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Prima le persone: Covid e riduzione delle disuguaglianze

L’Italia che vogliamo/Una serie di proposte concrete per ridurre le disuguaglianze socio-economiche inasprite dalla crisi Covid-19, a partire da alcuni ambiti cruciali: scuola, famiglie e reddito, affitti, sicurezza sul lavoro. Con la consapevolezza che oggi più che mai è necessario un progetto di cambiamento sistemico.

Alcuni giorni fa Sbilanciamoci! ha lanciato un appello per ricostruire il Paese dopo l’epidemia, 10 punti per un’Italia in salute, giusta e sostenibile. Tra questi, le riflessioni che affrontano la riduzione delle disuguaglianze economiche, sociali e di genere ci appaiono più che mai urgenti. Non solo, su questi punti è possibile e necessario agire subito, anche nel breve periodo, per evitare il soffocamento di intere fasce di popolazione fortemente vulnerabili. È per questo che abbiamo deciso di avanzare alcune proposte, che rappresenterebbero un timido primo passo verso un più ampio progetto di cambiamento sistemico, descritto nell’appello di Sbilanciamoci!.

Viviamo un tempo di grave crisi. La pandemia generata dal virus Covid-19 ha messo in ginocchio il mondo intero e l’Italia, tra le nazioni più colpite dalla pandemia, arranca. Dal 12 marzo[1] l’Italia intera è in lockdown, non è permesso uscire di casa se non per spostamenti essenziali. L’economia è ferma[2]. Queste decisioni, seppur necessarie, creano ulteriori tensioni sul piano economico e sociale, mettendo sotto stress un paese che non è mai riuscito a riprendersi completamente dalla crisi finanziaria del 2008 prima, e dalla crisi dei titoli sovrani del 2010 poi. In un simile contesto, la crescita delle disuguaglianze, peggiorata da settimane di lockdown, rappresenta un fenomeno preoccupante.

Da ricercatori condividiamo i passi del governo volti al sostegno di imprese e lavoratori: bene il DL Liquidità[3] che stanzia 200 miliardi di garanzia sui prestiti delle imprese, e ancora meglio il DL Cura Italia che mette a disposizione 600€ per imprenditori autonomi e partite IVA. Tuttavia, crediamo che tra le proposte attuali si parli ancora troppo poco di disuguaglianze. Risulta infatti cruciale identificare le categorie più colpite dalla crisi Covid-19 e assicurare a queste tutti gli aiuti necessari per una rapida ed efficace ripartenza, quando la pandemia sarà finita. Colmare le disuguaglianze createsi a scapito delle categorie più vulnerabili non è solo giusto per uno stato di diritto, ma è anche l’unica strada per garantire una ripresa effettiva dell’economia.

Le proposte che avanziamo crediamo vadano nella direzione di ridurre il divario socio-economico che si sta allargando. Sono proposte concrete, non certamente esaustive, ma fortemente indirizzate alla riduzione delle disuguaglianze anche nel lungo periodo. In questa prospettiva, ci siamo pertanto concentrati su quattro categorie di intervento: Scuola, Famiglie, Affitti, Lavoro.

Scuola

Scuole e studenti sono tra le prime vittime della crisi Covid-19. Se le università sono riuscite a barcamenarsi tra lezioni online e modalità di esame alternative, scuole elementari, medie, licei e istituti tecnici si sono trovati molto spesso impreparati davanti alla sospensione della didattica frontale. La rilevazione di test standardizzati come PISA o Invalsi dipinge un quadro assai preoccupante, che si aggrava ancora di più quando si prende in considerazione il divario Nord-Sud nella performance scolastica. Il passaggio alla didattica digitale, infatti, mette in luce disuguaglianze di opportunità tra alunni, spesso presenti già in precedenza ma che rimanevano sopite. I dati ISTAT, infatti, rivelano che il 14.3% delle famiglie con almeno un minore non ha un computer o un tablet a casa. Questa percentuale aumenta quando ci spostiamo nel Mezzogiorno, dove raggiunge il 21.4%[4]. Inoltre, il 30% dei bambini vive in abitazioni che sono definite dall’ISTAT come sovraffollate, fattore che potrebbe rendere più difficile seguire le lezioni. Se durante le ore di lezione la scuola riusciva a ridurre i gap socio-economici di partenza, inserendo tutti gli studenti in uno stesso contesto, c’è il rischio che ciò non accada con le lezioni a distanza, in cui la famiglia torna ad avere un ruolo predominante soprattutto per gli studenti delle scuole elementari.

