L’Italia non è abbastanza attraente per i ricercatori di altri paesi e non riesce a trattenere molti di quelli che forma nelle proprie istituzioni. Possibili rimedi. Da neodemos.
Conoscenza, ricerca e scienza sono essenziali per lo sviluppo della società. L’Italia ha una debolezza cui deve porre rimedio: non è abbastanza attraente per i ricercatori di altri paesi e non riesce a trattenere molti di quelli che forma nelle proprie istituzioni. Negli ultimi dieci anni i flussi netti in uscita hanno avuto un’accelerazione, e la mobilità di breve periodo si è spesso trasformata in permanente. Sulla base dei dati Istat sulla sede di lavoro di chi ha ottenuto il dottorato di ricerca, si può stimare che nel periodo 2008-2019 circa 14 mila ricercatori, residenti in Italia prima dell’inizio del dottorato, si siano trasferiti all’estero (MPRA – L’emigrazione dei ricercatori italiani). Pochi sono, invece, gli stranieri con un dottorato che si sono trasferiti in Italia e operano nel settore della ricerca. La percentuale dei PhD italiani che risiede e lavora all’estero è passata dal 6% di chi ha ottenuto il PhD nel 2010 al 13% della coorte del 2018 (ISTAT – L’inserimento professionale dei dottori di ricerca). Si è determinato così un crescente saldo negativo nella mobilità dei talenti, che indebolisce il nostro paese nei confronti di altri paesi con analogo grado di sviluppo.