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Un rifiuto insostenibile. Il dossier di Lunaria

I cittadini stranieri contribuiscono significativamente all’economia italiana ma beneficiano relativamente meno, se confrontati con gli italiani, in termini di spesa pubblica erogata

L’immigrazione costituisce davvero un “rischio” per la sostenibilità del nostro sistema economico e di welfare? Parte da questa domanda il rapporto di Lunaria, “I diritti non sono un costo. Immigrazione, welfare e finanza pubblica”, presentato il 29 novembre a Roma. Una ricognizione puntuale e ricca di dati che completa il lavoro iniziato con “Costi disumani” (www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/Immigrati-i-costi-del-rifiuto-18606), e che fornisce un utile strumento per iniziare a sfatare i più granitici luoghi comuni che avvolgono il fenomeno migratorio nel nostro paese. Perchè se è vero che non sarà un approccio economicista a volgere il segno delle politiche fino ad oggi adottate, è altrettanto vero che proprio il rapporto tra immigrazione, sistema economico e welfare costituisce uno degli argomenti più utilizzati per alimentare l’intolleranza e l’ostilità verso chi proviene da altrove. Soprattutto in questi tempi di austerity.

I cittadini stranieri residenti in Italia sono più di 4,3 milioni e rappresentano il 7,4% dell’intera popolazione residente sul territorio nazionale. Svolgono per lo più attività lavorative dequalificate e a bassa specializzazione e percepiscono stipendi mediamenti più bassi dei colleghi italiani. Secondo i dati riferiti al 2011, i contributi previdenziali versati dai cittadini stranieri ammontano a circa 8,4 miliardi (di cui quasi 3 miliardi provenienti direttamente dai lavoratori e la restante parte dai datori di lavoro), pari al 4,2% delle entrate contributive totali. Mentre secondo le stime prodotte da Unioncamere, e nonostante il fatto che negli ultimi anni la contrazione del tasso di occupazione abbia toccato anche la componente straniera del mercato del lavoro, nel 2011 i cittadini stranieri presenti in Italia hanno contribuito per il 12,8% alla creazione del valore aggiunto, corrispondente a un dato assoluto pari a 178,5 miliardi di euro (riferibili al settore del terziario, seguito a stretto giro da costruzioni e agricoltura).

Quanta parte dunque della nostra pubblica è riferibile ai cittadini stranieri? Le tabelle del rapporto rispondono chiaramente. Complessivamente, i cittadini stranieri incidono per il 3,36 percento del totale della spesa pubblica considerata a fronte però di un’incidenza della loro presenza nettamente superiore, pari al 7,54% della popolazione totale nel 2011. La categoria di spesa sulla quale la popolazione non italiana incide di più è quella per le carceri dove gli stranieri rappresentano il 36,14% dei detenuti. Negli altri casi (istruzione, sanità, disoccupazione, pensioni) la parte di spesa riconducibile ai cittadini non italiani non supera mai il 15% del totale, mentre la voce di spesa dove si registra la minore incidenza dei cittadini stranieri è quella per le pensioni: in questo caso, infatti, soltanto lo 0,52% delle uscite totali ha come beneficiari cittadini non italiani.

I cittadini stranieri, conclude il rapporto, apportano quindi un beneficio significativo all’economia italiana nel suo complesso, dal momento che contribuiscono in proporzioni maggiori rispetto alla loro presenza numerica alla produzione di valore aggiunto ma beneficiano relativamente meno in termini di spesa pubblica erogata in un singolo anno fiscale se confrontati con gli italiani.

Non solo: l’intero ammontare delle risorse pubbliche destinate alle politiche di accoglienza e inclusione sociale dei cittadini stranieri negli anni 2005-2012 è pari a 2 miliardi e 313mila euro (di cui 1,521 miliardi sono stati stanziati per la sola gestione dell’emergenza Nord Africa). Se si detraggono questi stanziamenti “straordinari”, l’ammontare degli stanziamenti “ordinari” destinati alle politiche di accoglienza e inclusione sociale scende a 791 milioni e 708mila euro con una media annuale pari a 123 milioni e 871mila euro. Una cifra di gran lunga inferiore a quanto viene invece stanziato per le politiche del rifiuto, pari a oltre 247 milioni di euro. Gli stanziamenti per le politiche di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti rappresentano lo 0,017 percento della spesa pubblica complessiva rispetto allo 0,034 percento di incidenza degli stanziamenti destinati alle politiche del rifiuto. Il rifiuto, oltre ad essere disumano e inefficace, costa troppo. Nei confronti di un fenomeno ormai più che strutturale, lo Stato investe poco e male. “Guardare al futuro – conclude il dossier – significa ribaltare questo rapporto e cambiare approccio”.

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