I prossimi 4 e 5 dicembre esperti, studiosi e reti della società civile si incontreranno a Bruxelles per il primo “Change Finance Forum”, organizzato da Finance Watch e pensato per mettere in campo iniziative per cambiare il sistema finanziario
Hanno vinto le banche”. Questo il titolo di Bloomberg, uno dei più importanti organi di informazione finanziaria, in merito alla recente decisione della Commissione europea di abbandonare il progetto di separazione tra banche commerciali e di investimento.
Dieci anni dopo la peggiore crisi degli ultimi decenni, la maggior parte degli osservatori concorda sul fatto che poco o nulla è cambiato nel sistema finanziario. La tassa sulle transazioni finanziarie è bloccata da anni tra discussioni infinite e veti incrociati tra i governi che ufficialmente la sostengono; i paradisi fiscali prosperano indisturbati; computer sempre più veloci comprano e vendono titoli in millesimi di secondo, esasperando volatilità e instabilità. E l’elenco potrebbe continuare. Anche a causa delle politiche monetarie che hanno gonfiato la finanza ed esasperato le diseguaglianze, molti pensano che una nuova crisi sia imminente.
Per questo è urgente quanto necessario rilanciare gli sforzi per cambiare rotta. Finance Watch ha convocato a Bruxelles i prossimi 4 e 5 dicembre esperti e studiosi, reti della società civile, operatori di finanza etica e alternativa. E’ il primo “Change Finance Forum” pensato per riflettere su cosa è andato storto in questi dieci anni, analizzare la situazione attuale e mettere in campo iniziative per cambiare il sistema finanziario.
Prima ancora che in materia di regolamentazione è sul piano culturale che bisogna agire. Le lobby rialzano la testa, chiedendo nuovamente di abbattere regole e controlli. Le istituzioni pubbliche le accontentano, seguendo il mantra fallimentare secondo il quale solo una finanza senza vincoli potrà sostenere l’economia. Un gigantesco ribaltamento della realtà e dell’immaginario collettivo. La lezione della crisi, se mai era stata appresa, è stata già dimenticata.
Tornando all’esempio iniziale, erano gli stessi studi commissionati dall’UE a segnalare l’importanza di separare banche commerciali e di investimento. All’indomani della crisi, proprio la Commissione Europea chiede a un gruppo di esperti guidati dal Governatore della Banca Centrale della Finlandia Liikanen di individuare le riforme più urgenti per il sistema finanziario. Il rapporto indica come priorità proprio la separazione tra banche commerciali e di investimento.
La mancata attuazione di questa riforma è emblematica. Nel comunicato in cui annuncia che non ci sono le condizioni per portare avanti la proposta, la Commissione giustifica la sua decisione dicendo che altre misure – in particolare su supervisione e risoluzione – l’hanno di fatto resa superflua . Parlare di risoluzione come alternativa alla separazione è forse l’aspetto più preoccupante: le (poche) regole approvate all’indomani della crisi non intervengono a monte per rendere il sistema bancario più sicuro, ma unicamente a valle di un’eventuale nuova crisi. Il pubblico si fa da parte e conserva l’unico ruolo di raccogliere i cocci invece di imporre regole per evitare nuovi disastri.
Non solo. Le riforme più stringenti di questi anni hanno riguardato l’attività bancaria orientata a erogare credito all’economia reale, con controlli soffocanti soprattutto per gli istituti di piccola dimensione. All’opposto, le attività puramente speculative continuano indisturbate, portando al paradosso di un sistema finanziario che si orienta ancora di più verso queste ultime.
In Italia non va meglio, anzi. Il 2016 si chiude con l’approvazione di un Decreto che stanzia 20 miliardi per sostenere il sistema bancario italiano, e prima tra tutte Monte dei Paschi di Siena, che viene di fatto nazionalizzata. A ottobre 2017 la perdita potenziale per il Tesoro è stimata in un miliardo e 700 milioni. Anche qui lo Stato interviene solo per mettere le toppe, ma non dice una parola sulla direzione da prendere. Malgrado la situazione disastrata di molte banche, si continua a intervenire caso per caso parlando delle proverbiali “mele marce”, senza riconoscere l’esistenza di un problema sistemico e senza aprire una riflessione su quale modello bancario e quale ruolo per la finanza nel nostro Paese.
Per questo dobbiamo tornare a interrogarci su quale sistema finanziario serva per fronteggiare le sfide ambientali, sociali o le crescenti diseguaglianze e su quali azioni coordinate e campagne comuni si possono mettere in campo su scala europea. Per cercare insieme una risposta, l’appuntamento è il 4 e 5 dicembre a Bruxelles con Finance Watch.