Fin dove si vuole «indebolire la Russia»? E qual è l’obiettivo ucraìno accettabile da Putin? Il 9 maggio si avvicina senza mediazione diplomatica e la pace si allontana. Da il manifesto.
Per capire che la guerra in Ucraina è cambiata non ci vuole uno stratega. Basta alzare lo sguardo all’orizzonte del Mar Nero con l’«Admiral Makarov» colpita da un missile guidato probabilmente da un drone americano. Nelle prime settimane di conflitto Biden si era rifiutato di autorizzare aiuti militari con armi offensive o di istituire una “no-fly zone” che coinvolgesse la Nato. Agli ucraini l’Occidente chiedeva di resistere il più possibile, sperando che Putin si impantanasse.
Cosa che è avvenuta con le armi che Kiev aveva già ottenuto in precedenza da Washington e Londra. Putin è stato costretto a ritirarsi nel Donbass, rinunciando a cambiare – almeno per ora – l’ordine politico a Kiev e lasciando dietro di sé crimini di guerra e fosse comuni. Il 9 maggio a Mosca si festeggia una vittoria, l’armistizio della Germania (8 maggio 1945), certo non quello dell’Ucraina.
Adesso siamo alla seconda fase. Con l’annuncio della Casa Bianca del 28 aprile di un pacchetto per Kiev di 33 miliardi di dollari, di cui 20 di sostegno militare, il livello dello scontro è salito in un modo incredibile. Dagli aiuti contro l’aggressione russa si è passati a una manovra per indebolire il potere di Putin e l’influenza della Russia in Europa. Come ci informa il New York Times si possono colpire le infrastrutture logistiche dei russi sul loro territorio, uccidere i loro generali con le informazioni passate da aerei spia, satelliti e droni americani e britannici, affondare loro navi come accaduto con il Moskva. Quanto alle smentite di Washington delle stesse fonti americane della difesa, fanno parte del gioco: combattere una guerra da remoto dando la sensazione di non essere coinvolti direttamente e di tenerla sotto controllo.
Forse la potremmo chiamare «guerra per procura controllata».