Il grande freddo/Nei paesi che puntano sulla Green Economy aumenta la richiesta di occupazione qualificata e si riducono le disuguaglianze economiche. I risultati di una ricerca
La Green Economy rappresenta una componente importante delle strategie di rilancio economico promosse dalla Commissione Europea come risposta alla crisi economica (e occupazionale) che ha caratterizzato le economie europee nell’ultimo decennio. Ne sono testimonianza le ingenti risorse finanziarie dedicate ai numerosi programmi della Commissione volti a garantire il processo di transizione da un’economia basata su uso intensivo delle risorse naturali, in particolare delle fonti energetiche fossili come il carbone e il petrolio, a un’economia più “pulita”, caratterizzata da uno sfruttamento più efficiente delle risorse, dallo sviluppo di nuove tecnologie con minore impatto ambientale, dall’aumento della resilienza degli ecosistemi tramite strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Tali strategie ‘ambientali’ sono fortemente integrate con strategie volte alla promozione della crescita economica e al miglioramento dell’equità sociale. Il documento fondamentale a tal riguardo è il programma strategico Europa 2020, approvato dalla Commissione nel 2010 per la promozione di una crescita economica intelligente, solidale e sostenibile, a cui hanno seguito azioni più concrete quali, ad esempio, il pacchetto riguardante la Circular Economy proposto nel 2014 (e attualmente in fase di revisione) o l’Eco-Innovation Action Plan del 2011 finalizzato al sostegno dello sviluppo e diffusione di innovazioni ambientali.
Il tema della creazione e distruzione della forza lavoro a seguito di rapidi sviluppi tecnologici e cambiamenti strutturali dell’economia è stato ampliamente dibattuto dagli addetti ai lavori, dando vita ad una ricco e variegato dibattito. In particolare, si è osservato come l’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e la loro diffusione capillare avvenuta negli ultimi decenni abbiano favorito un processo di polarizzazione della forza lavoro. A fronte di una maggiore domanda di occupati in occupazioni che richiedono competenze elevate (ingegneri, scienziati, manager) o competenze ridotte (occupazioni nei servizi) si è osservata una forte riduzione della domanda di occupati in occupazioni intermedie (impiegati e operai, caratterizzati da mansioni relativamente più routinarie). Tale configurazione ha portato ad un aumento delle disuguaglianze salariali tra le varie categorie di lavoratori. L’eventualità che la Green Economy rafforzi tale processo di polarizzazione rischia di creare conflitti tra l’obiettivo di una crescita ‘sostenibile’ e l’obiettivo di una crescita ‘solidale’ e inclusiva.
Ad oggi un numero limitato di studi economici ha affrontato sistematicamente la questione della creazione di occupazione e della composizione della forza lavoro in economie soggette a “transizione verde”. Uno degli ostacoli allo sviluppo di tale tipologia di analisi è rappresentato dalla difficoltà di identificare i ‘settori verdi’ oltre che i ‘lavoratori verdi’, cioè lavoratori che contribuiscono, più o meno direttamente, alla transizione verso una Green Economy. A questo proposito, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) suggerisce che le nuove occupazione create dalla Green Economy debbano rispettare specifici criteri tali da renderli ‘decenti’ (in termini di remunerazione, valorizzazione delle competenze e sicurezza sul lavoro) oltre che rilevanti per il miglioramento dell’ambiente. Una volta identificata la creazione di nuova forza lavoro verde, una seconda questione riguarda la valutazione dei soggetti vincenti e perdenti come conseguenza di tale transizione. Come evidenziato dall’ILO, quest’aspetto è importante non solo dal punto di vista numerico o dei settori in cui tali posti di lavoro sono creati e distrutti, ma anche nella dimensione qualitativa delle mansioni svolte dai nuovi lavoratori. Tale aspetto, spesso sottovalutato, può dar luogo a elevati costi di aggiustamento dovuti al disallineamento tra competenze richieste dalle attività produttive e competenze offerte dai lavoratori.
Una nostra recente analisi del caso Europeo mette in evidenza come esista una relazione positiva tra la crescita della capacità innovativa di un paese per quanto riguarda le tecnologie ambientali e la domanda di occupati con competenze elevate. Inoltre, un’analisi più approfondita dei settori produttivi europei, ha messo in luce come tale maggiore domanda di occupati con competenze elevate vada a sostituire generalmente forza lavoro con competenze di minor rilievo e non abbia invece influenza sugli occupati con competenze di livello intermedio. In questo senso e stando alle evidenze sinora raccolte, la ‘rivoluzione industriale verde’ non pare condurre a una polarizzazione della forza lavoro. Al contrario, se accompagnata da politiche volte ad aumentare le competenze della forza lavoro e la valorizzazione delle competenze esistenti, la Green Economy potrebbe condurre verso percorsi di crescita virtuosi in cui non solo il livello d’impatto ambientale sarebbe ridotto, ma i nuovi posti di lavoro rispetterebbero standard qualitativi più elevati, con un guadagno netto in termini di riduzione delle disuguaglianze.