Lo storico israeliano parla di “doppio standard” dell’Occidente su invasioni e occupazioni e ricorda: “Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, il governo israeliano ha intensificato le uccisioni di palestinesi, inclusi i bambini.” Da Il Fatto.
E’ stato definito lo storico israeliano più coraggioso. Ilan Pappé ha da poco dato alle stampe “La prigione più grande del mondo. Storia dei Territori Occupati” (Fazi editore), un libro che ricostruisce rigorosamen- te, con dati e materiali d’archivio, una mostruosa ingiustizia sotto gli occhi del mondo, eppure tollerata: come la Cisgiordania e la Striscia di Gaza siano state trasformate da Israele in un immenso carcere.
Il libro è dedicato ai bambini della Palestina che sono stati uccisi, feriti e traumatizzati e scrive che nella prima Intifada (la rivolta palestinese dal 1987 al 1993) la sezione svedese di Save The Children stimò che tra i 23.600 e 29.000 bambini, un terzo dei quali con meno di 10 anni, dovettero essere curati a causa delle ferite provocate dalle percosse. È figlio di gente sfuggita al nazismo, quando ha iniziato a mettere in discussione le brutali politiche di Israele contro i palestinesi?
Iniziai a notare la brutalità, e a rendermi conto quanto fosse strutturale, in due fasi. La prima volta quando lavorai al mio Ph.D. all’Università di Oxford sugli eventi del 1948 (la cacciata dei palestinesi dalla loro terra, ndr) ed esaminai freddi materiali d’archivio, che includevano immagini strazianti di massacri, espulsioni e altri crimini di guerra. Mi resi conto che la convinzione con cui ero cresciuto, che le forze armate israeliane fossero le più etiche del mondo, era discutibile. La seconda volta fu quando vidi con i miei occhi la brutalità dell’esercito d’Israele nella seconda guerra del Libano nel 1982, poi durante la prima Intifada e, a distanza ravvicinata, durante la seconda nel 2000, quando iniziai a scrivere “La pulizia etnica della Palestina”.