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Le traiettorie della ricerca economica in Italia

La rivista ‘Moneta e Credito’ ha pubblicato due impegnativi articoli di Roberto Artoni e di Vittorio Valli che ricostruiscono 50 anni di evoluzione delle culture economiche in Italia, intrecciandole alle proprie esperienze di ricerca.

Negli ultimi cinquant’anni l’agenda della ricerca economica e le idee di riferimento sono cambiate profondamente e una mappa di queste trasformazioni è stata proposta dalla rivista Moneta e Credito che ha pubblicato due importanti articoli di Roberto Artoni e di Vittorio Valli. Un punto di particolare interesse dei due contributi è il racconto di come queste trasformazioni della cultura economica si sono intrecciate alle traiettorie personali, i lavori realizzati, i dibattiti in cui si è stati coinvolti, le valutazioni su vicende passate e sulle prospettive per il futuro. Due punti di osservazione diversi, in termini di storie e ambiti di ricerca, ma per molti aspetti convergenti.

Il primo contributo, Passo d’addio, di Roberto Artoni (https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17605/16756) tocca gli aspetti della macroeconomia e della finanza pubblica. Cinquant’anni fa la microeconomia si fondava sui teoremi di efficienza nella produzione e nello scambio, e la macroeconomia si fondava sul modello keynesiano che combinava la politica monetaria e fiscale. Si sono poi sviluppati temi di ricerca sul vincolo estero, sull’intervento dello Stato, le imposte, il welfare state, la spesa e il debito pubblico, in cui molti approfondimenti tecnici hanno a volte smarrito “il carattere strettamente politico di molte scelte in materia fiscale”. Negli anni ’90 si afferma la globalizzazione della produzione, l’idea che la spesa sociale abbia effetti “nefasti”, che sia necessaria la flessibilità nel mercato del lavoro, e Artoni sottolinea che “la teoria economica ufficiale accompagnò questi processi, fornendo strumenti analitici a sostegno, e ignorando in larga misura gli aspetti problematici dei sistemi economici e finanziari che si andavano configurando”.

La sua conclusione è che la crisi del 2008 e quella della pandemia “impone una profonda riconsiderazione di molte politiche seguite negli ultimi decenni a fronte di un’eccessiva concentrazione nella distribuzione del reddito o d’insufficiente estensione dei sistemi di welfare”. 

Criticando l’eccesso di metodi econometrici, Artoni sostiene il ritorno a una cultura economica “attrezzata sul piano storico e istituzionale, che faccia leva sulle idee forza della storia delle dottrine” e tra gli autori su cui riflettere ricorda, tra gli altri, Hirschman, Hirsch e Karl Polanyi. Tocca infine anche le conseguenze sull’organizzazione delle carriere accademiche e sulle modalità di pubblicazione dei risultati della ricerca economica.

Il secondo contributo, Riflessioni sull’economia. Per uno sviluppo inclusivo e sostenibile, di Vittorio Valli (https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17676) prende avvio dalla consapevolezza dell’importanza dei problemi strutturali dell’economia italiana, a cui dedicherà ripetutamente l’attenzione, sui temi della politica economica, della programmazione, dell’occupazione, del tempo di lavoro. 

Valli ricostruisce gli approcci – negli anni ’70 e ’80 – alla teoria della crescita, l’emergere dell’economia dello sviluppo, l’attenzione all’analisi comparata dei sistemi economici. Sono molti gli incontri importanti di Valli – Carlo Maria Cipolla, Michio Morishima, Masahiko Aoki, Domenico Mario Nuti, Angus Maddison sono alcuni tra i molti che vengono ricordati. I loro contributi sono collocati nel quadro degli approcci per spiegare la crescita economica, segnalando i limiti dei modelli aggregati e la complessità dei processi di sviluppo. Molta attenzione è dedicata agli aspetti storici, istituzionali e sociali messi in rilievo dagli iniziatori dell’economia dello sviluppo, all’importanza di studi comparati tra paesi e di approcci interdisciplinari: “per una buona comprensione della realtà economica -sostiene Valli – è opportuno miscelare insieme teoria della crescita, teoria dello sviluppo ed economia dell’ambiente e operare il più possibile in un’ottica comparata e multidisciplinare”. 

In effetti, l’analisi comparata degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’emergere dell’Asia – Giappone, Corea del Sud, Cina, India, Indonesia – rappresenta un filone di ricerca ininterrotto, dagli anni ’70 in poi. Qui Valli – un pioniere in questo campo, in particolare negli studi sui paesi asiatici – ritrae con efficacia la diversità delle traiettorie nazionali e il cambiamento delle posizioni relative delle maggiori economie mondiali. C’è il declino degli Stati Uniti, l’affermarsi della Cina, le “tribolate vicende” dell’Europa, il problema dell’Italia: “il lungo declino economico del nostro paese è dovuto non solo a variabili e decisioni strettamente economiche, o ad eventi esterni come la crisi finanziaria Usa e la pandemia Covid-19, ma anche a istituzioni economiche, politiche e sociali assai deboli e imperfette”.

L’epilogo di Valli è che “non vi è, nel lungo periodo, sviluppo stabile e duraturo senza una maggiore equità sociale e di genere e un migliore ambiente. Purtroppo questi sensati, e apparentemente ovvi, obiettivi trovano dei limiti nelle piramidi del potere”, le gerarchie tra i paesi e tra gli individui. “La democrazia, le organizzazioni mondiali e regionali, le alleanze, le lotte sociali, politiche, ambientaliste e la partecipazione solidale possono in parte scalfire queste due monolitiche strutture, e in parte le hanno scalfite nel corso dei secoli. Assai duro è però cambiare le cose in profondità”.