Con il decreto-legge del 27 marzo 2020, il governo ha stanziato un totale di 85 milioni per il potenziamento della didattica a distanza, 70 sono stati destinati agli studenti meno abbienti per l’acquisto di dispositivi digitali nonché connettività di rete. Tuttavia, si pensa troppo poco a come gli studenti affronteranno queste modalità di insegnamento: il dibattito pubblico su questi temi si è concentrato soprattutto sulle scuole superiori in cui i ragazzi sono maggiormente autonomi. Eppure, sono proprio l’infanzia e la pre-adolescenza le fasi di crescita più delicate per lo sviluppo delle capacità cognitive e sociali dell’essere umano.

Inoltre, come fatto notare alcuni giorni fa da Andrea Gavosto[5], la didattica a distanza mette sotto stress anche le famiglie con ragazzi che hanno particolari esigenze nell’apprendimento, pensiamo a bambini con disturbi da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), disturbi dell’apprendimento, o anche con disabilità uditiva o visiva. Come dovrebbero genitori o baby-sitter (per chi può permetterselo), senza specifiche competenze, sopperire alle funzioni di maestri, professori, e insegnanti di sostegno, con anni di esperienza di didattica per ragazzi con tali difficoltà?

In aggiunta, se è vero che il decreto-legge 22 dell’8 aprile 2020[6] disciplina modalità di valutazione e conclusione dell’anno scolastico nel caso questo non dovesse riprendere entro il 18 maggio, è altresì vero che scarseggiano linee guida, omogenee e concrete, su come implementare i corsi che si svolgono tuttora.

Chiediamo quindi (i) un’accelerazione delle tempistiche rispetto a quelle proposte dal decreto ministeriale, con un report sull’efficacia della misura redatto entro un mese per avere la possibilità di rimodellare eventuali inefficienze. Chiediamo che l’attuazione delle misure sia tempestiva e semplice. Inoltre, (ii) riteniamo indispensabile l’omogeneità dei prodotti e dei servizi offerti tra regioni e scuole, onde evitare un’ulteriore accentuazione delle disuguaglianze con la creazione di scuole di serie A e di serie B, ad esempio attraverso bandi di gara regionali. Infine, a maggiore tutela dei bambini, (iii) proponiamo l’installazione di software di “controllo parentale” rimodulabile dalle famiglie secondo le loro esigenze, per garantire che i dispositivi rimangano uno strumento per accedere a conoscenza e informazione. (iv) Infine, chiediamo che vengano immediatamente definite linee guida omogenee per l’organizzazione di una didattica a distanza efficace per scuole elementari e medie e che preveda il dovuto sostegno ai ragazzi provenienti da famiglie con background socio-economici svantaggiati e agli studenti con varie difficoltà di apprendimento.

Famiglie e Reddito di quarantena

Secondo uno studio ISTAT[7] in Italia sono 1.8 milioni le famiglie in povertà assoluta, per un totale di 5 milioni di persone, di cui circa la metà vivono in case in affitto. Queste famiglie hanno, mediamente, spese per meno di 1300 euro mensili se composte da 2 adulti ed un minorenne, e poco più di 1000 euro se composte da un solo genitore adulto con un minorenne[8]. I numeri crescono vertiginosamente se si tiene conto del rischio di finire in povertà assoluta e relativa. L’ISTAT stima infatti che siano 12 milioni gli adulti (per più di 5 milioni di famiglie) a rischio di povertà, cioè con un reddito netto inferiore a 842 euro al mese (dunque inferiore a 10mila euro l’anno).

