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Imprese sociali tra mercato e comunità

Le imprese sociali possono contribuire rendere l’Italia più equa e meno diseguale. Il focus nel libro di Andrea Bernardoni e Antonio Picciotti pubblicato da Franco Angeli

Jacopo ha dieci anni, capelli castani, occhi marroni, suona il violoncello, pratica atletica e odia il calcio. Aurora ha anche lei dieci anni, capelli ricci castani, grandi occhi scuri, fa danza classica, gioca a pallavolo e adora stare insieme ai nonni. Niccolò sette anni, capelli biondi, occhi verdi e un sorriso beffardo stampato in viso, gioca a calcio ed ama le costruzioni Lego. Jacopo, Aurora e Niccolò sono nati tra il 2007 ed il 2010, negli stessi anni in cui ha avuto inizio la grande crisi globale di cui, ancora oggi, paghiamo le conseguenze. Quando guardiamo le foto dei loro compleanni e delle estati trascorse con spensieratezza al mare, ci rendiamo conto di quanto siano cresciuti e di come sia stata lunga e profonda la crisi. Tra dieci anni, nel 2027, Jacopo ed Aurora avranno da poco terminato le scuole superiori mentre Niccolò sarà prossimo alla maturità. Tutti e tre avranno iniziato ad interrogarsi sul futuro e a fare progetti di vita che terranno conto delle loro passioni, delle loro capacità e delle opportunità che avranno a disposizione.

I giovani sono i più colpiti dalla crisi, sono maggiormente esposti alla povertà, incontrano maggiori difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro e, spesso, sono occupati in lavori occasionali. Le giovani generazioni sono, inoltre, quelle che dovranno affrontare condizioni di crescente diseguaglianza.

Nei primi giorni del 2017 è scomparso Antony Atkinson, uno dei grandi economisti contemporanei che ha dedicato la vita alla misurazione, all’analisi, allo studio e al contrasto della disuguaglianza e della povertà. L’economista inglese ha gettato le basi della moderna teoria della misurazione della disuguaglianza ancorandola ai fondamenti etici, sostenendo che la sua misurazione non rappresenta un esercizio puramente statistico ma è saldamente legata alla dimensione valoriale, in quanto ciascun indice di diseguaglianza esprime, implicitamente o esplicitamente, un insieme di preferenze collettive (Atkinson, 1970). Nel suo ultimo libro Inequality, What Can Be Done?, scritto negli anni della crisi e pubblicato nel 2015, analizza le cause della crescente diseguaglianza, propone una serie di misure volte a ridurne l’estensione e, con una documentata analisi, spiega che la diseguaglianza non è una conseguenza ineludibile della globalizzazione e del progresso tecnologico ma può essere contrasta con adeguate politiche pubbliche, attribuendo ai governi poteri e responsabilità. Nella sua analisi, l’elevato livello di diseguaglianza presente oggi nella società può essere efficacemente ridotto solo affrontandola nel mercato, ad esempio attraverso una politica della concorrenza che si preoccupi anche di questioni distributive. Per questa ragione, a differenza di altri studiosi che individuano le politiche fiscali come leva quasi esclusiva per contrastare la diseguaglianza, tra cui ad esempio Piketty (2013), Atkinson propone una pluralità di strumenti da affiancare alla leva fiscale tra i quali gli interventi di regolazione del mercato e il potenziamento e l’adegua-mento dei programmi di welfare. Il messaggio di fondo dell’economista inglese è che per ridurre la disuguaglianza non sono sufficienti nuove tasse sui più abbienti per finanziare i programmi pubblici esistenti ma sono necessarie idee originali: politiche pubbliche innovative in grado di orientare il cambiamento tecnologico, politiche per il lavoro che perseguano il pieno impiego e regolino il mercato delle retribuzioni, politiche di welfare capaci di rispondere alle trasformazioni della società e politiche fiscali maggiormente eque e progressive che aumentino le imposte su reddito, capitale e trasferimenti patrimoniali, riducendo la tassazione sui consumi e sui redditi da lavoro.

In questo libro, ispirati anche dagli studi di Atkinson, abbiamo cercato di capire in che modo le imprese sociali e, in particolare, le cooperative sociali, organizzazioni che conosciamo bene e che studiamo da tempo, possano contribuire ad innovare le politiche di welfare e di sviluppo locale con l’obiettivo di rendere l’Italia più equa e meno diseguale.

