Il nuovo libro di Vincenzo Comito, “L’economia digitale, il lavoro, la politica” ci spiega come sta cambiando la tecnologia, per mano delle nuove “sette sorelle” del digitale, quattro americane e tre cinesi. E il vuoto della politica su questi temi
Una delle leggende più sorprendenti del libro di storia, alle elementari, era che il famoso re Carlo Magno non sapeva leggere e forse neppure scrivere la sua firma. Le verità del passato sono sempre controverse (la storia è bella perché non finisce mai), ma fa parte del nostro modo di pensare la convinzione che un bambino o meglio ancora una bambina di otto anni di oggi sappia leggere e scrivere meglio del grande re del passato, fondatore e padre di tanto mondo di oggi.
La leggenda continua. Quel che forse non era neppure verosimile nel caso del ritardo di Carlo Magno nei confronti dei suoi lontani discendenti di seconda elementare, è certamente vero per noi della generazione dell’Ibm a pallina rotante, che eravamo fieri del primo fax, grande come un frigorifero a doppia porta. Erano gli anni settanta. Eravamo sicuri dei nostri progressi, dal tempo della Lettera 22 e del volantino stampato con il ciclostile. In altri quarant’anni la storia ha girato di nuovo la pagina. Il mondo, il libro, come leggere e ricordare quel che è stato, tutto è diverso. Si può anche sapere istantaneamente ciò che avviene lontano, si può perfino scommettere sul futuro e addirittura cercare di cambiarlo. Eravamo vivi e presenti, usavamo il telefono, guardavamo la TV, e il mondo ci è scappato di mano. Oggi quelli e quelle di otto anni, si può ben dire, ne sanno più di noi.
A noi serve una traccia per capire qualcosa, un compendio, un sillabario per leggere e scrivere, oppure, se vogliamo approfondire, un bigino con cui imparare i cambiamenti avvenuti, mentre eravamo distratti, correvamo dietro alla politica. Ora avviene che una mappa per attraversare il bosco sconosciuto o almeno un punto di osservazione per guardare dal bordo, è a disposizione di tutti noi. Affrontare il bosco non è privo di pericoli, le bussole si chiamano IPAD, IPhone e compagnia bella, ma bisogna saperle usare. Oltre il bosco c’è un paese sconosciuto. Ora, se vogliamo, possiamo conoscerlo un po’ meglio.
Un breve, denso libro, scritto, di Vincenzo Comito, ci offre una guida per arrivare, senza rischi di non capire, ai limiti dell’economia digitale, il nome del paese sconosciuto a molti, com’era un tempo quello chiamato hic sunt leones. Saperne qualcosa è decisivo. Si tratta di intendere anche come mai il lavoro sia sempre più precario e la politica sempre più rassegnata.
Comito ha conosciuto l’industria maggiore, ha vissuto e battagliato nelle cooperative, ha insegnato l’economia all’università, ha letto e segnalato tutto quello che serviva, ha fatto appunti; ora ci offre, gentilmente, un po’ di quel che sa e che ha capito in lunghi anni. L’economia digitale – spiega – non è poi introvabile. Tutti ne facciamo uso. Per uno che deve farne uso e vuole anche capire dove sta andando, può cominciare a tener conto che vi sono quattro passaggi obbligati: internet, chip, dati, piattaforma. Di Internet va ricordato il successo clamoroso per il “drammatico crollo” del prezzo dei semiconduttori e per lo sviluppo delle telecomunicazioni. Così Internet, da affare di spioni e di messaggistica universitaria, come era all’inizio, diventa qualcosa d’altro: un modo di essere, di comunicare, di imparare e ricordare, per tutti. Questa facoltà trasforma l’“economia e la nostra vita quotidiana”. Come sarebbe possibile farne a meno, ormai? Senza Internet si tornerebbe indietro di cent’anni almeno. Chip è il circuito integrato; “Chip è la particella elementare del sistema… è l’enorme potenza di calcolo installata in un minuscolo circuito che sta alla base della rivoluzione digitale”. La potenza cresce, anno per anno, raddoppia ogni 18 mesi mentre l’apparato, negli stessi mesi, si fa sempre più piccolo. I Dati sono “la materia prima del sistema, un po’ come il petrolio nell’epoca precedente”. Anzi si può anche dire “come la terra era la materia prima dell’età agricola, il ferro … in quella dell’età industriale”, poi il petrolio, poi i dati. Comito osserva che sotto forma di dati sensibili lasciamo tracce del nostro agire in molte occasioni, come nei pagamenti, e che le informazioni sono merce pregiata per chi le rielabora e le rivende o soltanto le immagazzina per una futura occasione. Colui saprà, comunque, tutto di ciascuno di noi. La Piattaforma, infine collega due o più operatori “e consente loro di interagire”. Comito porta l’esempio di Amazon o di Uber che connettono venditori e compratori, autisti e clienti.
