Intervista a Gregory Osovyi, segretario della confederazione sindacale ucraina Fpu in arresto ai domiciliari da circa un mese, è accusato di vendita di immobili ereditati dal sindacato dall’epoca sovietica e rivendicati. dallo Stato. Dice: “Il governo fa riforme semper più liberiste, i lavoratori hanno i salari più bassi d’Europa e i sindacati sono vessati e […]
Non teme l’accusa di complicità col nemico: su questo ha la coscienza pulita. E dunque la mette così, come nessuno si aspetterebbe in tempo di guerra: «Il motivo della mia detenzione è politico. Attraverso la mia criminalizzazione, attaccano i sindacati, che proteggono i diritti dei lavoratori». Gregory Osovyi, 76 anni, è il segretario generale dell’Fpu, la confederazione sindacale ucraina, forte di 3 milioni di iscritti. Dall’8 aprile si trova in arresto. Una notte l’ha passata in galera, poi il giudice gli ha concesso i domiciliari. Il 9 giugno una udienza dovrà decidere se rinnovare la misura cautelare.
È ACCUSATO, insieme ad altri 5 funzionari, di aver venduto alcuni immobili di proprietà dell’organizzazione, di cui però lo Stato rivendica la proprietà (i reati sono associazione a delinquere, appropriazione indebita e riciclaggio: in totale 12 anni di reclusione). Report – che andrà in onda il 15 giugno con un ampio servizio dedicato all’Ucraina – è riuscito a incontrare Gregory Osovyi a Kyiv il 17 maggio. È la prima volta dopo l’arresto che rilascia una intervista. Non a un media internazionale, ma in generale, perché nella tv unica Ucraina, nata dopo la legge marziale, «i sindacati non hanno voce», attacca il Osovyi.
La polizia ha fermato Osovyi alle 7 del mattino, mentre si trovava in albergo, poco prima di svolgere una riunione, a Lutsk, in Volinia. «Mi hanno sequestrato telefono e tablet, e trasferito in auto a Kiyv». Arrestato perché, sostengono le autorità, stava provando a scappare dall’Ucraina. «Ipotesi assurda – ribatte Osovyi – frequentavo ogni giorno il mio ufficio; al momento del fermo non avevo con me né passaporto né soldi sufficienti per espatriare». Unica possibilità per riacquistare la libertà, pagare la cauzione: «Il giudice l’ha fissata cento milioni di grivnie. Sono oltre due milioni di dollari, ho calcolato che sarebbe il mio stipendio di 200 anni. E con questo voglio mostrare quale pressione è stata esercitata su di me, per intimidirmi. E so bene a cosa mirano: vogliono creare un sindacato favorevole alle riforme della maggioranza».
QUALI RIFORME? Per capirlo bisogna tornare a prima della guerra. «Per anni avevamo avuto buoni rapporti con i governi, poi nel 2019 è cambiata la maggioranza e il presidente. Da allora l’esecutivo ha introdotto riforme contro i sindacati e i lavoratori. Ed è iniziato uno scontro duro». Il culmine arriva nel dicembre 2019, quando l’allora primo ministro Goncharuk presenta la legge 2708, chiamata semplicemente Sul lavoro. «Senza alcuna discussione con le parti sociali, in modo autoritario», dice Osovyi, la legge riscrive l’intero corpus giuslavoristico. O, per dirla con le sue parole, «abolisce il codice del lavoro, in contrasto con le convenzioni internazionali e il diritto all’associazione sindacale. Era una riforma sostenuta dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, che già allora lavoravano attivamente nel nostro Paese», accusa il segretario.
IL NUOVO CODICE prevede che il contratto individuale possa derogare quelli collettivi; liberalizza i licenziamenti e pone alti paletti alla presenza in azienda dei sindacati. L’Fpu scende in piazza: Cortei, sit in, scioperi davanti alla sede del Parlamento e della presidenza. La vertenza supera anche i confini nazionali. L’Ilo, organizzazione delle nazioni unite sui diritti dei lavoratori, critica la legge; poi, racconta Osovyi, «nel febbraio del 2021, il Segretario della Confederazione europea dei sindacati si reca in Ucraina, per convincere il governo che quel percorso era sbagliato».
Alla fine, vincono i sindacati. Il governo cade, la legge viene ritirata. È il momento più basso di popolarità per Zelensky, che in quell’epoca si presenta come moralizzatore, contro oligarchi e corruzione, ma in economia ha un taglio fortemente liberista. «Proprio perché avevamo vinto, la deputata Galina Tretyakova, rappresentante di Servitore del popolo e tra le promotrici delle legge appena ritirata, presenta una denuncia in cui accusa il sindacato di non avere un titolo legittimo per le sue proprietà», in gran parte ereditate dall’epoca sovietica, spiega Osovyi. «Da questo momento siamo finiti sotto la lente delle procure. Forze dell’ordine, Servizi segreti, polizia, ovunque c’erano indagini sulle proprietà del sindacato, con perquisizioni, sequestri, interrogatori». Sotto attacco finisce anche la sede centrale dell’Fpu, che si affaccia su piazza Maidan. L’edificio, durante la Rivoluzione della dignità del 2014, («sostenuta dai sindacati», ci tiene a precisare Osovyi), viene dato alle fiamme. «L’abbiamo ricostruita con fondi del sindacato, eppure il governo vorrebbe sequestrare anche questo immobile».
POI SCOPPIA LA GUERRA, e tutto peggiora. L’organismo istituzionale di concertazione, che si chiama in Ucraina Consiglio economico trilaterale, viene sospeso. «Io ne sarei vicepresidente, ma non si convoca dal 2022», spiega Osovyi. La legge marziale, inoltre, «impedisce lo svolgimento di scioperi e manifestazioni. In questo contesto la maggioranza ha presentato nuove leggi che, ancora una volta, propongono la riduzione degli standard sociali. E ancora una volta siamo diventati scomodi oppositori per il governo», accusa il segretario. «Quella del governo è una visione influenzata dal Fondo monetario internazionale e dal capitale globale che chiedono riforme liberiste, per attrarre investimenti in Ucraina. Noi non ci opponiamo agli investimenti, ma abbiamo i salari più bassi d’Europa, e chiediamo che le imprese straniere paghino i lavoratori ucraini con salari europei. Questo, evidentemente, non viene ben visto in Ucraina oggi. Ed è molto grave, perché secondo la Costituzione il mio è un Paese democratico».
Manuele Bonaccorsi è inviato di Report
L’articolo è stato pubblicato da il manifesto del 5 giugno 2025