A tre settimane dal varo della Legge di Bilancio, già mancano all’appello 5-6 miliardi di euro, ed è probabile che a primavera, dopo le europee, arrivi una manovra correttiva. La situazione internazionale non è rosea. Ma il governo ci ha messo del suo facendo il contrario di ciò che si sarebbe dovuto fare.
Dopo appena tre settimane dal varo della Legge di Bilancio, mancano all’appello già 5-6 miliardi di euro. I motivi sono diversi: i conti approssimativi e un po’ truccati, la revisione al ribasso delle stime della crescita, le difficoltà dell’economia mondiale. Non è da escludere, dunque, che già dopo il varo del DEF (e dopo le elezioni europee) possa esserci l’annuncio di una correzione dei conti.
Nel giro di un paio di mesi la stima (del Governo) di crescita nel 2019 è passata da 1,5% all’1,0%. Banca d’Italia qualche giorno fa – suscitando le ire del Governo – ha ridotto ulteriormente le stime di crescita allo 0,6%, come del resto ha confermato ieri anche il Fondo Monetario Internazionale. Un paio di settimane fa il ministro dell’Economia Tria ha detto “siamo in una situazione di stagnazione” e ha aggiunto “speriamo di non entrare in recessione”. Di fatto già lo siamo.
Intanto registriamo pesanti battute d’arresto sui consumi e la produzione industriale. Non aiuta la situazione dell’economia mondiale, con la diminuzione dei tassi di crescita della Cina e con la guerra dei dazi. E non aiuta la situazione dell’Unione Europea, priva di una politica economica e fiscale comune.
Il Governo italiano – in una situazione in cui nemmeno le esportazioni vanno più tanto bene – ci ha messo del suo facendo il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare: ha ridotto gli investimenti pubblici, contenuto gli stanziamenti per l’innovazione e messo in atto provvedimenti regressivi di politica fiscale – come la flat tax – che aumentano le diseguaglianze.
È una situazione che potrebbe reggere fino alle elezioni europee, ma poi i nodi cominceranno a venire al pettine: sicuramente per la prossima Legge di Bilancio, quando si dovranno trovare decine di miliardi per scongiurare l’aumento dell’IVA nel 2020. Con la crescita ridotta al lumicino, le difficoltà dell’economia mondiale e quelle strutturali del nostro sistema produttivo, rischiamo di rimettere mano ai conti pubblici già dalla prossima primavera. Non si farà niente prima delle elezioni europee, ma dopo è possibile, probabile.
Non volendo fare una politica fiscale di segno progressivo, utilizzando le risorse recuperate per una politica più aggressiva di investimenti pubblici, rimane la strada tradizionale dei tagli alla spesa pubblica e di aumento del deficit (per coprire i buchi e non per fare una politica). Così non si va lontano. Servirebbe una politica espansiva, di sostegno alla domanda, centrata sul lavoro. Ma tutto questo non c’è nella politica del governo.