Crediamo che il futuro delle cooperative sociali non possa prescindere dal contesto economico e sociale che si è delineato negli anni Duemila, caratterizzato da crescente diseguaglianza, instabilità economica, bassa crescita, cambiamenti climatici e fragilità dei sistemi democratici. Come accaduto negli anni Settanta, periodo in cui le prime cooperative di solidarietà sociale sono state capaci di interpretare i cambiamenti economici, sociali e culturali che stavano attraversando il Paese, la sfida attuale della cooperazione sociale è quella di reinterpretare il proprio ruolo nella società, fornendo risposte innovative alle rapide trasformazioni che stanno interessando l’Italia. In questo contesto, il contrasto della diseguaglianza e della povertà rappresenta una delle principali sfide e delle maggiori opportunità per la cooperazione sociale del futuro.

A distanza di venticinque anni dall’approvazione della legge 381 e di oltre quaranta anni dalla nascita delle prime cooperative, la cooperazione sociale ha assunto, oggi, rilevanti dimensioni economiche, imprenditoriali ed occupazionali. Le oltre 15.000 cooperative sociali attive sono un attore centrale nella rete dei servizi di welfare e svolgono un ruolo importante nel garantire l’accesso al mercato del lavoro a decine di migliaia persone svantaggiate. Negli anni della crisi, le cooperative sociali hanno fatto registrare performance estremamente positive, in netta controtendenza con il dato nazionale. Nel periodo 2008-2013, il valore della produzione è aumentato di circa 3 miliardi di euro ed ha raggiunto la soglia dei 12 miliardi, mentre gli occupati sono cresciuti di circa 50.000 unità, raggiungendo i 400.000 addetti rilevati a fine 2014, con positive performance anche nelle regioni meridionali (Euricse 2015; CSL 2015).

A fronte di questi risultati imprenditoriali positivi, è ragionevole pensare, tuttavia, che si stia chiudendo un ciclo di sviluppo, per un duplice motivo: da un lato, vi sono crescenti difficoltà a mantenere e ancor più ad accrescere le risorse pubbliche destinate a finanziare i servizi offerti dalle cooperative sociali; dall’altro lato, in alcune regioni, la domanda dei servizi più consolidati è vicina alla saturazione. Per queste ragioni, se la cooperazione sociale non individuerà nuovi ambiti di impegno, è facile prevedere, nel medio e lungo termine, una situazione destinata alla stazionarietà.

Le performance economiche positive nascondono, inoltre, alcune fragilità. In primo luogo, i risultati migliori negli ultimi anni sono stati realizzati dalle grandi cooperative sociali, i cosiddetti big player (Bernardoni e Picciotti, 2013) che hanno saputo interpretare meglio le trasformazioni della domanda pubblica, in particolar modo nel settore dei servizi socio sanitari. Tuttavia, tra i big player sono presenti anche numerose società di capitali che, negli ultimi dieci anni, hanno fatto registrare tassi di crescita molto più elevati delle cooperative sociali e che, per struttura organizzativa, finanziaria e manageriale, sembrano disporre di vantaggi competitivi rispetto alla cooperazione sociale. Sono società legate a grandi gruppi imprenditoriali e finanziari, nazionali ed esteri, che nel medio periodo potrebbero acquisire una posizione di forte leadership in questo specifico segmento di mercato.

In secondo luogo, un numero significativo di cooperative è fortemente dipendente dalle amministrazioni pubbliche. Questo rapporto, che in passato ha consentito lo sviluppo della cooperazione sociale e l’innovazione della rete dei servizi di welfare, oggi costituisce un fattore di criticità. Il rapporto con le amministrazioni pubbliche è, infatti, sempre più formalizzato e burocratizzato con una domanda pubblica che ricerca servizi sempre più standardizzati e a basso costo.

In terzo luogo, un ulteriore elemento critico per lo sviluppo delle cooperative sociali, in particolar modo per quelle focalizzate sull’in-serimento lavorativo delle persone svantaggiate, è dovuto alla rapida trasformazione di alcuni mercati di riferimento. La domanda pubblica di alcune tipologie di servizi, come ad esempio le pulizie e la manutenzione del verde, in cui sono stati impiegati per decenni numerose persone svantaggiate, è sempre più orientata dal prezzo delle prestazioni acquistate e sembra essere sempre meno attenta ai percorsi di inserimento lavorativo attivati. In questi anni si è modificata anche la domanda privata delle imprese a cui le cooperative sociali offrivano servizi che ha subito una forte contrazione in seguito alla crisi del settore manifatturiero. Per questa ragione la cooperazione di inserimento lavorativo dovrà essere protagonista di un importante riposizionamento strategico ed operativo.

