morti e quasi 27 mila feriti). Al danno umano va aggiunto quello economico che il blocco di infrastrutture e di centri nevralgici provocherebbe sull’intera Penisola e quello ambientale provocato dal fallout nucleare e dalla persistenza di radiazioni.
È scontato, ma necessario, precisare che prevedere lo scenario peggiore non significa contribuire a determinarlo. Al contrario l’obiettivo di Archivio Disarmo è quello di mettere in guardia nei confronti di una terribile minaccia. Benché si tratti di uno scenario le cui probabilità di realizzarsi sono scarse, ciò non impedisce tutti i nostri sforzi vadano nella direzione di far conoscere, e prevenire, una catastrofe senza limiti.