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Lo stato della mobilità (in)sostenibile in Italia

Pubblicata la nuova edizione del Rapporto Mobilitaria, realizzato da Kyoto Club e CNR-IIA, che monitora la situazione della mobilità e dell’inquinamento atmosferico nelle 14 città metropolitane italiane: c’è ancora molto da fare per raggiungere i risultati delle realtà più avanzate in Europa.

Il 24 maggio scorso, presso la sede del CNR a Roma, è stato presentato il 6° Rapporto Mobilitaria 2023 che è stato elaborato, come di consueto, da Kyoto Club insieme al CNR – Istituto sull’Inquinamento Atmosferico (IIA). La novità del Rapporto Mobilitaria 2023 è costituita da una analisi della situazione della mobilità nei 14 comuni capoluogo di città metropolitana su sette parametri (motorizzazione, mobilità attiva, trasporto pubblico, mobilità condivisa, emissioni di CO2, ripartizione modale, congestione del traffico) applicando il modello Driving forces, Pressures, State, Impacts, Responses – DPSIR – messo a punto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e da Eurostat.

Naturalmente il modello non va inteso in modo “meccanico”: un fenomeno come quello della mobilità urbana è estremamente complesso e la componente sociale è essenziale, non può essere isolato da una serie di fattori esterni che lo influenzano e anche le scelte specifiche che interessano direttamente la mobilità non possono essere considerate in modo strettamente deterministico, in quanto intervengono componenti soggettive che incidono sui comportamenti delle persone.

Tuttavia, organizzare gli indicatori utilizzati secondo lo schema DPSIR può aiutare a leggere i dati, evidenziare le relazioni e connettere tra di loro tutti gli elementi che incidono sulla mobilità.

Nel Rapporto si descrive la situazione attuale della mobilità utilizzando dati ufficiali (ISTAT, ISPRA) riguardo alle cinque dimensioni considerate:

  • Determinanti: tasso di motorizzazione privata, densità di piste ciclabili per abitante, reti di trasporto pubblico non inquinante, incidenza autobus più inquinanti, offerta di trasporto pubblico per tipologia di mezzi impiegati;
  • Pressioni: emissioni di CO2 da trasporto su strada;
  • Stato: ripartizione modale;
  • Impatti: morti evitabili per esposizione agli inquinanti atmosferici; congestione del traffico (Tom Tom Traffic Index);
  • Risposte: le previsioni del PUMS per sviluppare il trasporto pubblico, la mobilità attiva, la mobilità condivisa ed elettrica.

Si valuta, quindi, il divario da colmare rispetto allo stato attuale, senza considerare gli interventi già previsti dai PUMS, relativamente a cinque filoni cruciali inerenti la mobilità sostenibile in un’ottica di decarbonizzazione al 2030, indicando obiettivi da raggiungere a livello di territori dei comuni capoluogo:

