Di fronte agli studenti che occupano per reclamare il diritto allo studio, migliorare la didattica e chiedere di mettere fine alle “classi pollaio” (e per tante altre ragioni) il ministero guidato da Patrizio Bianchi risponde con la repressione, l’intimidazione e chiede ai suoi presidi e docenti di non fare solo i formatori ma anche gli […]
Di fronte alle oltre 60 occupazioni che hanno interessato altrettante scuole romane in questi giorni, il ministero dell’Istruzione (nello specifico l’ufficio scolastico regionale per il Lazio) ha perso la testa. In una circolare di qualche giorno fa si chiede al personale scolastico di denunciare agli studenti “il reato di interruzione del pubblico servizio e di chiedere lo sgombero degli edifici… avendo cura di identificare, nella denuncia, quanto possiate gli occupanti” e segue: “agli occupanti identificati occorrerà anche applicare le misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascuna scuola e dell’occupazione si terrà conto nel determinare il voto di condotta”.
Di fronte agli studenti che occupano per reclamare il diritto allo studio, migliorare la didattica e chiedere di mettere fine alle “classi pollaio” (e per tante altre ragioni) il ministero guidato da Patrizio Bianchi risponde con la repressione, l’intimidazione e chiede ai suoi presidi e docenti di non fare solo i formatori ma anche gli informatori dei reati commessi. E’ una frattura gravissima, questa, tra studenti e istituzioni scolastiche. Ci si chiede se il ministro Bianchi sappia e approvi quello che fanno i suoi incaricati in periferia. E’ per questo motivo che sono arrivate le prime interrogazioni e interpellanze parlamentari per sapere quale sia la posizione del ministro in merito. Quella circolare va immediatamente ritirata.
Vandalismi e danni alle scuole vanno denunciati con forza, ma questo non può essere la scusa per sopprimere – con le minacce e le intimidazioni – il diritto degli studenti a manifestare il loro dissenso, anche con l’occupazione delle scuole. Ricordiamo che meno di un anno fa la Procura di Roma ha archiviato tutti i fascicoli di denuncia contro le occupazioni degli studenti perché questi ultimi “devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione” e non va leso il loro diritto di “riunione e manifestazione”.
Dalla definizione delle occupazioni delle scuole (fatte per avere una scuola migliore) come un “reato” e un gesto criminale alla possibile riscrittura della storia di questo paese il passo è breve. Magari nella prossima circolare il ministero potrebbe suggerirci di riconsiderare il ’68 degli studenti con le loro occupazioni come il più grande cumulo di reati a danno della scuola che l’Italia abbia visto nel secondo dopoguerra. Oppure, visto, che di reati si parla e che questi vanno sempre perseguiti, sempre nella prossima circolare potremmo essere invitati a rivalutare le ragioni dei cappellani militari contro Don Lorenzo Milani e i suoi reati (la difesa degli obiettori di coscienza e il diritto alla disobbedienza civile) contro la patria. Intitolare le scuole a Don Milani, dedicargli i convegni, per poi (al ministero) rinnegarne il sacrificio e l’insegnamento (la disobbedienza civile: questo vale anche per gli studenti che oggi occupano), non è quello che ci aspetteremmo dal ministero dell’Istruzione.
Ora, questi provvedimenti annunciati dal ministero contro gli studenti sono un gravissimo segnale di scontro e non di dialogo, di repressione e non di ascolto, di intimidazione e non di riconciliazione. Su questa strada, le cose non potranno che peggiorare: di tutto ciò la scuola pubblica non ha proprio bisogno. Il ministro Bianchi faccia sentire la sua voce.