Amazon e anche Uber sono tra i protagonisti della storia presente che stiamo imparando a conoscere. I grandi nomi, indispensabili per capire l’essenza del modello capitalistico in corso d’opera sono in tutto sette, quattro americani e tre cinesi. Sette multinazionali ultrapotenti che i governi cercano di contenere, almeno in parte, pur essendo sempre sotto ricatto. “Se non ti vado bene, me ne vado, porto la mia attività altrove”. Di fronte agli americani e ai loro antagonisti e rivali cinesi, gli europei, disuniti, sono fuori.
Le grandi multinazionali del presente sono memorizzate in due sigle, Gaaf e Tag: la prima indica Google, Amazon, Apple e Facebook; la seconda Tencent, Alibaba e Baidu. Mentre delle prime quattro, americane, siamo convinti di sapere tutto, abbiamo vissuto per anni in mezzo a loro, delle altre potenti imprese, cinesi, conosciamo bene solo l’esistenza di Alibaba, vuoi per il nome, vuoi per averla ritenuta negli anni per lo più un’ingenua ricopiatura esotica dell’ “indispensabile” Amazon. Poco sappiamo di Tencent e Baidu. Con poche frasi, Comito ce lo spiega. Basti dire che Tencent è la conglomerata dei nostri giorni, attiva in ogni applicazione della rete di oggi. Per fare un esempio, se uno gioca, online o meno, è molto probabile che lo faccia in uno dei sistemi affiliati a Tancent. Baidu dal canto suo è un motore di ricerca che non ha niente da invidiare al nostro Google. Occorre tener conto che il pianeta è assai più grande di Stati uniti ed Europa (più appendici). Le tre grandi cinesi lo ripetono ogni giorno (e Comito non manca di farcelo notare). Ci ripetono anche – associandosi idealmente alle quattro americane – che l’Europa non conta nel mondo che preme e cresce. Perché si capisca meglio la corsa nella quale viviamo, il libro ci indica anche l’anno di avvio dei sette gruppi: Google 1997, Amazon 1994, Apple 1976 (ma con la capacità di reinventarsi tre o quattro volte in anni molto più recenti e con novità epocali: musica, telefono, lavagnetta personale, orologio salvavita), Facebook 2004; Tencent 1998, Alibaba 1999, Baidu 2000.
Una volta descritte le grandi imprese, Comito apre il discorso sulle iniziative di condivisione, per esempio della sharing economy, con in cima alla lista Airbnb e Uber, con tutte le conseguenze sulle attività connesse, le scelte vitali delle persone clienti e le altre delle persone che vi lavorano, troppo spesso per salari insufficienti e contratti precari. Poi nel libro si parla di automobili e di banche, mostrando le novità che si susseguono senza tregua in settori rilevanti. I problemi del lavoro appaiono decisivi e al tempo stesso senza soluzione. La scelta comune dei gruppi maggiori e di tutti gli altri che si sono aggrappati all’economia digitale è non solo condivisa, ma considerata indispensabile e logica. Consiste nel ricavare il massimo dei profitti, sfruttando per quanto è possibile e in tutti i sensi il lavoro e al tempo stesso operare in un ambiente che di regola deve essere senza regole tali da limitare le scelte e i ricavi, esagerati, delle imprese e dei loro dirigenti. Da questo punto di vista: poche regole, niente tasse, governi deboli o servili, è cambiato assai poco negli ultimi 50 anni, nonostante tutte le novità dell’Internet. I governi, nota Comito, hanno lasciato sostanzialmente fare. “Bisognerebbe intervenire … prima … che le grandi concentrazioni diventino troppo forti”. Non lo si è fatto.
Vincenzo Comito, L’economia digitale, il lavoro, la politica EDIESSE, pp 186