Top menu

Ucraina, l’improbabile pace di Trump

La proposta di Donald Trump di negoziato sull’Ucraina difficilmente potrà portare a un accordo di pace duraturo. Ha messo a nudo l’assenza di proposte europee su come costruire un ordine di pace nel nostro continente e mostra la necessità di nuove idee e proposte da parte dei pacifisti.

Se al presidente degli Stati Uniti Donald Trump si può attribuire un merito, è quello di aver avviato una discussione a lungo attesa su cosa debba e possa diventare la guerra della Russia contro l’Ucraina, che si trascina da tre anni. Ha portato in primo piano l’urgente necessità di negoziare un cessate il fuoco e le prospettive di un ordine di pace che possa creare stabilità nell’Europa centrale. Trump ha spiazzato ed emarginato i governi europei, mettendo a nudo l’assenza di obiettivi chiari, ma allo stesso tempo realistici, della politica europea di fronte a questa guerra e alle sue conseguenze. Nonostante tutte le critiche giustificate all’operato del presidente americano Trump, siamo di fronte a una svolta. La conferenza dei più importanti Stati dell’Europa occidentale convocata per lunedì 17 febbraio dal presidente francese Emmanuel Macron non potrà fare a meno di dare risposte a due domande centrali: quale posizione assumerà l’Europa occidentale in questi negoziati per il cessate il fuoco? E con quali mezzi l’Europa occidentale può contribuire a trasformare il cessate il fuoco in una tregua stabile nelle aree contese, nel rispetto delle norme del sistema internazionale?

Tutto il resto, per ora, resta avvolto nell’incertezza. Le posizioni espresse dalle parti sono troppo contraddittorie, le azioni dei protagonisti sono troppo scoordinate. Alcuni dei requisiti iniziali per un cessate il fuoco negoziato, menzionati dal Segretario alla Difesa statunitense Hegseth il 12 febbraio a Bruxelles, possono essere condivisibili, e non sono lontani dalle proposte avanzate in questi anni dai pacifisti: la rinuncia dell’Ucraina all’adesione alla NATO nei prossimi 15-20 anni, la salvaguardia del cessate il fuoco da parte di contingenti indipendenti dalla NATO e dagli USA e l’istituzione di una zona cuscinetto profonda fino a 20 km da entrambe le parti nelle quattro regioni contese di Lugansk, Donbass, Zaporiskia e Kharkova. Allo stesso tempo, però, gli esperti militari occidentali parlano di inviare una forza di 200.000 soldati per l’Ucraina, un’immagine speculare dei circa 200.000 militari russi presenti in queste regioni, mostrando che pensano a un equilibrio di forze in una logica di guerra, piuttosto che a una missione che assicuri la pace. Naturalmente, una forza di queste dimensioni non potrebbe essere fornita dalle Nazioni Unite, che infatti non vengono nemmeno citate come soggetto da coinvolgere. In queste condizioni, il punto di vista dei pacifisti non può che essere scettico sulle possibilità che gli scenari citati finora possano portare in qualche modo a un cessate il fuoco duraturo.

Questo scetticismo diventa ancora più forte se guardiamo al tavolo dei negoziati proposto dagli Stati Uniti. Non c’è posto per l’Europa occidentale. Gli ucraini sono stati ammessi solo in un secondo momento. Nell’idea originale di Hegseth, solo la leadership russa, la delegazione statunitense e l’Arabia Saudita – come ospiti dei negoziati – avrebbero dovuto sedersi al tavolo dei negoziati. Nel primo round, la delegazione statunitense non prevede alcun consigliere militare, ma esperti della sicurezza interna degli Stati Uniti, in particolare la sicurezza contro i cyberattacchi stranieri. Anche l’ex generale Keith Kellogg, nominato da Trump a gennaio come rappresentante speciale per la guerra in Ucraina, all’inizio non si è palesato. È riapparso solo quattro giorni dopo il discorso di Hegseth a Bruxelles: dov’è stato in questi giorni?

Anche l’Arabia Saudita come sede dei negoziati non è plausibile. Se mai dovesse esserci un “mediatore” di rilievo, probabilmente dovrebbe essere Erdogan, e quindi la Turchia, che ha mediato un compromesso subito dopo l’aggressione russa all’Ucraina nel marzo 2022, che si basava in gran parte sulle posizioni di allora di Zelensky e anticipava molto di ciò che il governo statunitense ha proposto come parti centrali di un cessate il fuoco la scorsa settimana: la rinuncia dell’Ucraina all’adesione anticipata alla NATO, una zona neutrale nella regione del Donbass e l’esclusione della questione della Crimea dai negoziati per il cessate il fuoco. I documenti di questo compromesso sono stati pubblicati dal New York Times nel 2024, insieme all’indicazione che una visita improvvisa del leader britannico di allora, Boris Johnson, avrebbe impedito all’Ucraina di accettare tale compromesso, che avrebbe fermato subito la guerra. In questi giorni, Zelensky è tornato di sua iniziativa su quest’episodio, negando radicalmente di aver mai accettato un accordo di pace nei primi mesi di guerra, o di essere stato influenzato da Boris Johnson. Tuttavia l’aver tirato fuori dal cassetto questo episodio sembra un rifiuto da parte di Kiev di tutti gli elementi della proposta di cessate il fuoco avanzata dagli Stati Uniti. E da giorni Zelensky insiste prima sulla possibilità che l’Ucraina entri subito nella NATO, poi sulla creazione di un esercito europeo.

Su tutto aleggia, aumentando lo scetticismo, la richiesta degli Stati Uniti di un accordo con l’Ucraina sui diritti per l’estrazione di terre rare per un valore di 500 miliardi di dollari, che corrisponde a circa la metà della quantità stimata di terre rare presenti in Ucraina. In cambio, gli Usa garantirebbero la continuità della fornitura di armi a Kiev. Sotto il presidente americano Biden l’ammontare delle armi fornite dagli Stati Uniti è stato stimato in circa 65 miliardi di dollari. Un accordo come quello che Trump sta cercando di ottenere sulle terre rare garantirebbe la fornitura di ulteriori sistemi d’arma statunitensi per un totale di 435 miliardi. Al ritmo attuale, ciò corrisponderebbe a un riarmo proiettato su un periodo di 20 anni.

In una situazione così confusa, con dichiarazioni improbabili e scenari del tutto incerti, è fondamentale guardare alle esperienze passate di negoziati Est-Ovest e agli accordi che hanno portato alla distensione. Un esempio sono le misure di rafforzamento della fiducia che hanno accompagnato i negoziati tra Stati Uniti e Unione Sovietica ai tempi di Reagan e Gorbaciov. In quello spirito, la ricerca di una pace stabile in Ucraina avrebbe bisogno di atti concreti di Russia e Usa.

Ed è su questo terreno che i pacifisti potrebbero oggi riprendere la parola, con richieste concrete a Trump e a Putin, accanto a quella del cessate il fuoco. Chiediamo a Putin di rinunciare unilateralmente alle manovre militari russe previste quest’anno in Bielorussia, che Zelensky vede giustamente come una potenziale minaccia. Chiediamo a Trump di rinunciare al previsto stazionamento di missili americani a medio raggio con testata nucleare in Germania, che Putin giustamente considera una minaccia. Proponiamo entrambe le azioni non come parte dei negoziati, ma come misure di fiducia per aumentare la credibilità dei negoziati su un accordo di cessate il fuoco tra Russia e Ucraina.