Non c’è solo la riscrittura della bozza di manovra chiesta dalla Commissione. Per poter leggere nel dettaglio il testo della legge di bilancio, ancora non presentato alle Camere, dovremo aspettare ancora un bel po’. E sappiamo che è negli aspetti tecnici, nei dettagli, che vanno misurate promesse e intenzioni. Le avvisaglie non sono buone.
Teoricamente – in base a quanto previsto dalla normativa del 2016 di riforma della legge di bilancio – entro il 20 ottobre il governo avrebbe dovuto inviare alle Camere il testo della legge di bilancio, ma trascorreranno ancora molti giorni prima che i parlamentari (e i cittadini) sappiano cosa c’è in quella norma così fondamentale per il Paese. Nel tempo delle promesse della “buona politica” la trasparenza avrebbe dovuto essere di casa, ma così non è.
Abbiamo schede, comunicati stampa, sintesi, annunci, ma ancora nessun testo. Per esperienza sappiamo che è nei testi (e negli aspetti tecnici, nei dettagli) che vanno misurate poi le promesse e le intenzioni, ma ancora dovremo aspettare a lungo.
Nel frattempo – per quello che sappiamo – si può dire che questa è una “manovra senza qualità”, contraddittoria e che non serve al Paese. E’ una manovra dove non c’è la parola “lavoro”, dove ci saranno molti tagli (6,9 miliardi) alla spesa pubblica (e sociale) e dove gli investimenti pubblici vanno cercati con il lanternino. Aumentare il rapporto deficit-pil è sacrosanto se si fanno investimenti e si crea lavoro, inutile (e dannoso) se serve a delle misure spot ed elettoralistiche.
Il reddito di cittadinanza è fondamentale se non si risolve in una mega social card (quella che fece Tremonti nel 2008) dalla complicatissima e vaga applicazione e magari dall’impianto moralistico e – per usare le parole dell’economista Luigino Bruni sull’Avvenire – offensivo verso i poveri. Anche mandare in pensione prima i lavoratori è buona cosa, anche se lo è di meno quando ci devono rimettere il 20% del trattamento. Qualcuno dirà prima o poi qualcosa delle pensioni che i giovani non avranno mai o della necessità di differenziare i lavori e l’età per la pensione? Un conto è mettere l’intonaco sulle impalcature, un altro e insegnare all’università Storia del Medioevo.
Invece decisamente meno buono è il condono fiscale che premia gli evasori e umilia gli onesti e l’inizio di una flat tax che accentua le diseguaglianze. Meno buona è l’assenza dei fondi per la sanità: anche questa volta i super ticket non verranno cancellati. E lo stesso si può dire per la scuola e l’università: totale incertezza sui fondi per il diritto allo studio e l’edilizia scolastica. Per non parlare della sostenibilità del’economia: “non ci siamo” ha affermato perentoriamente l’ASviS (Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile) nel suo ultimo Rapporto sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Lasciando a parte la questione della quadratura dei conti (che non ci sarà a causa dell’aumento della spesa per interessi, delle entrate modeste dei condoni e del ridimensionamento di almeno un terzo della crescita del Pil nel 2019) e del confronto in atto con la Commissione europea, la manovra di quest’anno è un’occasione persa, un ibrido senza costrutto, frutto di un’alleanza politica contraddittoria e della mancanza di una ispirazione univoca della politica economica.
Poteva, potrebbe andare diversamente? Sicuramente sì.
Lo afferma Sbilanciamoci, lo documenta con le sue proposte che verranno presentate alla Camera dei deputati il prossimo 27 novembre: cambiare rotta e lavorare per un nuovo modello di sviluppo è sempre più impellente di fronte alla crisi dalla quale in questi anni non siamo usciti.
Rimettere al centro gli investimenti e il lavoro, fare una politica industriale degna di questo nome, avviare la riconversione ecologica dell’economia e fare del welfare e dell’istruzione non un costo, ma un investimento sociale e di cittadinanza, un diritto esigibile, sono le direttrici sulle quali una “manovra di qualità” avrebbe dovuto puntare.