Sabato scorso dall’aeroporto di Cagliari è partito un nuovo carico di bombe per rifornire l’aviazione saudita che da nove mesi sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato internazionale. Rete Disarmo, nel rinnovare l’appello al Governo a sospendere queste forniture, annuncia mobilitazioni per le prossime settimane.
E’ inammissibile che dall’Italia continuino le spedizioni di bombe aeree per l’aviazione saudita che da nove mesi sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato internazionale causando migliaia di vittime anche tra i civili e tra i bambini e in aperta violazione del diritto internazionale umanitario. Considerate le ingenti forniture avvenute in questi mesi non è nemmeno più pensabile che si tratti di autorizzazioni rilasciate negli anni scorsi, ma è molto probabile che si tratti di nuove licenze all’esportazione rilasciate dall’attuale Governo Renzi. Per questo nel rinnovare il nostro appello al Governo a sospendere queste forniture e al Parlamento a presentare interrogazioni urgenti, annunciamo che nelle prossime settimane inizieranno da parte delle organizzazioni della nostra Rete diverse mobilitazioni ed iniziative per ottenere applicazione rigorosa e trasparente della legge 185/90 sulle esportazioni di materiali militari.
E’ questa la posizione della Rete italiana per il disarmo, network che raggruppa una trentina di associazioni della società civile, che in questi mesi ha ripetutamente domandato di poter incontrare i rappresentanti del Governo italiano per chiedere chiarificazioni in merito.
Finora le risposte giunte dall’Esecutivo sono state evasive (come quelle del Ministro Gentiloni in Parlamento e del sottosegretario Della Vedova a una interrogazione urgente) e contraddittorie (come le parole della ministro Pinotti secondo cui “l’Italia non vende bombe ai sauditi”).
Sabato scorso dall’aeroporto di Cagliari Elmas è infatti partito un nuovo carico di bombe per rifornire l’aviazione saudita. Ne ha dato notizia il deputato sardo Mauro Pili (Gruppo Misto – Unidos) evidenziando che, a differenza delle precedenti spedizioni, l’operazione di imbarco su un cargo Boeing 747 della compagnia azera Silk Way è avvenuta “in modo più furtivo in un lato estremo della pista”. Il cargo è atterrato alla base della Royal Saudi Air Force di Taif, non lontano dalla Mecca. Si tratta della quinta spedizione di bombe aeree autorizzata dal governo italiano nel giro di pochi mesi: le prime due, a partire dall’ottobre scorso, sono avvenute via aereo cargo (si veda qui e qui), altre due sono state effettuate imbarcando le bombe ai porti di Olbia e Cagliari). Le bombe sono prodotte dalla RWM Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall con sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Igliesias) in Sardegna.
Spedizioni numerose e ripetute che si spiegano solo con la necessità da parte dell’Arabia Saudita di urgenti forniture di bombe aeree da impiegare nei bombardamenti in Yemen: il 26 marzo scorso l’Arabia Saudita si è posta alla guida di una coalizione (ne fanno parte anche Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Qatar e Egitto) che è intervenuta militarmente nel conflitto in corso in Yemen senza richiedere alcun mandato e senza ricevere alcuna legittimazione da parte delle Nazioni Unite. Dopo dieci mesi di ostilità la situazione in Yemen è tragica: le agenzie dell’Onu riportano più di seimila morti di cui circa la metà tra la popolazione civile (di cui 700 bambini), oltre 20mila feriti, milioni di sfollati, più metà della popolazione ridotta alla fame e definiscono la situazione come una “catastrofe umanitaria” senza precedenti. Non solo. Le agenzie dell’Onu hanno ripetutamente stigmatizzato gli “attacchi sproporzionati di zone densamente popolate” da parte delle forze aeree della coalizione saudita e lo stesso Segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, ha esplicitamente condannato i bombardamenti aerei sauditi su diversi ospedali e strutture sanitarie mentre l’Alto rappresentante per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha inviato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un rapporto che documenta “fondate accuse di violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani” di tutte le parti attive nel conflitto.
Anche Amnesty International ha ripetutamente chiesto (in comunicati congiunti con la nostra Rete) alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta sui possibili “crimini di guerra” attuati da tutte le parti in conflitto e ha lanciato un appello in cui chiede di sospendere tutte le forniture militari. Nei giorni scorsi Ban Ki-moon ha ripetuto il suo appello a tutte le parti al “cessate il fuoco”. E per tutta risposta dall’Italia è partito un nuovo carico con migliaia di bombe.
La Legge italiana (n. 185 del 1990) vieta espressamente non solo l’esportazione, ma anche il solo transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”. (art. 1.c 6a) e “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione” (art.1.c 6b).
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