Il ministro dice che la speculazione finanziaria è la peste, ma poi sta con gli untori. La lettera a Tremonti della Campagna 0,05 sulla Ttf
Il nostro ministro dell’Economia non potrebbe essere più esplicito: la speculazione finanziaria è la peste del ventunesimo secolo. Tutti d’accordo, ma come contrastare in pratica tale flagello?
Lo scorso 8 marzo il parlamento europeo ha approvato in plenaria una risoluzione che chiede di adottare una tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf) “senza ulteriori ritardi” nella sola Europa, qualora non ci fosse il consenso internazionale. Una proposta in grado di frenare la speculazione senza impatti negativi su investimenti e risparmio e capace di generare un gettito di grandi dimensioni in un momento di difficoltà per i conti pubblici. In calce a questo articolo potete leggere la lettera inviata al ministro Tremonti (*).
Al di là della Ttf, una seconda notizia riguarda proprio misure per bloccare le speculazioni sul debito pubblico, quelle che hanno massacrato Grecia e Irlanda e che potrebbero volgere le loro mire sul nostro paese. Secondo un articolo del Financial Times dello scorso 10 marzo, diversi governi europei hanno chiesto di bloccare la vendita allo scoperto dei Credit Default Swaps o Cds. Anche in questo caso, la posizione ricalca un voto del parlamento europeo che andava nella stessa direzione. Anche in questo caso, l’articolo sostiene che l’Italia è tra i ppaesi che “si oppongono fortemente” a una messa al bando permanente di queste operazioni.
I Cds sono contratti finanziari derivati per alcuni versi analoghi a un’assicurazione contro un fallimento. Compro un Cds e, nel caso di default dell’impresa o del Paese corrispondente, ottengo un rimborso da chi me lo ha venduto. Rispetto alle assicurazioni c’è però una differenza fondamentale. Nella vita reale non posso assicurarmi contro la possibilità che la casa del vicino vada a fuoco. Il motivo è evidente: se qualcuno appiccasse un incendio io avrei tutto da guadagnarci. Nella finanza tale limite non esiste: posso assicurarmi contro il fallimento di un’impresa nella quale non ho nessun interesse. È così che gli speculatori possono scommettere al ribasso. Compro un Cds sul fallimento di una qualunque impresa. Se l’impresa inizia a andare male salgono le probabilità di default, e di conseguenza costa più caro assicurarsi contro un suo fallimento. Ecco che il mio Cds aumenta di valore, permettendomi di rivenderlo e di guadagnare dalle difficoltà altrui. È proprio questa “vendita allo scoperto” dei Cds che il parlamento e molti paesi europei, ma non l’Italia, vogliono oggi proibire.
Solo una dozzina di anni fa i Cds non esistevano, oggi il loro valore è dello stesso ordine di grandezza del Pil del pianeta. Scommesse sul fatto che i mutuatari subprime negli Usa non fossero in grado di rimborsare i loro debiti sono uno delle cause della trasformazione della crisi immobiliare americana nel tracollo finanziario globale. Scommesse sulle difficoltà della Grecia prima e dell’Irlanda poi hanno contribuito in maniera determinante alle enormi difficoltà economiche e finanziarie dei due Paesi. L’Italia, in ragione del suo gigantesco debito pubblico, potrebbe essere la prossima preda di questi speculatori senza scrupoli.
La posizione italiana appare quindi pesantemente incongruente. Avremmo tutto da guadagnare dall’introduzione di regole efficaci per contrastare la speculazione. Alcune di queste misure non solo esistono e sono tecnicamente fattibili, ma sono portate avanti con grande determinazione dal parlamento europeo e da molti governi dell’Ue.
E noi? Non solo il nostro paese non è in prima fila a fare la sua parte, contribuendo a riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell’economia e dell’insieme della società, e non un fine in se stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Al contrario l’Italia sembra oggi remare contro l’introduzione di queste regole. Cosa abbiamo da guadagnare nel lasciare mano libera agli squali della finanza? Se la speculazione è la “peste del secolo”, come primo passo ci aspettiamo che il nostro esecutivo non sia uno degli untori che si aggira per l’Europa.
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Egregio Ministro,
al vertice dei leader dei Paesi dell’Unione europea dello scorso 11 marzo, Germania e Francia hanno nuovamente chiesto l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie – Ttf in Europa. Una proposta in grado di frenare la speculazione senza impatti negativi su investimenti e risparmio e capace di generare un gettito di grandi dimensioni in un momento di difficoltà per i conti pubblici.
