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Ora e sempre resistenza Anche in bicicletta 

Il regista Andrea Segre e Giulio Marcon danno il via, Vinicio Capossela canta “Staffette in Bicicletta” e si parte. Tre tappe incluso il sacrario delle Fosse Ardeatine, con Elio Germano, Jasmine Trinca, Nanni Moretti, Maurizio Landini, la partigiana Luce, don Ciotti, l’assessore Gotor e Ciaccheri dell’VIII municipio.

Quando Vinicio Capossela intona ‘Staffette in bicicletta’ piazza Vittorio sembra il ritrovo prima della partenza di una tappa del giro d’Italia. Magari un ritrovo un po’ anarchico, non patinato come fra i ciclisti professionisti di oggi ma popolare nel più autentico senso del termine. Sulla bici, del resto, il Paese ha costruito in oltre un secolo un immaginario collettivo che non teme confronti: Girardengo, Bottecchia, Binda, Bartali e Coppi sono figure iconiche di quello che è lo sport popolare per definizione. E proprio Ginettaccio, che si allenava fra la Toscana e l’Umbria portando nascosti nel sellino della sua bici messaggi partigiani da recapitare, senza mai confessarlo a nessuno “perché le cose buone si fanno, non si dicono”, è diventato una leggenda non soltanto sportiva. Non era solo Gino Bartali, le staffette partigiane erano Vanda, Gina, Rina, Rosina, Bruna, Antonia, Elisabetta nomi di battaglia che ancora oggi commuovono, mentre l’artista irpino canta la linea “per fermare ogni guerra, insegnateci voi madri, figlie, sorelle, compagne dell’umanità, ricordateci come il vento di primavera non si ingabbia nella rete, come i vostri capelli, come i sorrisi, come l’aria quando corre in bicicletta. Questa è la libertà: azione e responsabilità. Voi che di voi dite che non vi sembra d’aver fatto granché”. E invece fecero tanto, tantissimo, perché hanno pagato con il sangue, anche con la vita, la nostra libertà e la nostra democrazia. A 80 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine (qui il ricordo di Silvano Falocco) la pedalata partigiana è una boccata d’aria pura contro il fascismo, le guerre, il patriarcato, per la democrazia, la pace, la libertà. Chissà che non diventi una classica del ciclismo italiano, splendida corsa non competitiva fra tante gare all’ultimo centimetro. 

Danno il via alla manifestazione il regista Andrea Segre e Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci!, Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco leggono brani di Primo Levi e della staffetta partigiana Tina Anselmi, il popolo dei ciclisti e delle cicliste ascolta in un silenzio quasi religioso. Prende la parola la presidente di Emergency Rossella Miccio, un boato di applausi per sovrastare il rumore delle bombe e delle armi. Pedala, pedala, nella seconda tappa, a Via Tasso, parla la presidente dell’Anpi di Roma Marina Pierlorenzi, mentre gli attori Francesco Acquaroli e Barbara Esposito leggono le lettere dei condannati a morte della Resistenza Guerrino Sbardella e Lidia Beccaria. E’ una pedalata nella memoria più nobile del Paese.

Nella terza tappa, Elio Germano, Jasmine Trinca e Nanni Moretti  leggono brani del martire delle Fosse Ardeatine don Pietro Pappagallo. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, prende il microfono per dire poche e semplici cose: “La Resistenza non è una memoria, la Resistenza è una pratica che ognuno di noi deve proseguire ogni giorno. Credo che questo sia un fatto importante perché la democrazia si difende praticandola, non c’è altra strada”. Il lavoro è parte integrante di questo percorso perché l’Italia è una Repubblica fondata, appunto, sul lavoro. L’arrivo della pedalata partigiana è alle Fosse Ardeatine, dove ottant’anni fa fu consumato un eccidio, uno dei tanti, che non possono essere mai dimenticati. La partigiana Luciana ‘Luce’ Romagnoli ricorda a tutte e tutti che non c’è futuro senza la memoria. Intervengono don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Miguel Gotor, assessore alla Cultura del Comune di Roma, Amedeo Ciaccheri, presidente dell’VIII municipio di Roma. L’abbraccio fra Luce e Luigi Ciotti è commovente, sembra un passaggio di testimone in questa magnifica staffetta partigiana. “Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre RESISTENZA”. Parola di Piero Calamandrei.