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Putin e gli europei uniti nel paradosso

Gli Usa erano stati avvertiti da George Kennan, artefice della politica di contenimento dell’Urss, nel ’97: «L’espansione della Nato è l’errore più grave degli Usa dalla fine della guerra fredda. Spingerà la politica russa in direzione contraria a quella che vogliamo». Da il manifesto.

Anche quando è diventata indipendente nel 1991, l’Ucraina era rimasta assente fino al 2014 dall’immaginario europeo. Un’Europa non totalmente Europa. A Putin, riconoscendo le repubbliche del Donbass, è riuscita un’operazione magistrale: farne una nazione “martire”, nonostante le componenti fasciste e neo-naziste.
Un Paese dai dubbi contenuti democratici, con governi manovrati dagli oligarchi e un’amministrazione corrotta, oggi è il simbolo della nuova frontiera europea.
Una nazione che si distingue per avere sulla coscienza un milione e mezzo di ebrei sterminati con i nazisti durante la seconda guerra mondiale e che non ha mai neppure processato un criminale di guerra. Eppure questa è la nuova Europa, dove sul calendario è stato strappato il giorno della Memoria e cancellata la secolare lingua russa tra gli idiomi ufficiali.

NON È UNA BELLA EUROPA, anzi è assai minimale nei princìpi e nei valori che però Putin con le sue decisioni ha reso accettabile e da difendere, negandone nel suo discorso l’esistenza come nazione sovrana. Se l’è presa, come rilevava ieriTommaso Di Francesco, persino con Lenin, senza accorgersi che il risveglio dell’Ucraina non l’aveva inventato lui ma esisteva già da tempo nella storia e nel mito.

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