Siamo quindi convinti che questa sia la categoria più fragile del nostro paese, persone quasi certamente senza risparmi e quindi più vulnerabili allo shock di reddito conseguente dalla crisi Covid-19. Sebbene grazie al decreto Cura Italia circa 3 milioni e mezzo di lavoratori autonomi abbiano ricevuto o riceveranno un sussidio da 600 euro[9], sono più di 4 milioni le famiglie a rischio povertà la cui fonte principale di reddito non è il lavoro autonomo[10] e di conseguenza escluse da questa misura. Purtroppo, anche considerando i percettori di Reddito e Pensione di cittadinanza (1 milione e 300 mila persone[11]) e i beneficiari della cassa integrazione (circa 4 milioni di persone[12]), sarebbero almeno 3 milioni gli adulti a rischio povertà completamente escluse dalle attuali misure a sostegno del reddito.

Per queste persone chiediamo che (i) venga immediatamente istituito un reddito di quarantena. In linea con quanto proposto da Forum Disuguaglianze Diversità ed ASVIS[13] si tratterebbe di un’estensione dell’attuale reddito di cittadinanza a tutti quelli che versano in condizioni di temporanea difficoltà economica. La misura dovrebbe essere temporanea, limitata a questo periodo di crisi, e non dovrebbe considerare eventuali passate esperienze di lavoro irregolare. Sebbene pensiamo che da alcune misure possano essere esclusi i lavoratori in nero, in questo caso specifico non possiamo lasciare intere famiglie o singoli cittadini senza il reddito necessario per il proprio sostentamento. Pertanto, chiediamo che vengano subito stanziati almeno 9 miliardi di euro per garantire a queste famiglie un reddito di 700 euro al mese a persona per i prossimi due mesi. Solo così potremmo avere la certezza che nessuno sia davvero lasciato indietro e che a tutti venga garantito il minimo indispensabile per poter provvedere ai bisogni essenziali.

Affitti

Se da un lato bisogna tutelare le imprese garantendo liquidità e dilazioni nel pagamento dei contributi, dall’altro è essenziale tutelare i cittadini, in particolare quelli appartenenti a gruppi più svantaggiati. Rimanere a casa presuppone avere una casa e – sebbene il 70% delle famiglie italiane viva in un’abitazione di proprietà[14] – sono circa 8 milioni le famiglie affittuarie. Inoltre, i dati Eurostat mostrano che oltre 3 milioni e mezzo di persone a rischio povertà spendono più del 40% del loro reddito nell’affitto[15]. A queste bisogna aggiungere il crescente numero di studenti fuori sede, e quindi il pagamento di un ulteriore affitto che va a gravare sulle spalle di molte famiglie.

Finora le misure del governo hanno dimenticato chi abita in affitto. Su pressione dei sindacati degli inquilini, nel Decreto “Cura Italia”, il governo ha approvato il blocco dei contratti fino al 30 Giugno. Per il momento, è stato fatto ricorso a misure già esistenti: il Fondo Morosità Incolpevole, il Fondo Nazionale Sostegno all’accesso alle Abitazioni in Locazione, il “bonus affitto 2020” per le famiglie a basso reddito o si è fatto affidamento sul fatto che inquilini e proprietari possano accordarsi per una riduzione del canone di locazione. Ma, chiaramente, questi provvedimenti non sono abbastanza. È indubbio, secondo noi, che persone e famiglie affittuarie vadano sostenute nell’immediato con interventi celeri ed efficaci, paragonabili alle misure di sospensione del pagamento dei mutui. È cruciale evitare l’ulteriore inasprimento delle disuguaglianze economiche esistenti. Ed è vitale che le categorie affittuarie – già vulnerabili – non si trovino costrette a contrarre debiti, con istituti di credito o, peggio ancora, usurai.

Proponiamo quindi (i) il blocco degli affitti per tutte le famiglie e i singoli che, per via della pandemia Covid-19, hanno subìto una riduzione di reddito. Ovviamente, sono indispensabili distinzioni basate sul livello di reddito: questa crisi deve essere gestita con coscienza e politiche a carattere universale potrebbero creare ancora più distorsioni di quante non ne risolvano. Il blocco degli affitti, quindi, deve riguardare esclusivamente le famiglie in difficoltà, e non devono poterne beneficiare anche gli strati più abbienti della popolazione. Pertanto, proponiamo una soglia massima entro cui poter beneficiare della proposta fissata a un ISEE di 30mila euro per le famiglie.

