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Agenda 2030: un percorso iniziato male

Emblematica la scelta dell’interlocutore individuato dal governo per interfacciarsi con l’Onu, ovvero il Ministero dell’Ambiente: come se l’Agenda 2030 fosse una partita solo settoriale

A fine novembre il team economico di Palazzo Chigi ha pubblicato 31 slide sulle interrelazioni tra i 17 SDGs dell’Agenda 2030 (i famosi obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu) e la Legge di Bilancio 2017, in fase di approvazione in Parlamento. Questo ha sollevato reazioni nell’ambiente accademico e associativo, ma non in quello politico, troppo concentrato sulle tematiche referendarie per prestare occhi a un tema globale che ci accompagnerà, in maniera molto concreta, per i prossimi quindici anni.

La reazione più ottimistica è venuta dall’Asvis, il network di associazioni coordinato da Enrico Giovannini, che sul proprio portale ha definito la mossa del Governo “un passo importante per mettere il Paese sul sentiero dello sviluppo sostenibile (…) ma con necessità di approfondimento, perché la corrispondenza tra le misure di legge e gli SDGs è ancora generica”. Proviamo a tradurre: Asvis sta conducendo un’importante battaglia per indurre il Governo a finanziare la Strategia nazionale per l’Agenda 2030, da presentare all’Onu possibilmente nel 2018. Questo comporta, almeno inizialmente, un’apertura di credito nei confronti dello stesso Governo, che qualcosa (sbrigativamente) sta facendo. Ecco le ragioni di questo atteggiamento pacato nei confronti di un iter partito male.

In Italia siamo partiti con il piede sbagliato in materia di SDGs. Emblematica è stata la scelta dell’interlocutore con cui dovrà interfacciarsi l’Onu, ovvero il Ministero dell’Ambiente: come se l’Agenda 2030 fosse una partita soltanto ambientale. Una questione per gente con il pallino della sostenibilità. Sbagliato: l’Agenda 2030 riguarda tutti, e per questo il timone doveva rimanere nell’alveo della Presidenza del Consiglio.

Veniamo a queste 31 slide che in qualche modo anticipano alcuni contenuti della Legge di Bilancio 2017: il metodo utilizzato è approssimativo, poiché dovrebbero essere gli SDGs a plasmare, d’ora in avanti, l’iter della Legge di Bilancio, e non quest’ultima che deve trovare parallelismi in alcuni dei 17 SDGs. Infatti, sfogliando le slide, si evince il tentativo di cercare, all’interno di un pacchetto di scelte già delineate, quali possano essere i riferimenti con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Il metodo scientifico, ma anche politico-governativo, dovrebbe prevedere innanzitutto la redazione di un piano strategico (appunto: una Strategia nazionale, per la quale Giovannini con Asvis chiede fondi ad hoc, che ancora sono stati solo promessi) che indichi come e con quali tempi si vuole lavorare, evidenziando degli step di tempo e di risultato. Solo successivamente sarà possibile declinare la Strategia nazionale sulle azioni annuali, prima fra tutte la Legge di Bilancio. Altrimenti quello dell’Agenda 2030 resterà un tema per addetti ai lavori, anzi, solo per chi ci lavora direttamente. Perché non segnerà un nuovo modo di lavorare, un nuovo parametro di riferimento nella scelta delle politiche.