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Unione bancaria europea, l’ostruzionismo tedesco

L’Unione bancaria potrebbe spezzare il legame perverso fra debito pubblico e crisi finanziaria. Ma Angela Merkel, in attesa delle elezioni, si oppone

Siamo di fronte a un “dejà-vu” nella crisi europea? Nel 2010, il mondo e la Ue rimasero stupefatti, ma anche inerti, quando nel 2010 la Cancelliera tedesca Angela Merkel bloccò, per paura degli elettori del Nordrhein-Westfalen, il più popoloso Land tedesco, un intervento decisivo che – ne siamo convinti – avrebbe potuto dare alla crisi greca una traiettoria del tutto diversa. Quest’anno in Germania si vota di nuovo. E la Merkel sta puntando di nuovo i piedi, questa volta sulla questione dell’Unione bancaria, da tutti ritenuta la carta maestra per togliere d’impaccio il sistema bancario europeo e la pressione sui paesi più deboli. Come nel 2010, la paura dell’elettore tedesco potrebbe portare al panico nell’Eurozona.

Sono state due le decisioni prese durante lo scorso autunno che hanno calmato i mercati: l’annuncio di Draghi di “fare tutto il necessario” per salvare l’euro e la decisione del Consiglio di creare al più presto un’Unione bancaria.

L’Unione bancaria è più necessaria che mai: le banche sotto-capitalizzate sono infatti diventate il problema più urgente. L’insolvenza di una grande banca potrebbe causare un altro crollo del sistema finanziario in Europa. E oggi tutti sanno che salvataggi (bail-out) su ampia scala demolirebbero le finanze dello Stato più solido e lo porterebbero al fallimento.

Perciò, siamo in una situazione d’improvvisazione permanente, nella quale si preferisce estendere i tempi di scadenza di crediti che tutti sanno inesigibili invece di cancellarli; e nella quale i controllori delle banche nazionali preferiscono chiudere un occhio, temendo una spirale incontrollabile d’insolvenza delle banche. Noi siamo convinti che continuare in questo modo porterà infallibilmente a un circolo vizioso, già visto in Giappone. Banche “zombie”, più morte che vive, non fanno prestiti a nuove iniziative di business, ma continuano la loro esposizione verso imprese anche loro “zombie”. Più morte che vive pure loro, queste aziende si “ristrutturano” (cioè licenziano) e si fermano, non investono e non creano nuovi posti di lavoro: davanti a sé, l’Eurozona potrebbe dunque avere due decenni a perdere, esattamente come in Giappone.

L’anno scorso, quando si decise di procedere verso l’Unione bancaria, si intendeva rompere questo circolo vizioso: una nuova agenzia di vigilanza europea non avrebbe il problema di mettere le banche di fronte ai loro fallimenti e costringerle ad eliminare i “cattivi” prestiti. Se queste dovessero diventare insolventi, una nuova agenzia europea di liquidazione delle banche in crisi sarebbe in grado di affrontare la situazione in modo più efficiente. Nel caso in cui ci fossero parti che non conviene liquidare, un nuovo fondo avrebbe la possibilità di decidere di ricapitalizzare la parte “buona” della banca e di lasciare fallire quella “cattiva”. Evitati anche i rischi della corsa agli sportelli, grazie a un nuovo sistema europeo di assicurazione per i depositi.

Questo era quello che tutti pensavano fosse stato deciso l’anno scorso. Gli economisti, i politici europei e soprattutto i mercati avevano festeggiato con entusiasmo la decisione sull’Unione bancaria, in particolare perché la Cancelliera Merkel era stata fra i suoi più ferventi sostenitori.

Ma qual è la situazione oggi?

È l’ignoranza, l’arroganza o l’incapacità di dire la verità ai tedeschi che impedisce ai loro politici di capire che un’Unione bancaria è utile anche alla Germania? Guardiamo i fatti: chi ha investito massicciamente nel debito “subprime” negli Stati Uniti, causa prima della crisi bancaria? Le banche spagnole o “gli idioti da Düsseldorf”, come li chiamano gli americani? Nessuno ha letto il rapporto Likkanen (1)? Quali sono le tre banche in Europa con il peggior livello di leverage? Non sono certo banche italiane o spagnole, ma sono tutte e tre tedesche. La fobia tedesca per la mutualizzazione del debito sovrano ha prodotto debito bancario. E nel dibattito pre-elettorale, un regime di assicurazione europea per i futuri rischi bancari è rappresentato come un sistema di trasferimento di risorse permanente dai conti tedeschi a quelli degli scialacquatori del Sud Europa.

