I dieci giorni di Atene/Straniero, annuncia ai Danubioeuropei che noi / giacciamo qui, obbedienti ai loro soldini. Una rilettura di Nanos Valaoritis
Straniero, annuncia ai Danubioeuropei che noi / giacciamo qui, obbedienti ai loro soldini. // Così come ci vedete uno ad uno scarmigliati / un mucchio inestricabile di monete straniere / con maschere e simboli irriconoscibili / sulla falda cadente di una lampada da ufficio // nell’adunanza generale dell’autunno / un risveglio – senza case – senza domani / tutto ci hanno portato via – armati di una penna d’oro / incidendo col coltello oracoli sul braccio // indovinelli insolubili senza senso né spiegazione / ma apriamo un po’ la finestra sul giardino / per vedere fuori cosa ci accade / un’Aurora dalle dita di rosa scarna stampata // passiamo lievemente da un tema all’altro / l’onda del Noto langue negli stretti / la barca piena di merci oscilla su e giù / e io coi miei fumetti sotto braccio afferro // a tratti la manina di lei che è fuoribordo / schivando con arte un’onda grande – / ho imparato da subito a girare la barca / per evitare il ribaltamento… / nella furia dell’onda (da Carnevale amaro, 2013; trad. Filippomaria Pontani)
Nanos Valaoritis (1921) è stato un importante poeta surrealista e neosurrealista, e ha vissuto e insegnato a lungo in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti. La sua ultima raccolta è pervasa dallo sdegno e dall’inquietudine per il destino della sua patria: questa poesia prende le mosse da un’amara parodia del celebre epigramma di Simonide per i morti alle Termopili (480 a.C.).