Questa proposta può e deve essere estesa al settore commerciale, per le piccole e medie imprese che sono la spina dorsale della nostra economia. Non possiamo lasciare che questi lavoratori autonomi si trovino in una situazione di improvvisa vulnerabilità a seguito della chiusura delle attività commerciali ed industriali. Questa misura assume ancor più valore se si pensa al possibile dilagare di interventi di tipo mafioso, che rischierebbero di guadagnare ancora più terreno.

Sicurezza sul lavoro

Nonostante la firma, il 14 marzo, del Protocollo Governo-Parti Sociali sulle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro, queste ultime settimane ci hanno consegnato il drammatico spaccato di un sistema produttivo troppo spesso incapace di tutelare i lavoratori e contrastare efficacemente il diffondersi dell’epidemia. Questa carenza di protezione riguarda in particolare gli operatori sanitari, che pur incensati dalla retorica dei media come eroi, si trovano a combattere il virus con presidi medici ed equipaggiamento insufficiente. In misura complementare, questa inadeguatezza concerne tutti i lavoratori, occupati in attività essenziali e non, che sono costretti a recarsi sul posto di lavoro. Sappiamo bene che l’incapacità di tenere al sicuro i lavoratori in Italia non è un tema nuovo: solo nel 2017 infatti sono stati riportati[16] circa 300mila gravi incidenti sul lavoro e 2 morti ogni centomila impiegati, dati ben al di sopra di Germania, Spagna, e Inghilterra.

L’accordo sottoscritto dal Governo il 14 marzo con i sindacati Confederali (CGIL CISL e UIL)[17] ha eluso la necessità urgente di un fermo generale della produzione, imponendo la chiusura solamente a reparti secondari. Oggi si parla già di Fase 2 e riaperture, senza tuttavia aver predisposto misure concrete per garantire la possibilità di lavorare in sicurezza. Il protocollo lascia un margine di discrezionalità troppo ampio alle imprese: questo riguarda le deroghe alle misure di distanziamento minimo previste dai decreti precedenti, la frequenza e modalità di sanificazione dei locali, la quantità e tipologia dei dispositivi di protezione individuale ed il contenimento degli spostamenti interni. Alla estrema generalità delle misure di profilassi si accompagna la dubbia sanzionabilità di eventuali inadempienze da parte dell’impresa.

Ci sembra evidente che queste misure, notevolmente sbilanciate verso la necessità della prosecuzione indisturbata della produzione, sono del tutto insufficienti a tutelare la salute pubblica e ad arginare il propagarsi della pandemia. Il contenuto del Protocollo fondamentalmente manca della cogenza necessaria, risultando inadeguato già nella circostanza emergenziale, e mostra tutti i suoi limiti oggi con l’avvio della Fase 2. Se saremo costretti alla convivenza con il virus per tempi più lunghi, vi è necessità di un intervento più strutturale direttamente sui luoghi di lavoro, modificando regole e procedure ma anche mettendo mano a modelli organizzativi, ritmi e turnazioni, anche in considerazione dei rischi legati alla pendolarità, e ai processi produttivi. Occorre ridisegnare e reimparare a gestire gli spazi comuni e gli ambienti di lavoro.

È necessario (i), nell’interesse dei lavoratori e di tutti, un Piano Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro, che definisca nel dettaglio gli standard minimi di sicurezza per ogni comparto produttivo, preveda la sanificazione preventiva e frequente dei locali e il distanziamento sociale inderogabile. Inoltre, è necessario (ii) introdurre sanzioni per le inadempienze e forme di vigilanza attiva e frequente sul rispetto delle norme.

Nel complesso, queste misure non sono esaustive ma riteniamo che rappresentino una proposta per un intervento tempestivo del governo, e che l’emergenza Covid-19 non debba in alcun modo peggiorare le condizioni già precarie delle categorie più svantaggiate. Vogliamo trasformare questa situazione drammatica in un’occasione per ripensare e accelerare la lotta alle disuguaglianze. All’indomani della crisi, sarà necessario continuare a investire cospicuamente nella transizione al digitale delle scuole, che ad oggi si trova a uno stadio alquanto arretrato. Sarà altrettanto indispensabile proseguire una discussione più ampia sul reddito di cittadinanza. Allo stesso modo, migliorare la sicurezza sul lavoro oggi deve essere un tassello di politiche volte a prevenire le fin troppo diffuse morti sul lavoro domani.

