L’11 marzo il Parlamento Ue ha votato l’introduzione di un registro pubblico delle imprese. Perchè l’Italia può e deve avere un ruolo centrale La lotta contro l’evasione fiscale, l’economia sommersa, la corruzione è – almeno a parole – la priorità di qualsiasi governo si sia succeduto in Italia negli ultimi anni se non decenni, e […]
L’11 marzo il Parlamento Ue ha votato l’introduzione di un registro pubblico delle imprese. Perchè l’Italia può e deve avere un ruolo centrale
La lotta contro l’evasione fiscale, l’economia sommersa, la corruzione è – almeno a parole – la priorità di qualsiasi governo si sia succeduto in Italia negli ultimi anni se non decenni, e a maggior ragione in questo periodo di estrema difficoltà per i conti pubblici. Uno dei problemi di fondo è la segretezza dietro cui riescono a nascondersi tali operazioni, il fatto che i capitali possono muoversi liberamente e la difficoltà per le autorità di un Paese di seguirne le tracce.
Di fatto gli stessi meccanismi e intermediari sono sfruttati senza soluzione di continuità dai peggiori traffici della criminalità organizzata fino all’imprenditore «vessato dal fisco». Meccanismi che sfruttano compagnie anonime, trust e società di comodo per nascondere le proprie ricchezze e spostarle verso paradisi fiscali. Per questo un passo in avanti fondamentale sarebbe la creazione di un registro pubblico delle imprese in cui risultino i reali proprietari – beneficial ownership – di ogni impresa. È una proposta avanzata da tempo da reti della società civile internazionale e finalmente parte dell’agenda politica. Lo scorso 11 marzo il Parlamento europeo ha votato a schiacciante maggioranza per l’introduzione di un registro pubblico che permetta di mostrare quali siano i reali proprietari di ogni impresa, inclusi trust, fondazioni e altri strumenti giuridici spesso utilizzati proprio per nasconderne l’identità. Alcuni Paesi, tra cui Francia e Gran Bretagna, chiedono questo registro pubblico, altri frenano e cercano di diluire il processo. L’Italia può e deve avere un ruolo centrale, per diversi motivi.
Siamo uno dei pochi Paesi ad avere già una sorta di registro, per quanto al momento incompleto e soprattutto poco efficace finché limitato all’ambito nazionale, a fronte di capitali liberi di muoversi su scala europea e internazionale. Corruzione, evasione e criminalità sono un peso che schiaccia la nostra economia. Dall’altra parte, schierandosi per il registro pubblico l’Italia potrebbe spostare gli equilibri europei; soprattutto, avendo il semestre di presidenza, può indirizzare le priorità dell’agenda e spingere per accelerare il processo. Proprio negli scorsi giorni il Consiglio ha ripreso la questione del public registry. Entro l’autunno dal confronto tra Consiglio, Commissione e Parlamento potrebbe arrivare la definizione di una proposta operativa. In questo percorso è centrale il ruolo del Presidente di turno dell’Ue, ovvero dell’Italia. Per il nostro governo è un’occasione storica. Occorre dimostrare di avere l’ambizione e il coraggio di raccogliere tale sfida e trasformare le continue dichiarazioni sull’impegno contro l’illegalità in un sostanziale, concreto passo per bloccare uno dei principali meccanismi che alimentano mafie, corruzione, evasione fiscale, riciclaggio, economia sommersa. Lo strumento tecnico è noto, il Parlamento europeo si è schierato, i cittadini europei non potrebbero essere più favorevoli. L’Italia e l’Europa non possono permettersi di perdere questa occasione.