Accuse, attacchi, ma poi timide aperture. Il dialogo sul nuovo governo tra Pd e M5S fatica a decollare. Ma potrebbe diventare una strada obbligata
“Sei un uomo morto che parla!” – disse Beppe Grillo a Pierluigi Bersani quando questi chiese al suo M5S di appoggiare una piattaforma legislativa che includeva alcune fra le iniziative favorite da Grillo. È vero che Bersani è una figura lugubre e funerea, e priva di carisma. Bersani ora chiede rispetto, ma dopo aver chiamato Grillo “un fascista del Web”, che è molto peggio e del tutto ingiustificato. Il Movimento a 5 Stelle si distingue proprio per essere non-fascista, non-razzista, e nemmeno smaccatamente di destra. Mentre Bersani è stato totalmente incoerente: ha criticato Mario Monti, ma dopo avere avallato le sue disastrose politiche recessionistiche per oltre quattordici mesi; e un nuovo governo PD-Monti con a capo Bersani era pronto e veniva impedito soltanto dalla disfatta elettorale di Monti.
Il problema è che Beppe Grillo sta trattando i suoi nuovi, giovani e puliti 54 Senatori and 109 Onorevoli deputati (o meglio “cittadini”, come lui vuole che siano chiamati, rifiutando i titoli tradizionali), precisamente come degli Zombi. La settimana scorsa Grillo diceva: “Non daremo la fiducia a nessun governo, tantomeno un governo PD-PDL: voteremo legge per legge, secondo il nostro programma”. Il che è patentemente sciocco: i 163 parlamentari del M5S non avranno alcuna opportunità di votare legge per legge, a meno che non ci sia un governo in carica che ottenga e mantenga un voto di fiducia in Camera e Senato. I 163 cittadini sono stati trasformati da Grillo in Uomini Morti che NON parlano.
Congelati, zittiti, in ibernazione, pronti a venire risuscitati solo per lasciare i rispettivi scranni quando il Parlamento presto sarà disciolto. Una fine piuttosto ingloriosa per un tale straordinario successo rivoluzionario. E quando arriveremo alle nuove elezioni i votanti che il 24-25 febbraio hanno concentrato i loro voti di protesta su Beppe Grillo, accorgendosi che Grillo avrà totalmente sprecato i loro voti, saranno talmente frustrati dal questo spreco che ritorneranno ai partiti tradizionali: probabilmente al PdL, che potrà drenare anche parte dell’elettorato di Monti – a meno che nel frattempo i magistrati non mandino Berlusconi in galera.
Lunedì 4 marzo Vito Crimi, eletto Capogruppo del Movimento al Senato, escludeva un governo politico ma sembrava avere aperto ad un esecutivo tecnico di minoranza, con appoggio esterno; un simile atteggiamento veniva attribuito a Gianroberto Casaleggio, co-fondatore del Movimento, e lo stesso Grillo (Il Corriere della Sera, martedì 5 marzo). Ma successivamente la parziale smentita di Crimi era seguìta dalla ferma presa di posizione di Grillo, escludendo il supporto M5S a qualsiasi governo.Grillo ha mille ragioni quando dichiara che “Non esistono governi tecnici in natura, ma soltanto governi politici sostenuti da maggioranze parlamentari”, e che “il governo di Monti è stato il governo più politico del dopoguerra”. Ma tradisce spettacolarmente i suoi elettori quando rifiuta la fiducia sia ad un tale governo tecnico-politico sia ad un governo apertamente politico, abdicando alla possibilità di cambiare in meglio almeno alcuni degli aspetti più scandalosi e pericolosi della vita politica, economica e sociale dell’Italia. D’altra parte la richiesta di Grillo, di formare un governo da solo con il supporto di PD e PDL, è altrettanto improponibile quanto l’offerta di Bersani a Grillo di un governo PD con il supporto M5S su otto punti generici e vaghi che in qualche modo sono condivisi dal programma di Grillo. Ci vuole invece una effettiva condivisione del potere, con un preciso accordo ad esempio sulla divisione dei Ministeri, non un supporto non specificato e non accompagnato da responsabilità e controlli su politiche presunte comuni (quante di queste politiche, fino a che punto, accompagnate da cos’altro???). Certo, a Grillo farebbe comodo un “Governissimo” PD-PdL, che non durerebbe a lungo e farebbe perdere al PD almeno la metà del suo elettorato recente (come è successo alla sinistra in Grecia e in Spagna). D’Alema sarebbe disposto a pagare questo prezzo elevato, perché questo è l’unico governo che gli darebbe un alto incarico. Napolitano e Veltroni lo sosterrebbero, preoccupati della stabilità dell’Italia e del suo posto in Europa, ma è implausibile (per fortuna) che Bersani e i suoi amici siano disposti a cadere in questa trappola suicida. Ciononostante, ci sono tre pur deboli prospettive di una via d’uscita da questa crisi costituzionale senza precedenti. In primo luogo, le iniziative a favore dell’appoggio esterno a un governo di minoranza (tecnico-politico ossia non-partitico, o strettamente politico), a torto o a ragione attribuite a varie personalità del Movimento, non sono voci isolate. Venerdì scorso Dario Fo – il candidato di Grillo alla successione di Napolitano, anche se non disponibile – diceva che c’è la possibilità di un accordo con il PD se il leader fosse una persona diversa da Bersani (Matteo Renzi? Fabrizio Barca? Dario Fo non lo diceva). Nello stesso giorno Massimo D’Alema diceva che, se Grillo avesse chiesto questa condizione, avrebbe dovuto essere immediatamente accettata.In secondo luogo, i 163 parlamentari trattati da Grillo come Zombi non lo sono affatto. Essi sono diversi e impegnati, e personalità di spicco stanno già emergendo all’interno del gruppo. Non c’è bisogno che si rivoltino apertamente, basta che ignorino i tentativi di fargli obbedire gli ordini del Capo. Una volta che abbiano preso gusto alla vita parlamentare romana, preferiranno restare a Roma che ritornare nelle province.Infine, Beppe Grillo potrebbe prima o poi rendersi conto che respingere l’opportunità di cambiare finalmente almeno alcuni dei fondamentali malanni della vita politica italiana potrebbe compromettere il suo monopolio attuale sul voto di protesta. I suoi sostenitori, frustrati dal suo spreco dei loro voti, non lo ri-voteranno. Semplicemente non gli sarà data una seconda chance di cambiare l’Italia.