La manovra colpisce il piccolo risparmio e perde per strada una mini-norma contro la speculazione. Un ulteriore premio alla finanza-casinò, la stessa che mette sull’ottovolante il debito italiano
Una delle bozze della manovra finanziaria circolate nelle ultime settimane proponeva l’introduzione di una piccola tassazione sulle transazioni finanziarie. Una proposta sostenuta dalle decine di organizzazioni e reti della società civile in tutto il mondo che da tempo denunciano gli impatti devastanti della finanza-casinò. L’idea è quella di applicare una tassazione molto piccola (dell’ordine dello 0,05%) a ogni transazione finanziaria. Un’imposta così piccola non avrebbe nessun impatto per risparmiatori ed economia produttiva, ma colpirebbe gli speculatori che eseguono compravendite in brevissimo tempo per guadagnare sulle oscillazioni dei prezzi dei titoli finanziari.1
Chi pensava che finalmente anche l’Italia, come la Germania, la Francia, il parlamento europeo e moltissimi economisti e studiosi in tutto il mondo, stesse prendendo sul serio l’ipotesi di tassare le attività speculative, si è dovuto rapidamente ricredere.
Nella versione della manovra finanziaria trasmessa al Quirinale e al parlamento questa idea è sparita, mentre il governo ha proposto di aumentare l’imposta di bollo sulla custodia titoli da 34,2 euro a 120 euro l’anno. In pratica, questa è l’imposta che deve pagare ogni risparmiatore che decida di acquistare titoli di Stato, azioni o obbligazioni.
Questo significa che un piccolo risparmiatore che ha 10.000 euro in Bot con un rendimento del 2,5%, ovvero 250 euro l’anno, dovrebbe pagarne 120 di imposta di bollo. Una situazione chiaramente inaccettabile. Ben diverso il caso di uno speculatore che muove capitali di altri ordini di grandezza e per il quale poche centinaia di euro l’anno sono irrilevanti. Parliamo quindi di un’imposta incredibilmente regressiva, che toglie ai cittadini che hanno già pagato molto caro per una crisi di cui non hanno alcuna responsabilità, per lasciare mano libera e premiare gli speculatori che ne sono responsabili.
E questo non è ancora nulla. Dove andranno a finire i risparmi dei cittadini costretti a disfarsi di Bot e Cct? La destinazione principale sembra essere quella delle grandi banche che fanno a gara per la campagna pubblicitaria più aggressiva nel promettere rendimenti miracolosi ai loro clienti. Parliamo quindi di un ulteriore spostamento delle ricchezze dal pubblico al privato, e in particolare dai titoli di stato al sistema bancario.
Non tutto il sistema bancario, però. A rimetterci potrebbero essere la finanza etica e cooperativa, che fondano la propria forza su una base sociale di piccoli azionisti. Nel momento in cui l’imposta di bollo sulla custodia titoli arriva a 120 euro l’anno, diventa proibitivo mantenere poche azioni di una banca in un’ottica di partecipazione e condivisione alla vita sociale. Banca Etica, forte di una base sociale di oltre 35.000 soci, ha già manifestato tutta la propria preoccupazione in tale senso.2 Si penalizza chi vede la finanza come uno strumento al servizio del bene comune, dell’economia e dell’insieme della società e si premiano i maggiori gruppi bancari e gli speculatori che inseguono il massimo profitto nel minore tempo possibile.
Se la situazione sembra paradossale, manca ancora l’aspetto più interessante. Ovviamente un cittadino che ha poche migliaia di euro di risparmi non ha nessun peso sui mercati finanziari. Milioni di italiani che dovessero tutti insieme essere costretti a vendere i loro titoli di stato avrebbero al contrario un impatto enorme, considerato che una parte sostanziale del debito pubblico italiano è detenuta dagli stessi cittadini.
Nei prossimi mesi lo stato dovrà emettere un quantitativo rilevante di nuovi titoli in sostituzione di altri che stanno andando in scadenza. Chi li acquista, però, se l’enorme bacino di utenza dei piccoli risparmiatori, il “popolo dei Bot” è impossibilitato a farlo? Una situazione che potrebbe mettere in enorme difficoltà lo stato italiano, già oggi a rischio di attacchi speculativi e osservato speciale tanto dai mercati quanto dalle autorità europee e internazionali che hanno imposto i piani di austerità alla Grecia.
Il crollo in borsa dello scorso venerdì 8 luglio potrebbe essere solo un piccolo anticipo di cosa potrebbe accadere se si costringono milioni di piccoli risparmiatori italiani a vendere i loro titoli di stato. Le possibili difficoltà italiane, unite all’incertezza politica attuale, fanno il gioco dei grandi speculatori e dei grandi attori finanziari che traggono vantaggio proprio dalle situazioni di difficoltà e dall’aumento della volatilità.
La politica dovrebbe dedicare tutto il suo impegno a contrastare e limitare la finanza speculativa e a porre dei freni alla finanza-casinò. Una tassa sulle transazioni finanziarie e contro la speculazione andrebbe in questa direzione. Il nostro governo si muove in maniera diametralmente opposta, attaccando i piccoli risparmiatori e la finanza etica e cooperativa per favorire speculatori e grandi capitali. Se, come ha spesso dichiarato il nostro ministro dell’Economia Tremonti, “la speculazione è la peste del secolo”, abbiamo una buona notizia per lui. Abbiamo trovato l’untore.
1Per maggiori informazioni sulla tassa sulle transazioni finanziarie: www.zerozerocinque.it 2Banca Etica contro l’aumento del bollo sul deposito titoli: www.bancaetica.com(articolo pubblicato anche sul manifesto del 12 luglio 2011)