Lavoro cercasi/10 C’è un percorso comune fra l’espulsione dei giovani dal mercato del lavoro e dalla vita sociale attiva e la drastica riduzione del servizio civile nazionale
Il Servizio Civile Nazionale (Scn), su base volontaria per cittadini italiani di entrambi i sessi fra i 18 e i 28 anni, nato come sviluppo di quello degli obiettori di coscienza al servizio militare, e istituito con legge statale nel 2001 è nei fatti la principale azione pubblica rivolta ai giovani dopo la scuola dell’obbligo.
C’è un percorso comune fra l’espulsione dei giovani dal mercato del lavoro e dalla vita sociale attiva e la drastica riduzione del servizio civile nazionale, precipitato dai 45.000 posti del 2007 ai 15.000 del 2014, dopo un anno di stop totale. È importante studiarlo perché ha le infrastrutture organizzative per accogliere oltre 100 mila persone e quindi un suo inserimento in provvedimenti generali di inclusione dei giovani sarebbe da questo punto di vista possibile nell’arco di pochi mesi. Ed è importante avere questo orizzonte perché dal 2001 al 2012 sono stati messi a bando 340.000 posti e circa 300.000 sono stati i giovani che hanno svolto il servizio. Ma nel solo periodo 2007-2011 a fronte di quasi 156.000 posti messi a bando sono state 432.000 le domande presentate, distribuite su tutte le Regioni italiane. Il profilo dell’istruzione formale dei giovani coinvolti è superiore alla media e questo da una parte è una risorsa ma, nel momento in cui si finanziano solo 15 mila posti all’anno, si fa assumere al SCN un carattere elitario inaccettabile.
Per questo proponiamo un SCN per tutti coloro che chiedono di farlo. Erano 85.000 nel 2011. Così come dalle ricerche esistenti emerge che per i giovani che lo svolgono è un modo per ridurre il divario fra sapere formale e esperienza come è un modo per testare le proprie capacità in campi sconosciuti, così come è vivono la gestione autonoma dell’assegno mensile, del rispetto degli orari, del lavoro in gruppo e della reattività alle difficoltà o opportunità nella realizzazione delle attività di un progetto. Sono fattori che, se inseriti in un piano per il lavoro, possono innalzare il grado di competitività, anche in ambito europeo, della nostra forza lavoro. Inoltre le modalità concrete di partecipazione al Scn hanno un tasso di coinvolgimento personale nelle finalità e nei rapporti con l’utenza che rendono i giovani del Scn fra i più preparati ai lavori di cura, di integrazione degli esclusi, di valorizzazione dei patrimoni storici, ambientali etc. cioè in alcune dei settori produttori di nuovi lavori, che, se abbinati ad una riduzione dell’orario di lavoro, potrebbero essere un’alternativa alla ripresa di produzione senza nuova occupazione. Che poi le potenzialità di questa esperienza siano finite nel girone del conflitto fra istituzioni generato del titolo V della Costituzione e quindi, invece di potenziarlo, i governi abbiano scelto di tagliare il Scn, è parte della storia di questo paese e di come i giovani siano stati di nuovo vittime. Ma è anche sintomo della incapacità a fare scelte di fondo.
Infatti è ovvio che il Scn concorre, per quello che ho detto, anche a sostenere politiche di welfare (e non solo), così come è una risorsa per le politiche giovanili, ma il suo scopo finale è contribuire alla promozione della pace e a educare a vivere in modo nonviolento i conflitti, da quelli interpersonali a quelli sociali e fra Stati. È cioè una istituzione pubblica, polisemica, di cui occorre stabilire il risultato fondamentale affinchè anche gli altri siano generatori di consenso e risorse invece che elemento di stallo. In questo quadro il Scn può portare il suo contributo anche per affrontare la crisi dell’Unione attraverso una linea di Scn chiamata «Italia/Europa» che combina, dentro i dodici mesi del progetto in Italia, un periodo di tre/quattro mesi presso un’altra organizzazione europea, a condizione di reciprocità, magari ospitati presso famiglie. Su questo stiamo già lavorando con partner francesi, belgi, tedeschi.