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La transizione giusta è una rivoluzione

Gli edili sono investiti più di qualsiasi altro settore dal problema di come far fronte ai mutamenti storici, devono rammendare e inventare, quindi anche ripensare il proprio lavoro. Il Manifesto della Fillea. Da Collettiva.

L’edilizia è un settore molto particolare della società: prima di tutto perché è quello che risponde alla prima esigenza umana, una casa, ma perché, proprio per questo, è anche quello più sensibile ai mutamenti storici. Solo fino a 100 anni fa la maggioranza della gente viveva isolata in campagna, oggi vive nelle affollate zone urbane di immense città. E proprio questi centri abitativi sono quelli che producono la più alta percentuale di guasti ambientali e sono, dunque, il punto focale della indispensabile transizione energetica.

Per tutte queste ragioni gli edili sono investiti più di qualsiasi altro settore dal problema di come far fronte ai mutamenti storici. Che oggi non comportano qualche aggiustamento, ma un mutamento epocale, sul quale, piaccia o no, gli edili hanno un ruolo storico da giocare. Per fortuna, vostra e del resto degli umani, ho constatato che – a stare a quanto si dice nel Manifesto delle lavoratrici e dei lavoratori della costruzione presentato all’Assemblea generale della Fillea del 15 giugno scorso – il vostro sindacato ha ben capito, a differenza di molti pur collocati in posizioni di grande potere istituzionale, la dimensione del mutamento epocale in atto. E dimostra di volere, e sapere, assumere con la serietà dovuta la responsabilità che le compete. Ed infatti il documento si conclude con una presa d’atto impegnativa: “le disuguaglianze sociali, ambientali, politiche – è scritto – sono giunte a un livello tale che una piccola rivoluzione è ormai inevitabile”.
 
Era un po’ di tempo che la parola “rivoluzione”, pur accompagnata dall’aggettivo “piccola”, non veniva più nominata. Ma non era perché non ce ne fosse più bisogno, ma solo perché la peggior sconfitta subita negli ultimi decenni da chi in questo mondo non ce la fa a vivere decentemente, è l’aver perduto la fiducia di poterlo cambiare.   A chi invece questo mondo va bene così, è riuscito infatti di render egemone il concetto cui gli anglosassoni hanno persino dato un nome ormai molto in voga: THINA, in inglese “there is no alternative”, in italiano “non c’è alternativa”.

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