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Vaccini, lenticchie e il Nobel per l’economia

Il Nobel dell’Economia a Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer è un riconoscimento al loro approccio di lotta alla povertà: soluzioni simili a test farmaceutici. Così si sposta l’attenzione dalle domande più grandi a obiettivi mirati e raggiungibili.

In un TED talk del 2010, Esther Duflo racconta di un suo studio sui vaccini in Rajasthan, India, condotto insieme a Abhijit Banerjee. Nel distretto di Udaipur, il tasso di vaccinazione infantile era inferiore al 10%. Gli autori ipotizzarono che gli abitanti non comprendessero l’importanza di vaccinarsi e che ostacoli come la distanza dalle cliniche, o l’incertezza sulla presenza di personale li portassero a procrastinare. In un esperimento su 134 villaggi, 30 furono selezionati casualmente per ottenere delle campagne di vaccinazione in cliniche mobili, in cui la presenza di personale era monitorata con un sistema poco costoso, una fotografia che una volta stampata mostrava l’orario in cui era stata scattata. In altri 30 villaggi alle campagne di vaccinazione fu affiancata la distribuzione di un chilo di lenticchie per ogni vaccino. L’intervento fu sorprendentemente efficace. Il tasso di vaccinazione nei villaggi dove erano state organizzate le campagne era del 17%, quasi il triplo del 6% nei villaggi non coinvolti nelle campagne. E il solo incentivo delle lenticchie portava il tasso di vaccinazione al 38%. Una misura creativa ed economica aveva permesso di ridurre un problema sanitario di primaria importanza, un metodo rigoroso aveva permesso di comprenderlo.

Il Nobel dell’Economia a Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer costituisce un riconoscimento alle loro idee su come affinare gli strumenti nella lotta la povertà. Il loro metodo, simile a quello utilizzato per testare un farmaco, consiste nell’estrarre a caso, all’interno di una popolazione di interesse, un gruppo di “trattamento”, a cui viene assegnata una misura contro la povertà (reti antimalariche, informazioni sui benefici dell’istruzione ecc.), e un gruppo di “controllo”, che non viene trattato. La randomizzazione assicura che l’unica differenza sistematica tra i due gruppi sia dovuta al momento del “trattamento”. Così, guardando agli esiti comportamentali, diversi tra i due gruppi (quanto usano le reti antimalariche, quanto vanno a scuola?), se ne può valutare l’efficacia. 

Così facendo, Banerjee, Duflo, Kremer, insieme a tanti altri, hanno ridotto un problema complesso come la lotta alla povertà ad una serie di problemi più semplici da comprendere: come aumentare la prevenzione antimalarica? Come convincere una famiglia a mandare i figli a scuola?

Il loro metodo ha dato credibilità alle soluzioni proposte, basandole su evidenza scientifica. Ha anche ridotto, in parte, il ruolo delle differenze ideologiche nel dibattito, spostando l’attenzione dalle domande più grandi alle domande più piccole e a obiettivi chiari da raggiungere.

La loro ricerca, svolta soprattutto in India e in Africa, ha coinvolto temi come l’istruzione e la salute. Per esempio i loro studi hanno identificato soluzioni pratiche per ridurre l’assenteismo del personale scolastico nei Paesi in via di sviluppo e sottolineato l’efficacia di interventi volti a migliorare l’apprendimento degli studenti più svantaggiati.

In ambito sanitario, Kremer ha dimostrato gli enormi benefici di cure poco dispendiose al problema dei vermi intestinali, studiandone anche gli impatti sulla riduzione del contagio. Banerjee e Duflo hanno anche proposto delle riflessioni più generali sui processi decisionali di chi vive in povertà. Nel loro libro “L’Economia dei Poveri” (edito da Feltrinelli in Italia), concludono che chi vive in povertà spesso non ha facilmente accesso a informazioni utili, ma si trova a fronteggiare un carico di responsabilità sulle proprie vite più elevato dei più ricchi. Le politiche contro la povertà dovrebbero tenere in considerazione questi fattori e spingere ad agire nel modo più benefico con “pungoli” e opzioni di default. I suggerimenti includono abbassare il prezzo del sale arricchito di ferro e iodio, installare dei distributori di cloro vicino alle fonti d’acqua nei villaggi dove non ci sono condutture idriche per spingere chi se ne approvvigiona a depurarla, e così via.

Questo premio Nobel è anche simbolico per le personalità di coloro che lo hanno ricevuto e ha il potenziale di ispirare una nuova generazione di scienziati sociali. Porta con sé la speranza di un’accademia giovane, inclusiva e attenta ai Paesi in via di sviluppo.

Duflo, Kremer e Banerjee hanno 46, 54, e 58 anni e Esther Duflo è la seconda donna a ricevere il premio Nobel dopo Elinor Ostrom. I vincitori di questo premio sono impegnati sul campo e coinvolgono nella loro ricerca governi, istituzioni locali e ONG. A questo scopo, Banerjee e Duflo nel 2003 hanno fondato J-PAL, all’MIT di Boston, ad oggi il centro di ricerca accademico più prestigioso nell’economia dello sviluppo. Metodo, soluzioni e impegno sono al centro di una grande conquista per i tre autori e per questo ambito di ricerca.