A Hiroshima e Nagasaki furono usate armi potrebbero rientrare nella categoria delle armi tattiche o di teatro. Come le B-61 presenti ora nelle basi di Ghedi e di Aviano. Intervista a Maurizio Simoncelli da Rainews.
Ne parliamo con Maurizio Simoncelli, vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
Professore, la guerra in Ucraina ha tra i suoi molteplici effetti collaterali anche quello di sdoganare un possibile uso di armi nucleari “‘tattiche” da parte russa. Dal suo punto di vista ritiene possibile questa follia immane?
In guerra tutto può avvenire, come ci insegna il secondo conflitto mondiale con Hiroshima e Nagasaki. La Russia al momento attuale è in palese difficoltà e la mobilitazione parziale ne è uno dei tanti segnali. Considerata poi la tipologia di regime monocratico, c’è da aspettarsi di tutto da un Putin che non riesce a concludere la sua “operazione militare speciale” in Ucraina e vede vacillare il suo potere all’interno della Russia. Recentemente anche il presidente Biden ha rilevato la pericolosità di tale minaccia.
Diamo qualche numero: quanti sono gli ordigni nucleari tattici nel mondo e quante ne possiede la Russia?
Nel mondo vi sono circa 13.000 ordigni nucleari tra tattici e strategici, per lo più negli arsenali statunitensi (5.428) e russi (5.977), mentre i rimanenti sono presenti in quelli di Cina (350), Gran Bretagna (225), Francia (290), India (160), Pakistan (165), Israele (90) e Corea del Nord (20). La Russia ha 1.912 testate tattiche o di teatro, non schierate e presenti nei depositi. Da parte statunitense se ne hanno circa 200, di cui la metà è nei depositi oltre oceano, mentre altre 100 sono in basi europee (Italia, Belgio, Olanda Germania e Turchia). La differenza numerica delle testate tattiche è dovuta alle scelte connesse alla diversa posizione geopolitica delle due superpotenze, una – la Russia – posizionata sul territorio europeo, l’altra – gli Stati Uniti – collocati oltre oceano, seppur presenti in Europa in numerose basi.