Un evento mediatico totale per un assalto terroristico stile Charlie Hebdo. La ricostruzione dei fatti di Macerata nel 2018 nel libro scritto a più mani ed edito da Carocci, produce importanti spunti di riflessione sulle difese democratiche. Dal sito Cronache di Ordinario Razzismo.
Su ciò che è successo a Macerata il 3 febbraio 2018 si è detto e scritto ovunque. Eppure, dalla lettura di un libro collettivo, agile ma denso, uscito di recente, noi abbiamo imparato molto. Un attentato “quasi terroristico”. Macerata 2018, il razzismo e la sfera pubblica al tempo dei social media, curato da Marcello Maneri e Fabio Quassoli ed edito da Carocci Editore, si presta infatti a molte chiavi di lettura e solleva alcuni spunti di riflessione.
La puntuale ricostruzione delle modalità con le quali sono state costruite la rappresentazione e la memoria collettiva di una delle violenze razziste più gravi compiute negli ultimi anni si presta ad essere utilizzata come un piccolo manuale di riferimento per analizzare le storie di razzismo che attraversano il nostro paese, con una lente rivolta non solo al funzionamento del sistema mediatico e al suo rapporto con il potere, ma anche alla declinazione sostanziale dei principi costituzionali che sono alla base del nostro sistema democratico. Non a caso, Maneri e Quassoli, riprendendo una definizione di Mauss, definiscono i fatti di Macerata un evento mediale totale “per la sua capacità di riflettere e allo stesso tempo codeterminare un largo numero di fenomeni caratteristici della società italiana e non solo.”
Chi detta l’agenda? Il rapporto tra social media, media tradizionali e politica
Il libro propone sin dal titolo una lettura di Macerata eccentrica rispetto a quella prevalsa nel dibattito pubblico, a partire da alcune domande chiave che attraversano i nove saggi che lo compongono. Perché la qualificazione dell’attentato di Macerata come un “atto terroristico di matrice fascista”, proposta su Twitter da Roberto Saviano, dopo un iniziale e significativo seguito social, è stata rapidamente isolata e neutralizzata dal dibattito pubblico main-stream?
“La qualificazione di un’aggressione intenzionalmente omicida da parte di un cittadino italiano (bianco) ai danni di migranti o richiedenti asilo (neri) come un atto di terrorismo rappresenta qualcosa di inedito nel panorama mediatico italiano.”, scrivono i curatori. Capire perché non ha avuto successo è dunque importante.
E perché non c’è stata in Italia una reazione collettiva unitaria simile, ad esempio, a quella che ha seguito l’attentato compiuto a Parigi il 7 gennaio 2015 contro la redazione della rivista Charlie Hebdo?