  • Una offerta di trasporto pubblico locale interamente ad emissioni zero, attraverso l’utilizzo di sistemi su ferro (metropolitane/tranvie), filoviari e con l’elettrificazione completa dei parchi autobus. Come indicatore viene considerata l’offerta di trasporto pubblico non inquinante al 2020 (metro, tram, filovie) e la quota di autobus elettrici presente alla medesima data.
  • lo sviluppo della mobilità attiva attraverso la realizzazione di piste ciclabili, raggiungendo standard di livello europeo, che favoriscano uno spostamento modale molto significativo verso questa tipologia di mobilità attiva. Come indicatore viene utilizzata la densità di piste ciclabili esistenti al 2020 rispetto al numero di abitanti e come target 2030, facendo riferimento al dossier realizzato dalla Clean Cities Campaign – in collaborazione con Fiab, Kyoto Club e Legambiente – “Non è un Paese per bici”, che individua delle soglie minime di infrastruttura ciclabile differenziate in base alla popolazione delle città capoluogo: 15 km/10.000 abitanti per le città con meno di 500.000 abitanti; 10 km/10.000 abitanti per le città con una popolazione compresa tra i 500.000 e i 1,5 milioni di abitanti; 5 km/10.000 abitanti per le città con oltre 1,5 milioni di abitanti.
  • Favorire lo sviluppo della mobilità condivisa (car, bike, scooter, micromobilità in sharing); sono considerati i servizi di mobilità condivisa esistenti, utilizzando come indicatore il numero complessivo di veicoli in sharing (auto, biciclette, monopattini elettrici e scooter elettrici) per abitante. In questo caso l’obiettivo al 2030 che consideriamo coerente con la prospettiva di decarbonizzazione prende ad esempio le situazioni delle città europee dove la mobilità condivisa ha ormai acquisito una quota significativa di spostamenti modali. Come nel caso delle piste ciclabili sono individuate delle soglie minime di servizi di mobilità condivisa differenziati in base alla popolazione delle città capoluogo, che favoriscano uno spostamento molto significativo modale verso questa tipologia di mobilità sostenibile, contribuendo a favorire la riduzione del tasso di motorizzazione privata: 150 veicoli/10.000 abitanti per le città con meno di 500.000 abitanti, 200 veicoli 10.000 abitanti per le città con una popolazione compresa tra i 500.000 e i 1,5 milioni di abitanti, 250 veicoli/10.000 abitanti per le città con oltre 1,5 milioni di abitanti.
  • Favorire la riduzione del tasso di motorizzazione e l’elettrificazione del parco veicolare privato, anche attraverso l’istituzione e lo sviluppo di aree nelle quali la circolazione dei veicoli privati a combustione è limitata. Considerando il tasso di motorizzazione, e in particolare il numero di autovetture per mille abitanti, confrontato con la situazione delle città più avanzate, viene indicato come obiettivo al 2030 che le città dovrebbero dimezzare (o più) le auto circolanti; una soglia che può costituire un obiettivo – al momento molto sfidante per le nostre città – di densità di autoveicoli compatibile con una dimensione di città caratterizzata da mobilità sostenibile e vivibilità elevata. Non è stato individuato un target numerico univoco, appunto, per tener conto delle profonde differenze esistenti fra le varie realtà in termini di estensione territoriale, densità urbanistica, ecc. D’altra parte, possiamo verificare come questa indicazione costituisca un target sfidante ma realistico, verificando la situazione esistente in alcune grandi città europee. Ad esempio Parigi, che negli ultimi anni è fortemente impegnata in un cambiamento radicale delle modalità di spostamento, che si riflette – appunto – sul numero di auto circolanti per 1.000 abitanti, che nel 2021 risultavano 450 a livello regionale (Ile de France – 12 milioni di abitanti), 370 a livello metropolitano (Metropole du Grand Paris, 131 comuni e 7 milioni di abitanti) e 275 nella città di Parigi (2,2 milioni di abitanti). Altri esempi di grandi città europee con elevati livelli di mobilità sostenibile – soprattutto trasporto pubblico – sono Londra (Inner London) con 205 auto per 1000 abitanti, Berlino con 337 auto per 1000 abitanti e la provincia di Barcellona con 432 auto per 1000 abitanti. La dimensione delle città in questo caso influisce in modo diverso anche in relazione alle specifiche caratteristiche di sviluppo urbanistico: nelle grandi metropoli, come Berlino, è determinante l’esistenza di un trasporto pubblico di massa efficiente e ramificato sul territorio, mentre in città di dimensioni più piccole molto dipende – oltre che dalla presenza di servizi di trasporto pubblico efficienti – dalla facilità di spostarsi con modalità attive (in bici o a piedi). 
  • La quinta dimensione considerata è in qualche modo il risultato delle azioni compite sulle quattro precedenti “leve”, e cioè la ripartizione modale. Abbiamo visto che le città italiane hanno un tasso di motorizzazione fra i più elevati di Europa, per cui è indispensabile una consistente riduzione di questi veicoli circolanti (determinata dall’aumento degli spostamenti attraverso il trasporto pubblico non inquinante, la mobilità attiva e quella condivisa). Prendendo a riferimento uno studio sul tema dell’ISFORT, nel quale sono indicati i dati relativi al “tasso di mobilità sostenibile” nelle principali città europee (calcolato come somma della quota di spostamenti a piedi + bici+ mezzi pubblici sul totale), è stato individuato come standard obiettivo per la ripartizione modale, una quota del 65% che comprenda gli spostamenti con il trasporto pubblico, la mobilità attiva e quella condivisa. D’altra parte anche recenti elaborazioni sui dati Google a livello europeo a cura della Campagna Clean Cities mostrano che questo livello è già raggiunto o superato in città come Madrid (65%), Amsterdam e Berlino (68%), Stoccolma (69%). Oltre ai dati riferiti al territorio delle città metropolitana per i quali utilizziamo le informazioni fornite da ISFORT – che sono rilevati con metodologie e tempistiche omogenee – indichiamo anche gli ambiti dei comuni capoluogo (per omogeneità con le altre componenti della mobilità considerate), che però sono disomogenei per modalità di rilevazione ed anno di riferimento.

