Lo sciopero generale del 16 dicembre ha molte ragioni valide: basta leggere la Controfinanziaria di Sbilanciamoci per rendersene conto. La legge di bilancio è un provvedimento sconsolante, frutto delle mediazioni tra i partiti di destra e di centrosinistra, senza risposte alla crescita delle diseguaglianze, del lavoro precario, all’insostenibilità sociale del nostro sistema previdenziale.
Lo sciopero generale di CGIL e UIL del prossimo 16 dicembre ha molte ragioni e motivazioni valide: basta leggere la controfinanziaria di Sbilanciamoci presentata lo scorso 2 dicembre per rendersene conto.
La legge di bilancio 2022 è un provvedimento sconsolante, frutto delle mediazioni tra i partiti di destra e di centrosinistra, senza risposte alla crescita delle diseguaglianze, del lavoro precario, all’insostenibilità sociale (non finanziaria) del nostro sistema previdenziale. E’ una legge senza anima, se non quella della gestione del quotidiano, in attesa delle prossime scadenze elettorali e politiche: una legge che naviga a vista.
Invece di arginare le diseguaglianze (cresciute a dismisura negli ultimi anni), il governo intende varare una riforma fiscale che dà gli spiccioli ai più poveri e una mancia sostanziosa ai più benestanti. Un operaio metalmeccanico o un bidello di scuola guadagneranno qualche decina di euro da questa riforma; un professore universitario e un dirigente di banca molte centinaia. E ci guadagneranno anche ricchi e super-ricchi. La forbice delle diseguaglianze si aprirà ancora di più. I privilegi dell’1% più ricco del paese non vengono toccati.
In 30 anni, dal 1990 al 2020 mentre i salari medi (in termini reali) sono cresciuti del 31% in Francia, del 33% in Germania e del 25% in Belgio, in Italia sono calati del 2,9%. Anche in Spagna sono cresciuti del 6,2%. Sempre negli ultimi 30 è cresciuta la ricchezza patrimoniale e sono cresciuti i redditi delle classi di reddito medio-alto.
Invece di ampliare e migliorare la misura del reddito di cittadinanza (come proposto in 10 punti da una commissione governativa istituita ad hoc, presieduta da Chiara Saraceno), la legge di bilancio introduce elementi regressivi e punitivi. Si dirà – come abbiamo detto noi – che è già un risultato aver mantenuto questa misura, visto il fuoco concentrico di tutta la destra, da Meloni a Salvini, da Berlusconi a Renzi. Ma rimane il fatto che, invece di migliorare e ampliare quella misura, la si è peggiorata e circoscritta.
Sul lavoro e gli ammortizzatori sociali siamo solo ai titoli di testa, ma il film non è mai iniziato: nessuna misura per arginare la precarietà (del salario minimo non c’è traccia) e soprattutto nessun passo avanti verso una misura universalistica in tema di ammortizzatori sociali. Siamo ancora allo spezzatino legislativo in cui regna sovrana l’incertezza e soprattutto la diversità di trattamento rispetto alla condizione lavorativa di provenienza.
Sulla previdenza la legge si concentra sul superamento graduale di Quota 100, senza nemmeno iniziare ad affrontare il tema drammatico dell’insostenibilità sociale del sistema pensionistico nel futuro. Il problema non è la generosità del sistema previdenziale, ma i milioni di giovani che iniziano a lavorare tardi, con contratti intermittenti e salari bassissimi. Il governo avrebbe potuto introdurre una misura a costo zero: contributi figurativi per i giovani nel periodo di non lavoro, tra un contratto e l’altro. Niente.
Sì, certo, ci sono più fondi per il sociale, ma per l’autosufficienza le dotazioni previste non bastano nemmeno lontanamente alle necessità e se per la sanità l’aumento previsto in bilancio (2 miliardi) è dello 1,6% rispetto l’anno precedente (123 miliardi), mentre per la spesa militare la crescita prevista è di ben il 5,4% (1miliardo e 400milioni in più). E per la cooperazione allo sviluppo ci sono solo le briciole (0,22% del PIL). La politica industriale non c’è e nel PNRR viene nominata una volta sola a fronte di centinaia di citazioni di termini come “concorrenza” e “competizione”.
Ecco perché lo stupore per la scelta del sindacato o è frutto dell’ipocrisia o semplicemente dell’assuefazione al pensiero – e al governo – unico sotto la benedizione di Draghi. Le forze politiche e anche la stampa – in gran parte eterodiretta da gruppi imprenditoriali e di potere – farebbero bene a prestare maggiore attenzione alle ragioni di questo sciopero: in Italia c’è sempre di più una enorme questione sociale che merita risposte concrete.