Il documento “In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo”, promosso da 42 studiosi e dirigenti di associazioni, sta già raccogliendo molte adesioni. L’obiettivo è avviare un grande dibattito pubblico sul futuro del Paese nel dopo-epidemia, con proposte concrete per il governo, le istituzioni, la politica.
Il documento In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo, lanciato su questo sito la settimana scorsa e promosso da 42 studiosi e dirigenti di associazioni, sta già raccogliendo decine di adesioni: studenti, medici, lavoratori che lo sottoscrivono, condividono l’urgenza di voltare pagina rispetto al passato. È necessario uscire da questa emergenza coronavirus in un modo diverso da quello con cui ci siamo entrati: investendo nella sanità pubblica e nel welfare, puntando a un’economia verde e sostenibile, facendo del lavoro con tutele e diritti il centro di una nuova civiltà economica e produttiva.
Al primo nucleo di promotori – tra cui Rosy Bindi, Giovanni Moro, Rossana Rossanda, Francesca Re David – si stanno aggiungendo in queste ore altre firme, da Susanna Camusso a Raniero La Valle, dal segretario dell’Unione Inquilini Massimo Pasquini a Barbara Spinelli, dalla presidente nazionale dell’ARCI Francesca Chiavacci a molti altri ancora.
Non è il solito appello. Sostenendolo, Sbilanciamoci! vuole farne la base di partenza di un dibattito collettivo sul futuro del paese e, soprattutto, costruire una serie di proposte concrete da rivolgere al governo, alle istituzioni, alle forze politiche. Appena possibile sarà necessario vedersi, incontrarsi per mettere a punto le prossime iniziative. Nel frattempo, con chi firmerà l’appello, cercheremo di approfondirne i contenuti specifici, attraverso una serie di appuntamenti in rete. I webinar promossi in questi giorni rappresentano sicuramente una prima importante opportunità.
È possibile firmare l’appello su questo sito o sulla piattaforma change.org. Come abbiamo detto lanciando questa iniziativa: Vogliamo un’Italia che sia capace di rafforzare il suo servizio sanitario pubblico e riduca le spese militari: un’Italia che qualifichi e finanzi la scuola e l’università e cancelli i sussidi ambientalmente dannosi; un’Italia dell’accoglienza e non della discriminazione; un’Italia che tuteli il suo paesaggio fermando il consumo di suolo; un’Italia che riconosca l’uguaglianza e i diritti e rimuova i privilegi; un’Italia che promuova un’economia non per pochi, ma per tutti.
Questa è la sfida che oggi abbiamo davanti: evitare che succeda come per la crisi del 2008, quando tutti dicevano “niente sarà come prima” per poi accorgersi dodici anni che poco o niente era cambiato, e che forse la situazione era addirittura peggiorata. Stavolta non può, non deve essere così. L’Italia, l’Europa e il mondo devono incamminarsi su un’altra strada, giusta e sostenibile. Dipende anche da noi.