Infine, vorremmo lanciare un appello affinché si inizi a parlare più sistematicamente della riduzione di un’ulteriore vulnerabilità: quella delle persone il cui obbligo di stare a casa genera non solo problemi economici, ma anche psicofisici. Ci riferiamo a fenomeni quali la violenza domestica e il mancato proseguimento dell’assistenza a persone con disabilità. Molti articoli denunciano l’inesorabile peggioramento di tali situazioni, già precedentemente drammatiche[18]. Sul primo problema, numerosi sono stati gli interventi delle associazioni competenti: riportiamo qui come rappresentativa la lettera indirizzata alla Ministra Bonetti e firmata dalla rete REAMA (Rete per l’Empowerment e l’Auto Mutuo Aiuto – Sportello Antiviolenza online)[19], nella quale si descrivono gli sforzi fatti al fine di permettere la continuazione dell’assistenza psicologica e legale. Ci uniamo al loro appello nel chiedere un supporto sistematico, che preveda la formazione di un’unità di emergenza sul tema, al fine di elaborare in maniera tempestiva direttive nazionali omogenee per regioni, comuni e distretti sanitari.

Riguardo invece ai problemi generati dal mancato supporto in situazioni di convivenza con persone disabili, prendiamo nota delle parole del Presidente Conte il 2 aprile, in occasione della giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo: un lavoro costante è fatto insieme alle associazioni dedicate al fine di garantire per quanto possibile la continuità degli aiuti e del servizio di assistenza[20]. Anche in questo caso, ci appelliamo affinché si affianchino tavoli di consultazione ad azioni concrete, quali quelle di potenziamento del Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza: questo strumento è infatti essenziale nel fronteggiare le situazioni di maggiore isolamento e rischio, costituite da persone con disabilità che vivono da sole o con un co-familiare, molto spesso anziano[21].

* Leonardo Ciambezi, Giuliana Freschi, Demetrio Guzzardi, Martina Occelli, Elisa Palagi, dottorandi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Note

[1] http://www.governo.it/it/articolo/coronavirus-conte-firma-il-dpcm-11-marzo-2020/14299

[2] OECD (2020), OECD Economic Outlook, Interim Report March 2020, OECD Publishing, Paris.

[3] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/08/20G00043/s

[4] https://www.istat.it/it/archivio/240949

[5] https://anchor.fm/lavoceinfo/episodes/3–La-scuola-in-quarantena–con-Andrea-Gavosto-echtgh/a-a1sqo1s

[6] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-04-08&atto.codiceRedazionale=20G00042

[7] https://www.istat.it/it/files/2019/06/La-povert%C3%A0-in-Italia-2018.pdf

[8] https://www.istat.it/it/dati-analisi-e-prodotti/contenuti-interattivi/soglia-di-poverta

[9] https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=53626&lang=IT

[10] https://www.istat.it/it/archivio/236432

[11] https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=53626

[12] https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=53626

[13] https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/nessuno-resti-indietro-per-colpa-del-coronavirus-una-proposta-da-attuare-subito-e-a-cui-aderire/

[14] https://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=ilc_lvho02&lang=en

[15] https://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=ilc_lvho07a&lang=en

[16] https://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=sdg_08_60 ; https://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/submitViewTableAction.do

[17] http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5383&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto

[18] http://sbilanciamoci.info/le-disuguaglianze-di-genere-non-vanno-in-quarantena/?fbclid=IwAR2CmMaUNlnHMu1YUaISuMLHSgLmwf4PM2PknTT0OkBNZG0bwm3TFFLN9zI

[19] https://www.reamanetwork.org/2020/03/18/violenza-ed-emergenza-covid-19-pangea-scrive-alla-ministra-bonetti/

[20] http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/?fbclid=IwAR2R-9oVZtzWDArKtpG7wj0RKlxpXq-RWcXdJ_p6NQxOj5KK302jeDZi4mc

[21] https://www.disabili.com/legge-e-fisco/articoli-legge-e-fisco/covid-19-e-disabilita-appello-alla-politica-fare-presto