Alcuni temi dei movimenti, la protesta e le richieste di democrazia partecipativa si ritrovano nell’agenda del Movimento Cinque Stelle. C’è uno spazio per un’altra politica?
Certamente non è il migliore risultato elettorale possibile ma, per i movimenti anti-austerity, neanche il peggiore. Due altri risultati sarebbero stati certamente molto più rischiosi. Una, vicinissima, vittoria della destra, con o senza Monti, avrebbe portato continuità nelle politiche di riduzione dei diritti sociali e del lavoro che dal governo Berlusconi sono migrate al governo di “grande coalizione” guidato da Mario Monti. Questo risultato elettorale avrebbe sicuramente portato a riempire le piazze, ma con molti incerti risultati.
Il secondo risultato certamente peggiore di quello che abbiamo davanti sarebbe stata una maggioranza possibile PD-Monti con, ancora, continuità con il governo precedente sia in termini di politiche ultra-neoliberiste, e la perdita di potenziali alleati (sindacato e associazionismo di sinistra) perduto per la protesta.
Si dice che a pochi giorni dall’inizio della protesta degli Indignados in Spagna circolasse la battuta, “Ma i greci cosa fanno, dormono?”. Poi, dopo che i greci si erano svegliati, si dice che lì si dicesse, “Ma gli italiani cosa fanno, dormono?”, e che infatti gli italiani non sembrava si fossero svegliati. In realtà, il 2011 è stato ancora un anno di proteste anche in Italia; dall’inizio del governo Monti-Pdl-Pd, però, le proteste, pur frequenti, sono però rimaste frammentate. La bugia di un governo “tecnico”, e la realtà di un governo neoliberista sostenuto dal centro-sinistra, ha contribuito infatti a silenziare e scoraggiare lo sviluppo di ampi movimenti.
Seppure frammentate, le proteste che pur ci sono state hanno avuto però effetti positivi, almeno nel creare un consenso ampio, e riflesso nei risultati elettorali, attorno all’idea che le politiche di austerità non fanno il bene, ma il male del paese, e dei cittadini. Non solo il fatto che il premier uscente sia il grande sconfitto delle elezioni, ma anche la perdita da parte del Pdl della metà del suo elettorato e da parte del Pd di un terzo del suo, testimoniano di un rifiuto delle politiche degli ultimi anni. Il voto massiccio al Movimento 5 stelle conferma questo rifiuto. Nel programma del movimento i temi del reddito minimo, del no alle “grandi opere” inutili, della lotta ad una corruzione che rappresenta la sovrapposizione sempre più evidente di potere politico e ricchezza economica, sono presenti, in modo forte e chiaro. Presente nel Movimento 5 stelle è anche un altro tema centrale delle proteste degli ultimi mesi: la denuncia di una politica istituzionale basata sulla ricerca non della fiducia dei cittadini, ma della fiducia dei mercati, tema costante dell’ex-premier.
La democrazia diretta promossa dai 5 stelle è un richiamo ad un’altra politica, una politica di cittadini protagonisti. È una concezione di democrazia di difficile attuazione, che solo parzialmente tiene conto delle elaborazioni e pratiche dei movimenti sociali che, dai forum sociali in poi, hanno affiancato alle concezioni partecipative di democrazia le pratiche del consenso, dialogante piuttosto che maggioritario. È anche una concezione che stride con la presenza dominante di un leader, e molto fiduciosa nell’utilizzazione di nuove tecnologie che possono facilitare, ma anche ostacolare, una deliberazione democratica. Come nel movimento degli indignados in Spagna o di Occupy negli Stati uniti, è anche una concezione molto orizzontale e reticolare, che spesso entra in tensione con pratiche di gruppi, associazioni, organizzazioni di movimenti. Il movimento 5 stelle porta in parlamento tanti cittadini-attivisti che, pur essendosi spesso impegnati in tante proteste locali, non hanno però sempre seguito i processi di socializzazione e riconoscimento dei movimenti più tipici della sinistra. Questo significa anche potenziali difficoltà nel parlare, conoscersi, trovare modi comuni. C’è però anche la necessità per movimenti, che hanno già in passato difeso in modo convinto il valore positivo della diversità, di avviare un dialogo “dal basso”, di trasformare le sfide in opportunità per un’altra politica, da sviluppare nelle piazze, ma anche in un parlamento dove le idee e le pratiche dei movimenti sono oggi molto più presenti che in passato.