Nonostante la percezione comune di un paese economicamente forte la Germania presenta oggi un quadro sociale preoccupante che avrà una forte influenza sulle elezioni del prossimo autunno
Nel secondo dopoguerra l’economia neoclassica definiva l‘analisi della distribuzione nazionale del reddito un’attività non degna di attenzione, alla pari dell’osservazione dell’erba che cresce, come recitava un famoso adagio dell’epoca. Oggi il tema della disuguaglianza, intesa sia come disuguaglianza funzionale, riguardante la distribuzione del reddito nazionale tra reddito da capitale e reddito da lavoro, sia come distribuzione personale, ovvero come distribuzione del reddito tra individui o famiglie, è tornato al centro del dibattito economico internazionale1.
A Marzo 2016 è uscito in Germania Verteilungskampf. Warum Deutschland immer ungleicher wird (Lotta per la distribuzione. Perchè la Germania diventa sempre più diseguale) scritto da Marcel Fratzscher presidente del centro studi DIW (Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung) di Berlino. Il quadro complessivo che emerge dal libro di Fratzscher è drammatico. Il paese che dal 2010 è cresciuto in media del 2% annuo esportando all’incirca il 45% del proprio prodotto interno lordo2, possiede una distribuzione del capitale privato estremamente diseguale. Con un capitale privato pro-capite netto tra i più bassi d’Europa, circa 55.000 euro (circa 170.000 euro in Italia), la Germania ha un indice di Gini per lo stesso indicatore pari allo 0,76 quando la media dei paesi OCSE è dello 0,67 (Italia 0,61)3. Una ricchezza disponibile limitata quindi e disegualmente distribuita, dovuta, secondo lo stesso Fratzscher, ai bassi rendimenti dei risparmi investiti, dalla scarsa tendenza all’acquisto della casa e dalla difficile mobilità sociale che impedisce l’accumulo di ricchezza diffuso.
Anche se il paese beneficia storicamente di alti salari, in particolare se confrontati con i paesi dell’area mediterranea dell’Unione Europea, la Germania ha registrato anche su questo fronte un consistente peggioramento. Il salario reale medio odierno in Germania è più basso di quello di venticinque anni fa. Essendo stata l’inflazione in questo lasso di tempo fortemente moderata, molti lavoratori hanno assistito ad una diminuzione del proprio salario reale. Tuttavia il reddito da capitale è cresciuto fortemente nel paese. Se dal 2000 il reddito da lavoro è cresciuto solo del 6%, il reddito da capitale è cresciuto di circa il 30%.
Analizzando i dati sui redditi personali tra il 1990 ed il 2008, Fratzscher mostra come nei diversi settori dell’economia (beni per uso domestico, beni manifatturieri da esportazione e servizi da esportazione), solamente i redditi della fascia più alta dei salariati (85° percentile4) siano cresciuti in tutti i settori, con la crescita maggiore registrata nel settore dei beni manifatturieri da esportazione (17%). Settore manifatturiero che ha visto crescere sia il salario mediano che il salario della fascia più bassa dei lavoratori (15° percentile) rispettivamente del 10% e 4%. Mentre i redditi mediani sono rimasti sostanzialmente invariati nel settore dei beni non commerciabili e dei servizi, la fascia bassa della distribuzione ha visto la propria fetta di reddito diminuire del 7% nel primo caso e di ben 15% nel secondo5. Fratzscher fa inoltre notare come in Germania lo Stato abbia un ruolo fondamentale nella redistribuzione del reddito. Mentre con un coefficiente di Gini pari al 0,51 il salario di mercato in Germania è nel 2012 tra i più diseguali dei paesi altamente industrializzati dell’area OCSE (Stati Uniti 5,51; Regno Unito 0,52; Francia 0,5; Svezia 0,43), il reddito disponibile è invece tra i più egalitari, con un indice di Gini pari allo 0,29 a fronte dello 0,39 degli Stati Uniti.
Chi è ricco rimane ricco. Chi è povero rimane povero. A completare il quadro è la rigidità della società tedesca che rende difficile ai figli delle famiglie meno abbienti la scalata sociale e l’accumulo di ricchezza tramite l’educazione prima la carriera lavorativa poi. È infatti lo status sociale dei genitori che influenza più di ogni altro fattore lo sviluppo psicologico, sociale ed economico dei figli, come racconta Fratzscher nella storia di Paul e Lena, i due personaggi di finzione descritti all’inizio del lavoro. Uno studio del DIW ripreso in parte anche nel libro mostra inoltre come dal 2000 al 2012 il rischio di povertà sia aumentato dal 12% al 40%. A maggior rischio sono i giovani single dai 25 ai 35 anni che hanno appena iniziato la propria carriera lavorativa. Secondo questo studio, perfino essere parte attiva della forza lavoro del paese non allontana i giovani adulti dal rischio di rimanere senza la possibilità di costruire un proprio capitale ed un proprio futuro di successo6.
Ma quali sono le cause delle diseguaglianze crescenti? Il libro suggerisce tre cause principali: 1) fattori transnazionali o comuni ad altre realtà nazionali come la globalizzazione ed il radicale mutamento dell’economia di mercato dovuta anche al potere crescente dei mercati finanziari, la digitalizzazione e la crescente individualizzazione e precarizzazione del mondo del lavoro; 2) la mancanza di eguali opportunità per tutti, intesa come possibilità di accesso ai lavori migliori con alti salari e opportunità di carriera dovuta principalmente agli scarsi investimenti in istruzione superiore ed universitaria da parte dei cittadini meno ricchi; 3) la “fiducia cieca nello Stato” e nella sua capacità di redistribuire reddito che, sempre secondo lo stesso autore, ridurrebbe l’accumulo di capitale privato e aumenterebbe la dipendenza dal sistema di welfare7.