La Merkel ancora una volta ha paura che i suoi elettori le voltino le spalle e quindi sta demolendo le parti più importanti dell’Unione bancaria. L’assicurazione dei depositi europea è diventata un assoluto tabù ed è visto come un prelievo diretto dei risparmi tedeschi. Una norma europea per le risoluzioni è considerata auspicabile, ma non senza una modifica dei Trattati: dal momento che la modifica dei trattati durerebbe anni, questo è solo un modo meno diretto per dire no. L’unica cosa che la Merkel ha accettato è la supervisione europea delle più grandi banche, tra cui una dozzina delle oltre 1.500 banche tedesche.

Ma è inutile illudersi: la posizione della Merkel sulle modifiche del Trattato è un imbroglio. Le sue argomentazioni giuridiche sono fragili. Non c’è da stupirsi che non abbia presentato alcun parere legale dettagliato sul motivo per cui il meccanismo unico di risoluzione (Srm) sarebbe contro i trattati attuali. L’argomento che la Commissione starebbe tentando di usurpare nuovi poteri è un diversivo rispetto al problema reale: non è la Commissione che sta guadagnando potere, sono le banche. Senza Srm le banche potranno continuare a ricattare le nostre società con un numero potenzialmente illimitato di sussidi e di bail-out pubblici. Non vi è alcun pericolo che la Corte Suprema tedesca decida contro il meccanismo unico di risoluzione (Srm), perché il potere di bilancio del Parlamento tedesco non è violato. Il Srm è già applicabile: se poi si riformerà il Trattato – magari con una procedura aperta e “costituzionale”, cosa che auspichiamo, anche e soprattutto per rendere la Ue più democratica ed efficiente – sarà anche possibile trasferire i poteri che sono stati previsti per la Commissione in questo campo ad un’agenzia indipendente.

La Cancelliera Merkel non sta solo venendo meno alle promesse ai suoi elettori di non fare loro spendere soldi invano. Sta anche tradendo l’Europa meridionale. Milioni di persone sono disoccupate, vedono i loro salari diminuire, e sono esposte alla povertà: e soprattutto, non vedono alcuna soluzione reale alla spirale della crisi. Senza un sistema bancario ben capitalizzato e senza una vera Unione bancaria, la fiducia non tornerà. Le banche non saranno in grado di rifinanziarsi a condizioni decenti e non saranno in grado di sostenere nuovi investimenti. Inevitabilmente, la recessione durerà ancora più a lungo. Per l’Italia, questa realtà è sempre più evidente. Il tessuto produttivo italiano è sempre meno in grado di ritrovare la strada della ripresa. L’Unione bancaria potrebbe servire per aiutare a spezzare il legame perverso fra debito pubblico e crisi del sistema finanziario. Non si potrà rompere il credit-crunch, che strozza le imprese italiane e ne provoca fallimenti a catena, senza un’Unione bancaria che funzioni. Insomma, in una prospettiva di medio periodo, approvare l’Unione bancaria, fare funzionare la vigilanza europea e una politica per la soluzione delle crisi future di banche in difficoltà, è interesse davvero di tutti. E in particolare della Germania, che facendo la voce grossa, impedendo o ritardando le decisioni non fa altro che prepararsi a pagare molto di più, come è successo nel caso della Grecia.

In tempi normali, si potrebbe dire che mancano solo dieci settimane alle elezioni tedesche, e che, finita la lunga campagna elettorale, il nuovo governo sarà più saggio e non rischierà di arrecare danni gravi non solo ai paesi in crisi, ma anche al suo sistema produttivo. Ma in realtà, le cose potrebbero non essere cosi semplici. Dopo le elezioni, il nuovo governo tedesco dovrà fare ripartire subito il meccanismo di decisione su questo tema a Bruxelles. Se non lo farà e impedirà la decisione sul riavvio dell’Unione bancaria nel corso del Consiglio europeo del prossimo dicembre, non vi sarà alcuna possibilità che questo sia possibile prima delle prossime elezioni europee del 2014 e del rinnovo della Commissione a fine anno; insomma si perderanno mesi preziosissimi. Il Consiglio europeo di fine 2013 dovrebbe perciò, senza ulteriori discussioni e indugi, adottare la proposta del Commissario europeo al Mercato interno Michel Barnier, potendo contare sul sostegno della Germania. Questa è l’unica possibilità perché il meccanismo unico e il fondo di risoluzione, finanziato dal settore bancario, possa essere deciso prima delle elezioni europee. Ed è sempre più evidente che questo sarà possibile solo con un radicale cambio di direzione politica del governo tedesco.

(1) “High Level Expert Group on reforming the structure of the EU banking sector” www.ec.europa.eu