Con una piattaforma rivendicativa di forti aumenti salariali, il sindacato Uaw di Shawn Fain per la prima volta in 88 anni ha indetto un’agitazione contro tutte e tre le Big Three di Detroit: General Motors, Ford e Chrysler-Stellantis. Sul palco Bernie Sanders ha apostrofato le aziende come «avide e arroganti».
È cominciato alla mezzanotte di giovedì 14 settembre lo sciopero nelle tre grandi aziende automobilistiche statunitensi – General Motors, Ford e Chrysler (parte di Stellantis) – promosso dallo United Auto Workers (UAW), il sindacato più forte del settore. È la prima volta nella storia che uno sciopero colpisce in contemporanea le ‘big three’.
La protesta è legata alla trattativa per il rinnovo del contratto. Il sindacato, guidato da Shawn Fain – un ex elettricista, eletto soli pochi mesi fa con un’agenda più radicale dei predecessori – ha presentato una piattaforma rivendicativa molto ambiziosa: aumento del 20% subito e del 5% all’anno da qui al 2027, reintroduzione delle clausole anti-inflazione, miglioramento delle condizione salariale e lavorativa per i lavoratori assunti nell’ultimo decennio con contratti peggiorativi rispetto ai colleghi più anziani, stabilizzazione degli interinali. UAW ha citato il calo dei salari reali e l’aumento significativo dei profitti delle aziende negli ultimi anni, che si è tradotto in sostanziosi incrementi di stipendio per i loro CEO, in media del 40%, la stessa cifra richiesta dal sindacato. Le aziende hanno risposto con proposte di aumenti fra il 18 e il 20% cento, finora rifiutate da UAW. Alle proteste delle aziende sul fatto che gli aumenti proposti dal sindacato le metterebbero fuori mercato, Fain ha risposto che il peso dei salari sul costo totale di un’auto prodotta in USA sia solo il 5%.
Al momento, UAW ha adottato una strategia di sciopero che ha denominato ‘Stand Up’. Sono stati chiamati a scioperare solo i lavoratori in tre stabilimenti – uno per ciascuna azienda – negli stati del Michigan (Ford), Ohio (Stellantis) e Missouri (General Motors). In questo modo, il sindacato è in grado di sostenere gli scioperanti, che riceveranno circa 500 dollari a settimana, senza intaccare in maniera significativa il suo fondo per gli scioperi da 850 milioni. Al contempo, dato che la catena di produzione di auto è frammentata, il blocco di una sola fabbrica può provocare danni ingenti alle aziende. Fain si è inoltre riservato di aumentare progressivamente la pressione se le imprese dovessero continuare nella loro linea dura, non escludendo anche il ricorso ad uno sciopero totale dei suoi 146.000 iscritti nelle tre aziende. Intanto ha convocato un corteo a Detroit – storica capitale dell’auto – per venerdì 15 settembre, a cui ha preso parte anche Bernie Sanders.
Sullo sfondo dello sciopero del settore auto, che corona un anno di ripresa dei conflitti del lavoro negli Stati Uniti, ci sono le elezioni dell’autunno 2024. Joe Biden ha dichiarato di sperare ‘in un giusto contratto’ per i lavoratori dell’auto. Uno degli stati chiave nell’elezione di Biden nel 2020 è stato proprio il Michigan, dove vinse con margine limitato. Nella piattaforma rivendicativa del sindacato c’è anche l’aumento dei salari per i lavoratori nella filiera della produzione di auto elettriche da parte delle ‘big three’, al momento non coperta dal contratto collettivo perché prodotte da ‘joint venture’ create appositamente. E proprio sugli incentivi alla produzione di veicoli elettrici negli USA Biden ha puntato molto nella sua agenda economica. Il modo in cui si risolverà lo sciopero potrebbe dunque avere ripercussioni rilevanti non solo sul fronte sindacale ma anche su quello politico.