All’Europa del futuro non servono palliativi, ma riforme strutturali capaci di ridimensionare il potere della finanza, creare lavoro, redistribuire la ricchezza. Verdi e Gue hanno eletto 97 dei 751 europarlamentari: uno su otto. Saranno disponibili a lavorare insieme per restituire rappresentanza sociale ai cittadini europei? Astensionismo, euroscetticismo, successo delle destre nazionaliste e populiste in Francia, […]
All’Europa del futuro non servono palliativi, ma riforme strutturali capaci di ridimensionare il potere della finanza, creare lavoro, redistribuire la ricchezza. Verdi e Gue hanno eletto 97 dei 751 europarlamentari: uno su otto. Saranno disponibili a lavorare insieme per restituire rappresentanza sociale ai cittadini europei?
Astensionismo, euroscetticismo, successo delle destre nazionaliste e populiste in Francia, in Austria, in Gran Bretagna e in Grecia così come nei paesi del Nord e dell’est Europa. Ma anche affermazione di quei movimenti e partiti che hanno saputo proporre una lettura critica della crisi e ricette alternative a quelle dominanti per uscirne, come in Spagna e in Grecia, «parlando» il lessico dell’eguaglianza e della giustizia sociale, della garanzia sostanziale dei diritti per tutti, di una cittadinanza europea non escludente, di uno sviluppo non predatorio e rispettoso dell’ambiente.
Il Parlamento europeo che il voto ci ha consegnato ha un deficit di democrazia: è stato eletto solo dal 43,1 per cento degli aventi diritto al voto europei e dal 58,7 per cento di quelli italiani. Senza contare quel 4,1 per cento di cittadini stranieri non comunitari che, pur vivendo in Europa, dal voto sono esclusi a priori.
Il deficit di democrazia rischia di travolgere anche l’Italia con la concentrazione di più del 40 per cento dei voti nel primo partito e di più del 20 per cento in un movimento «virtuale», la scomparsa delle forze di centro, la fragilità di una lista nuova come quella Tsipras, l’esiguo 0,9 per cento conquistato dai verdi.
Il tutto nel contesto di un astensionismo che più che per i suoi valori, dovrebbe preoccupare per la sua distribuzione geografica e sociale. Hanno votato meno rispetto alla media i cittadini meridionali e delle isole, le donne, le persone con i livelli di istruzione più bassi (licenza elementare e media), gli operai, i disoccupati e le casalinghe (dati Ipsos). Molti di coloro che non sono andati a votare vivono dunque nelle aree territoriali e appartengono alle fasce sociali più deboli del paese. Sono le più colpite dalla crisi e dalle politiche di austerità che hanno legittimato e acuito la crescita delle diseguaglianze, facendo finta di guardare agli equilibri della finanza pubblica, privilegiando in realtà per lo più gli interessi dei grandi poteri economici e finanziari.
È per altro la stessa Corte dei Conti ad aver criticato due giorni fa il provvedimento sull’Irpef suggerendo l’urgenza di una riforma fiscale complessiva improntata ad una maggiore progressività ed equità.
Verdi e Gue hanno eletto 97 dei 751 europarlamentari: uno su otto. Saranno disponibili a lavorare insieme per restituire rappresentanza sociale ai cittadini europei che sono i più colpiti dalla crisi?
All’Italia e all’Europa del futuro non servono palliativi, ma riforme strutturali capaci di ridimensionare il potere della finanza, creare lavoro, redistribuire la ricchezza, difendere il modello di welfare europeo, la pace e l’ambiente. Abbiamo bisogno di proposte precise, sostenibili e realizzabili, ma anche e soprattutto di reinventare e condividere una visione complessiva e alternativa dell’Europa che vogliamo, capace di restituire centralità e dignità alle persone.
Sbilanciamoci! insieme a molte organizzazioni e movimenti della società civile continuerà a confrontarsi con questa sfida in Italia e, sempre più, in Europa: facendo rete a partire dai contenuti. Uno su otto europarlamentari non sono pochi: se fossero disponibili a lavorare insieme e a confrontarsi con i movimenti, potrebbero costituire un’ottima sponda.