Infine, l’insieme delle cooperative sociali si presenta al suo interno molto eterogeneo. A fianco di organizzazioni che operano in modo efficiente, sperimentano servizi innovativi capaci di rispondere ai nuovi bisogni e sono attente a preservare gli obiettivi di giustizia ed inclusione sociale, vi sono altre cooperative che hanno modelli organizzativi ed imprenditoriali fragili, si difendono dietro rendite di posizione ingiustificate, sono scarsamente innovative e spesso sono orientate a soddisfare più l’interesse dei membri che non quello dei beneficiari e delle comunità in cui operano (Fazzi, 2013).

Negli anni della crisi, delle crescenti diseguaglianze e delle profonde trasformazioni economiche e sociali, come si stanno comportando le cooperative sociali? Quali strategie stanno adottando? Con quali prodotti e servizi stanno rispondendo ai nuovi bisogni? Che rapporto hanno con il mercato e la finanza? Quali relazioni sviluppano nei territori e nelle comunità locali? Ed ancora, quali finalità perseguono?

In questo lavoro, partendo dall’analisi di numerose esperienze concrete, cercheremo di rispondere a questi interrogativi con l’obiet-tivo di fornire una lettura originale, e non retorica, dei processi di innovazione che le cooperative sociali stanno realizzando. L’idea di fondo del libro è che la cooperazione sociale abbia tutte le caratteristiche per interpretare le trasformazioni in atto, divenendo uno dei protagonisti di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Riteniamo che la cooperazione sociale sia capace di giocare un ruolo di primo piano per vincere alcune “Sfide Paese” come: l’integrazione dei migranti; la costruzione di nuove filiere di servizi di welfare che puntino sulla convivialità e la personalizzazione piuttosto che sulla produttività e la standardizzazione; l’utilizzo a fini economici e sociali dei circa 25.000 beni confiscati alle mafie; la rigenerazione dei quartieri ed il riuso di spazi pubblici come teatri, cinema, ex-scuole, partendo dai bisogni e dalle risorse dei cittadini piuttosto che dagli interessi dei grandi gruppi finanziari ed imprenditoriali; la valorizzazione dell’enorme patrimonio culturale di cui dispone l’Italia che è ancora ampiamente sotto utilizzato; la rivitalizzazione delle aree montane e delle aree interne del Paese, sia nell’arco alpino che lungo la dorsale appenninica.

I risultati del lavoro di ricerca presentati nel volume evidenziano come, per perseguire questi obiettivi, le cooperative sociali riescono a lavorare nel mercato senza interiorizzare i valori del mercato, ad utilizzare la finanza restando autonome ed indipendenti, a sviluppare un’innovazione che parta dai diritti delle persone più deboli e rafforzare i legami con la società civile, tenendo insieme azione imprenditoriale e attività di advocacy. La sfida è grande, ma possibile.

Il tema dell’innovazione diviene, a tal fine, particolarmente rilevante. Con la crisi, l’innovazione ed ancora di più la social innovation è divenuta una tematica di interesse per politici, amministratori pubblici, imprenditori, ricercatori ed anche per i media, creando una vera e propria narrazione dell’innovazione che coinvolge alcuni attori specializzati operanti nel settore della consulenza, della comunicazione e delle relazioni esterne. In questo contesto singole esperienze, grazie alla capacità di narrare la propria attività, sembrano diventare dei veri e propri modelli di innovazione. Questa tendenza rischia di condizionare il dibattito pubblico e le politiche volte a promuovere l’innovazione in ambito sociale in quanto focalizza sempre più spesso l’attenzione su poche realtà molto visibili a discapito di molte pratiche di innovazione diffusa che, pur coinvolgendo centinaia di organizzazioni e migliaia di cittadini, hanno una ridotta capacità di fare “storytelling. Obiettivo di questo lavoro è anche quello di far emergere numerose esperienze innovative realizzate da cooperative, in modo da costruire un racconto dal basso dell’innovazione in grado di offrire stimoli, modelli concreti, spunti e proposte di policy a cooperatori e imprenditori sociali, cittadini, amministratori e policy maker.

Il libro si articola in quattro capitoli. Il primo capitolo delinea il contesto economico, politico, sociale ed ambientale. Quali sono state le cause della crisi globale? Chi ha pagato il prezzo più alto? Quali sono le conseguenze sociali delle politiche neoliberiste degli ultimi trenta anni? Esistono dei limiti alla crescita economica? Che rapporto c’è tra crescita e benessere? Su quali basi costruire una nuova idea di crescita? Quale contributo può essere fornito dalla cooperazione sociale? In questa prima parte vengono definite e presentate le grandi trasformazioni della società e dell’economia per arrivare a prospettare le sfide della cooperazione sociale che, dal nostro punto di vista, dovrà ampliare i terreni di intervento tradizionali, confrontandosi con i cambiamenti in corso.