Lei ha definito diverse volte la speculazione come “la peste del secolo” e dichiarato che occorre muoversi con forza e decisione per contrastare i movimenti speculativi. Gli effetti distorsivi che la speculazione provoca, si stanno drammaticamente verificando anche in relazione all’attuale crisi giapponese. La Ttf è uno degli strumenti di maggiore efficacia e nello stesso tempo di più semplice applicazione in grado di contrastare comportamenti eticamente inaccettabili. A sostenerlo sono una molteplicità di studi, articoli e pareri, compresi quelli di diversi premi Nobel per l’economia. Questi ed altri studi hanno anche chiarito la fattibilità e l’efficacia di una Ttf introdotta in un numero limitato di Paesi, e in particolare nell’UE o nella zona euro. (1)
Lo scorso 8 marzo il Parlamento europeo, in rappresentanza dei cittadini dell’intera Unione europea, ha approvato in plenaria una risoluzione che chiede di approvare la Ttf “senza ulteriori ritardi” anche su scala europea, se non ci fosse il consenso internazionale. (2)
A giugno del 2010 la Commissione Esteri del Parlamento italiano ha approvato tre risoluzioni, a firma tanto di esponenti della maggioranza quanto dell’opposizione, che impegnavano il governo a dare seguito alla Ttf e a lavorare con i Paesi favorevoli nella direzione di una sua introduzione. (3)
Un primo disegno di Legge per introdurre una Ttf è stato depositato alla Camera a settembre 2010, firmato da parlamentari sia della maggioranza sia dell’opposizione. La proposta prevede di introdurre la Ttf in Italia nel momento in cui si dovesse raggiungere un numero sufficiente di Paesi europei che approvano una misura analoga. (4)
I vantaggi della Ttf sarebbero con ogni probabilità ancora più evidenti in Italia rispetto agli altri Paesi europei. Nel nostro Paese l’ossatura del sistema produttivo è fondata sulle piccole e medie imprese. Chi esporta vedrebbe ridotto il rischio di speculazioni sulle valute; la quotazione del petrolio e delle materie prime sarebbe più stabile e prevedibile; diminuirebbero le possibilità di attacchi sui titoli di Stato, a tutela dei piccoli risparmiatori. Parliamo di una maggiore stabilità finanziaria, di minori rischi nell’export, di maggiore facilità nel reperire i capitali sui mercati finanziari, del miglioramento dei conti pubblici, con evidenti vantaggi per il debito pubblico e l’economia nazionale.
Al già menzionato vertice dei leader europei dell’11 marzo, a fronte della proposta avanzata da Germania e Francia, diversi Paesi si sono detti a favore, tra gli altri Austria, Belgio, Grecia, Spagna, Slovacchia, Portogallo. Governi con orientamenti politici diversi tra di loro ma concordi sulla necessità di intervenire subito per chiudere una “finanza casinò” che ha impatti devastanti per i cittadini e l’economia europee. A fronte di questo blocco di Paesi, a quanto ne sappiamo, l’unico governo ancora esplicitamente “scettico” è quello italiano.
Un recente sondaggio commissionato da Oxfam International e condotto in alcuni Paesi dell’Unione Europea dimostra che vi è un ampio sostegno dell’opinione pubblica verso l’introduzione di questa tassa. In Italia il 59% degli intervistati si è dichiarato favorevole e l’85% ritiene che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi economico-finanziaria. (5)
In considerazione di questa molteplicità di evidenze a favore della Ttf e del diffuso sostegno in Italia e in Europa per una sua introduzione in tempi radpidi, Le scriviamo quindi per chiederLe conto di quella che ci sembra una profonda incongruenza. L’Italia è pronta a fare la sua parte per arginare la speculazione? Il nostro governo vuole contribuire a riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell’economia e dell’insieme della società, e non un fine in se stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile? Alle dichiarazioni è possibile fare seguire decisioni e azioni coerenti contro la “peste del secolo”?
Certi di un Suo interesse e in attesa di una Sua risposta, Le inviamo i nostri migliori saluti,
Acli, ActionAid Italia, Adiconsum, Adiconsum Basilicata, Amref, Arci, Attac, Azione Cattolica, Banca Popolare Etica, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Cgil, CINI – Coordinamento Italiano Network Internazionali, CISP, Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare, Cisl, Cittadinanzattiva, Consorzio Città dell’Altra Economia, Consorzio Sociale Goel, CVX Italia, Daquialà, Economia Alternativa, Equociquà, Fa’ la cosa giusta, Fair, Fiba Cisl, FOCSIV – Volontari nel mondo, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Gcap – Coalizione Italiana Contro la Povertà, Legambiente, Lega Missionaria Studenti, Libertà e Giustizia, Lunaria, Microdanisma, Mani Tese, Mag Verona, Oxfam Italia, Reorient, Save the Children, Sbilanciamoci, Social Watch Italia, UIL, Un ponte per, Volontari Terzo Mondo – Magis, Wwf Italia
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