Da questa innovativa analisi, che mette a confronto le 14 grandi città, emerge la distanza (anche in termini percentuali) tra realtà ed obiettivi, e le loro difficoltà a perseguire obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, dei gas serra, di sicurezza stradale e target di mobilità sostenibile. 

Un indice sintetico

Per definire un “indice sintetico” che in qualche modo indichi attraverso un valore riassuntivo la “distanza” delle città esaminate dall’obiettivo di decarbonizzazione e vivibilità urbana, attraverso lo sviluppo della mobilità sostenibile, è stata calcolata la media dei valori delle cinque dimensioni considerate per confrontare la situazione delle città, trasporto pubblico non inquinante, mobilità ciclabile, mobilità condivisa, tasso di motorizzazione e ripartizione modale. Il risultato è espresso nei seguenti grafici, prima in modo riassuntivo e poi con il dettaglio per singola componente che contribuisce a determinare l’indice sintetico.

Il Rapporto di Mobilitaria 2023 ha poi analizzato la qualità dell’aria nei 14 comuni capoluogo di città metropolitana nell’anno 2022 e il trend delle concentrazioni e dei superamenti nel periodo 2006-2022. L’analisi condotta su tutte le città nel periodo in esame ha mostrato un generale incremento delle concentrazioni nell’anno in esame rispetto al 2021 relativa al Biossido di Azoto e in molte città anche del particolato, tali da non garantire anche per questo anno il completo rispetto dei limiti normativi.

Questi dati sono poi messi a confronto anche con i nuovi limiti previsti dalla proposta della Commissione Europea di nuova Direttiva sulla qualità dell’aria. Gli scenari nazionali, al momento disponibili, mostrano alcune criticità e il raggiungimento dei nuovi valori limite appare problematico, soprattutto per alcuni inquinanti e per alcune aree del territorio italiano. Anche l’analisi dei dati delle concentrazioni, che si registrano al momento sul territorio nazionale, mostra che i livelli sono ad oggi ancora piuttosto lontani da quelli che si dovrebbero raggiungere da qui al 2030.

Attualmente, è in corso il negoziato sul testo della direttiva che coinvolge tutte e tre le Istituzioni dell’Unione Europea: il Consiglio, il Parlamento e la Commissione; la direttiva potrà essere adottata solo con il raggiungimento di un testo condiviso. I lavori stanno procedendo con la valutazione della proposta articolo per articolo, grazie al lavoro dei gruppi tecnici del Consiglio e proseguirà, presumibilmente, almeno fino al primo semestre del 2024. 

Il testo, quindi, non rimarrà nella sua attuale formulazione e ci si aspetta che possa subire modifiche in varie sue parti. I valori individuati dalla Commissione potrebbero essere modificati nel corso del negoziato, anche se non ci si aspetta un loro completo stravolgimento. dal momento che già rappresentano una soluzione di compromesso tra i valori vigenti, che sono ancora superati in molti Paesi europei, e i valori raccomandati dall’OMS.

In questo percorso, proprio in concomitanza con la presentazione del rapporto Mobilitaria, a Bruxelles le Regioni padane hanno presentato le loro proposte tendenti ad attenuare fortemente gli effetti delle proposte della Commissione Europea, tanto che diverse associazioni ambientaliste si sono espresse in modo molto critico e una cinquantina di scienziati ed esperti hanno inviato al Governo ed alle forze politiche una lettera aperta.

La seconda parte del Rapporto Mobilitaria 2023, infine, presenta 14 grandi realtà italiane, i capoluoghi di città metropolitana, in forma di schede semplici da comprendere. In ciascuna scheda vengono analizzate le caratteristiche demografiche e geografiche delle città come abitanti, estensione e densità abitativa. A questi si uniscono i dati relativi alle reti ciclabili ed alla mobilità condivisa, al servizio di trasporto pubblico locale e al parco circolante con analisi delle sue diverse declinazioni quali composizione per classe ambientale e per categorie di alimentazioni. Anche i dati sulla sicurezza stradale vengono sottolineati con i tassi di incidentalità e mortalità sulle strade per ogni comune, con le tendenze in atto. Sono anche analizzati i dati sulla ripartizione modale, sulle emissioni di CO2, sulle previsioni dei PUMS e i finanziamenti previsti per la mobilità sostenibile. Per ogni città, infine, sono presenti i dati di qualità dell’aria dell’ambito comunale dell’ultima annualità e del trend delle precedenti annualità del periodo 2006-2022.

* Marco Talluri fa parte della Commissione Mobilità sostenibile di Kyoto Club