La Francia ha dunque il suo presidente. È stato votato dal 66,06% degli elettori, in sostanza oltre 20 milioni di persone. Marine Le Pen ha totalizzato il 33,94% cioè 10 milioni e 600 mila francesi, cioè il doppio di quanto era riuscito a suo padre nel 2002. L’astensione è stata del 25,38, pari a 12 […]
La Francia ha dunque il suo presidente. È stato votato dal 66,06% degli elettori, in sostanza oltre 20 milioni di persone. Marine Le Pen ha totalizzato il 33,94% cioè 10 milioni e 600 mila francesi, cioè il doppio di quanto era riuscito a suo padre nel 2002. L’astensione è stata del 25,38, pari a 12 milioni di francesi; i voti bianchi o nulli sono stati più di 4 milioni.
Viste più da vicino queste cifre confermano grandi processi per ora in corso. Anzitutto la vittoria indiscutibile di Macron, che un anno fa neppure era conosciuto; in secondo luogo la divisione sociale del paese. Hanno votato per Macron soltanto i grandi centri urbani; per Le Pen le campagne e le periferie cittadine. Il 32 per cento e quasi il 30 sono stati, rispettivamente il massimo e il minimo dell’affluenza nelle città. Un’altra connotazione del voto è stata la grande astensione, di norma mai raggiunta in una presidenziale (salvo quando sono stati in lizza due candidati repubblicani); lo stesso può dirsi dei voti bianchi e nulli.
È un’indicazione politica inequivocabile: certo, la cancellazione dei due partiti (socialisti e repubblicani) che si sono divisi il parlamento e il potere, nella quinta repubblica, si deve anche al sistema elettorale indecente, che non per caso attira qualcuno anche in Italia. Esso, limitando il risultato finale a due nomi, ha aiutato a cancellare i due partiti fino a ieri sempre essenziali, ma è un fatto che nessuno dei due è stato capace di gareggiare con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, che la sua strada se la è scavata. Neppure davanti alla provocazione fascista la sinistra è riuscita ad esistere.
La figura del nuovo presidente appare ancora un po’ esitante: lo hanno rivelato alcuni inciampi nei due brevi discorsi tenuti dopo la vittoria, il primo più sobrio, il secondo più emotivo – manifestamente per venire incontro alla festa indetta alla Piramide del Louvre. Lunedì mattina qualche piccolo gesto paterno di Hollande, la cui migliore prestazione di questi anni sembra essere la capacità di togliersi del piedi con eleganza, ha aiutato il giovane suo successore nelle cerimonie di congedo: Macron era manifestamente sollevato nell’amichevole deposizione del cesto di fiori in omaggio alla statua di de Gaulle recitata dai due presidenti, mentre la sera precedente gli mancava sia l’autorevolezza del generale, sia l’abilità nel procedere statuario di Mitterrand durante la lunga camminata solitaria per raggiungere il podio: certe arti non si improvvisano in un giorno.
Il nostri vicini d’oltralpe sono specialisti nell’usare i simboli, e non mancheranno di esercitare quest’abilità fino a domenica prossima, quando Hollande metterà fine al suo mandato. Per Macron comincerà allora la prova più dura. Non ha alle sue spalle nessun partito e tanto meno un gruppo parlamentare: nei prossimi otto giorni dovrà designare il suo governo e assicurargli una maggioranza tutta da costruire. Idem per il primo ministro: nessuna indiscrezione è finora filtrata. Vero è che i personaggi pronti a mettersi a disposizione si sono presentati mezz’ora dopo il voto. Macron ha fatto sapere soltanto che si propone di portare sia alla Camera sia al governo molti giovani, molti esponenti della società civile, molte donne. Vedremo se ne sarà capace.
Salvo Marine Le Pen che si è già nominata capo dell’opposizione, l’atteggiamente delle forze politiche alla Camera è stato corretto e dialogico. Anche Melenchon ha evitato l’abituale aggressività: ma è indubbio che sarà all’attacco, mentre non è chiaro per ora il suo collegamento con il Partito comunista, dal quale si era diviso nel dare una consegna di voto.
Il primo e il secondo turno delle legislative avranno luogo, rispettivamente, l’undici e il diciotto giugno. È allora che la nuova stagione si aprirà in Francia, pochi mesi prima che in Germania.