La disuguaglianza riduce la partecipazione ai processi democratici, distrugge i risparmi delle famiglie, incoraggia il ricorso al debito, aumenta la dipendenza dei cittadini dallo Stato riducendo l’iniziativa personale, impedisce lo sviluppo del capitale umano, acuisce il problema della povertà ed intacca la salute dei cittadini, così Fratzscher. Ma non solo. La disuguaglianza riduce la crescita economica del paese. Su questo stesso punto è apparso sempre nel 2016 uno studio della fondazione Friedrich Ebert realizzato da un gruppo di economisti del DIW che mostra come una distribuzione diseguale del reddito abbia ridotto la crescita del prodotto interno lordo. Lo studio ricalcola il PIL del paese nel 2015 mantenendo il livello dell’indice di Gini per il reddito netto delle famiglie pari al valore del 1990. Il rapporto conclude che nel 2015 il PIL sarebbe stato di 40 miliardi più alto se la disuguaglianza non fosse aumentata negli ultimi 25 anni.
Nesso distribuzione del reddito e crescita economica ampiamente studiato nella letteratura recente8 ma che non trova tuttavia un consenso comune tra gli economisti in Germania. Uno studio multi-paese effettuato dall’IW di Colonia (Institut der deutschen Wirtschaft) dimostra come le tecniche econometriche utilizzati negli studi recenti9 tendano a sovrastimare l’impatto della disuguaglianza sulla crescita economica specialmente nei paesi avanzati come la Germania10. Uno studio degli stessi autori condotto su dati dello stesso istituto mostra inoltre come in Germania ed in altri paesi dell’Unione Europea la disuguaglianza percepita sia maggiore della disuguaglianza reale facendo aumentare la richiesta da parte dei cittadini di politiche maggiormente redistributive11.
In conclusione, nonostante la percezione comune di un paese economicamente forte, dagli alti redditi e dal benessere diffuso, la Germania presenta oggi un quadro sociale preoccupante che avrà insieme altri temi di recente attualità una forte influenza sulle elezioni politiche nazionali del prossimo autunno e sul futuro stesso dell’Unione Europea.
Testi citati:
Cingano, F. (2014) Trends in Income Inequality and its Impact on Economic Growth. OECD Working Papers No. 16.
Fratzscher, M. (2016) Verteilungskampf: Warum Deutschland immer ungleicher wird. München, Carl Hanser Verlag.
Franzini, M. and Pianta, M. (2016) Explaining Inequality. London and New York, Routledge.
Grabka, M. Goebel, J. and Schröder, S. (2015) Income Inequality Remains High in Germany – Young Singles and Career entrants Increasingly At Risk of Poverty. DIW Economic Bulletin 25.
Kolev, G. and Niehues, J. (2016) The Inequality-Growth Relationship. An Empirical Reassessment. IW-Report /7.
Niehues J. (2014) Subjective Perceptions of Inequality and Redistributive Preferences. An International Comparison. IW-Trends – No. 2.
Onaran, Ö. and Obst, T. (2015) Wage-led growth in the EU15 member-states: the effects of income distribution on growth, investment, trade balance and inflation. Cambridge Journal of Economics.
Piketty, T. (2014) Capital in the Twenty-first Century. Cambridge (Mass.), Harvard University Press (English translation).
Stiglitz, J. (2012). The Price of Inequality. New York, Allen Lane.
1 Si pensi per esempio ai lavori recenti del francese Thomas Piketty (2014) e del premio Nobel Joseph Stiglitz (2012).
2 Dati Eurostat, calcoli propri.
3 Si ricorda che l’indicatore di Gini assume valore 0 quando la ricchezza è equamente diffusa mentre valore 1 nel caso opposto, quando la ricchezza è nelle mani di pochissimi o uno.
4 Un lavoratore il cui stipendio si colloca all’85° percentile della distribuzione del reddito, guadagna di più dell’85% dei lavoratori e meno del 15%. Similmente, il lavoratore mediano al 50° percentile e il lavoratore al 15° percentile.
5 Il dato si riferisce ai soli lavoratori a tempo pieno tra i 20 e i 60 anni delle regioni della ex Germania-Ovest.
6 Grabka, Gobel e Schröder (2015).
7 È interessante notare i punti di contatto ma anche di divergenza tra il lavoro di Fratzscher e il libro rencente di Franzini e Pianta “Explaining Inequality” che propone un analisi dettagliata di quelli che sono i quattro motori della disuguaglianza: il potere crescente del capitale sul lavoro, il capitalismo “oligarchico”, l’individualizzazione del mondo del lavoro e l’arretramento del ruolo della politica.
8 Si veda ad esempio Obst e Onaran (2016) sul rapporto tra distribuzione del reddito, crescita, investimenti inflazione e saldo commerciale estero.
9 Si fa qui riferimento a uno studio di Cingano (2014) per l‘OCSE che utilizza uno stimatore System-GMM. Lo stimatore viene considerato inadeguato in quanto le differenze ritardate della disuguaglianza utilizzate come variabili strumentali non hanno potere esplicativo per i livelli di disuguaglianza attuali e falliscono nel catturare l’eterogeneità degli effetti in paesi differenti.
10 Kolev e Niehues (2016).
11 Niehues (2014).