Il secondo capitolo affronta il tema dell’innovazione. Quale rapporto c’è tra innovazione e cooperazione sociale? Le cooperative sociali sono sempre innovative? Come mai nelle definizioni di innovazione sociale presenti in letteratura e fornite dai principali organismi internazionali si parla sempre di bisogni e mai di diritti? Quale rapporto c’è tra la Social Innovation e il welfare? Nel capitolo sono proposte diverse definizioni di innovazione sociale che rappresentano il punto di partenza per una lettura critica di questo fenomeno. L’obiettivo è quello di individuare potenzialità e criticità. Particolare attenzione viene riservata al tema dei diritti che, dal nostro punto di vista, deve rappresentare la “bussola” per orientare le scelte strategiche delle cooperative sociali.

In terzo capitolo è dedicato alle esperienze di innovazione realizzate da alcune cooperative sociali. Vengono presentate diverse iniziative di innovazione realizzate in Umbria che possono essere considerate significative ai fini del lavoro di ricerca ma che non vogliono rappresentare l’insieme delle “migliori” esperienze presenti in Umbria né tantomeno intendono costituire l’espressione delle progettualità più innovative presenti su base nazionale. Lo studio, infatti, non assume una natura censuaria.

Come fare innovazione nel mercato? In che modo coinvolgere i cittadini e i beneficiari dei servizi? Possono essere trasformati i servizi di welfare consolidati? Si può fare innovazione collaborando con gli attori pubblici? La rigenerazione può essere un’opportunità per lo sviluppo della cooperazione sociale? Quali insegnamenti derivano da queste esperienze? Come è possibile renderle replicabili? Nel terzo capitolo vengono presentate numerose esperienze di innovazione. Queste iniziative sono state classificate sulla base di una tassonomia originale, costruita considerando l’orientamento al mercato di tali iniziative e il livello di coinvolgimento e di partecipazione della comunità. Attraverso questo approccio sono state individuate quattro tipologie di innovazione: l’in-novazione esplorativa, l’innovazione di mercato, l’innovazione comunitaria e l’innovazione di paradigma.

Nelle esperienze di innovazione esplorativa le cooperative sociali introducono degli elementi innovativi a servizi tradizionali fortemente legati al rapporto con la pubblica amministrazione. In queste esperienze le cooperative esplorano nuovi percorsi di sviluppo che iniziano ad aprirsi alla comunità o al mercato privato. Le cooperative sociali che realizzano queste iniziative hanno una cultura organizzativa fortemente orientata ai servizi di welfare con la presenza di competenze interne prevalentemente legate al lavoro sociale e, anche in virtù di queste caratteristiche, sono impegnate nella costruzione di reti generalmente formate da organizzazioni operanti nel mondo del sociale.

L’innovazione di mercato è riconducibile ad esperienze con un forte orientamento al mercato privato ed un basso livello di coinvolgimento dei cittadini. In queste iniziative, le cooperative perseguono le proprie finalità attraverso la produzione e la vendita di beni e servizi alle famiglie e alle imprese, impegnandosi per soddisfare bisogni sociali ed economici consolidati, legati in particolar modo all’inseri-mento lavorativo delle persone svantaggiate e alla creazione di opportunità di lavoro per fasce deboli della popolazione. Le cooperative sociali che realizzano innovazioni di mercato sono caratterizzate da una cultura organizzativa marcatamente imprenditoriale, da una significativa capacità di costruire reti economiche sia con imprese che con organizzazioni del Terzo settore e dalla presenza di competenze manageriali sviluppate attraverso la crescita e la riconversione organizzativa del personale interno e grazie all’inserimento nella compagine sociale di professionalità esterne.

Le esperienze di innovazione di comunità sono fortemente orientate al coinvolgimento dei cittadini e degli attori della comunità ed hanno una basso livello di apertura al mercato. In alcuni casi, sperimentano soluzioni alternative al mercato tradizionale centrato sugli scambi monetari. Queste esperienze si caratterizzano per la capacità di rispondere a nuovi bisogni sociali e di fornire soluzioni innovative ai bisogni più consolidati, puntando sul coinvolgendo dei cittadini, delle organizzazioni del Terzo settore e dei potenziali beneficiari degli interventi. Le innovazioni di comunità, in molti casi, anticipano le possibili evoluzioni dei servizi di welfare, hanno una ridotta dimensione economica ma una grande rilevanza sociale.

L’innovazione di paradigma è costituita da casi che hanno un alto orientamento al coinvolgimento della comunità ed un alto livello di apertura al mercato privato. In queste esperienze, le cooperative sociali sono protagoniste di un nuovo paradigma di sviluppo. Queste pratiche innovative evidenziano l’emergere di nuovi processi produttivi, aperti e partecipati, che si sostengono attraverso la vendita di beni e servizi sul mercato privato. Sono esperienze che mostrano come la comunità, se attivata, può anche trasformare il mercato, superando la tradizionale divisione tra produttori e consumatori, sperimentando nuove modalità di risposta ai nuovi bisogni sociali ed economici dei cittadini. In alcune di queste iniziative, i cittadini e i beneficiari dei servizi diventano imprenditori e co-producono il bene o il servizio a cui sono interessati. Sono esperienze in cui una forte cultura imprenditoriale si integra con un’importante cultura organizzativa di natura sociale. Le persone che sviluppano innovazioni di paradigma hanno sia competenze imprenditoriali che competenze sociali e, di conseguenza, le imprese mostrano una forte capacità di costruire sia reti imprenditoriali che reti sociali.

Il quarto capitolo, infine, propone ingredienti, azioni e policy. Che cosa si può apprendere dalle esperienze innovative? Se vogliono innovare, le cooperative sociali devono replicare i modelli delle imprese capitalistiche? Oppure esistono dei percorsi di innovazione originali della cooperazione sociale? Si può fare innovazione senza avere competenze manageriali? Quali fattori interni o esterni all’organiz-zazione rendono problematica l’innovazione? Quali strategie possono essere adottate per promuovere l’innovazione nelle cooperative sociali? Quali interventi di policy possono liberare il potenziale di crescita ed innovazione della cooperazione sociale? Ci sono politiche pubbliche che, a costo zero, possono creare lavoro ed inclusione sociale? Se si come mai non vengono adottate? Nel quarto capitolo si cerca di fare sintesi e, partendo dalle esperienze considerate, vengono proposti alcuni ingredienti dell’innovazione che possono essere utilizzati dagli imprenditori sociali. Dopo aver presentato tali ingredienti, nel paragrafo successivo sono descritte le specifiche strategie, adottando le quali le singole cooperative, le reti di imprese sociali e le organizzazioni di rappresentanza politica e sindacale possono promuovere e sostenere i processi di innovazione. Infine, nel terzo paragrafo del capitolo, sono proposti i principali interventi di policy in grado di promuovere e sostenere le strategie orientate al cambiamento adottate dalle cooperative sociali e di diffondere gli “ingredienti” e le competenze per innovare, favorendo un maggiore impegno della cooperazione sociale sul fronte del lavoro e dello sviluppo locale. Ingredienti, strategie ed interventi di policy vengono ampiamente descritti e argomentati nel quarto capitolo. In questa sede li elenchiamo solamente, in modo da permettere al lettore di comprendere più compiutamente il piano dell’opera.

Gli ingredienti dell’innovazione sono: l’ancoraggio ai bisogni economici e sociali della comunità; il coinvolgimento dei cittadini e degli utenti; la capacità di costruire reti inter-organizzative; l’adozione di un approccio imprenditoriale; l’adeguata dotazione di competenze manageriali e, infine, la sostenibilità economico finanziaria dell’iniziativa di innovazione.

Le strategie per l’innovazione sono: rafforzare i legami con la società civile e la funzione di advocacy delle imprese sociali; diffondere modelli di governance inclusiva; incrementare l’attitudine delle cooperative a costruire reti inter-organizzative; sviluppare nuove competenze manageriali; promuovere la replicabilità dell’innovazione; aumentare la trasparenza e l’accountability delle cooperative sociali.

Le policy a sostegno dell’innovazione sono: ampliare i settori in cui possono operare le cooperative sociali; cambiare il modello di regolazione del mercato dei servizi di welfare; consolidare i fondi nazionali per garantire un livello minimo di servizi sociali in tutto il Paese; introdurre un programma nazionale a sostegno dell’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati; riqualificare la domanda pubblica di beni, servizi e opere; sostenere i processi di capitalizzazione delle imprese sociali.

 

Il testo pubblicato costituisce un estratto dell’introduzione al volume di Andrea Bernardoni e Antonio Picciotti “Le imprese sociali tra mercato e comunità” (Franco Angeli Editore, 27 euro) in uscita il 27 agosto 2017.