Nel 2015 nei paesi OCSE un lavoratore su tre aveva un contratto di lavoro non-standard. Ma accessibilità, adeguatezza e volontà di contribuire a schemi di protezione sociale dipendono molto dalla forma contrattuale (standard versus non-standard) con cui si è occupati.
Nell’ultimo decennio si è assistito ad un profondo rimodellamento del mercato del lavoro mondiale ed in particolare europeo. La quota di lavoro non-standard (NSW) – ovvero tutte quelle forme contrattuali che si pongono al di fuori del contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno, quali tempo determinato, part-time, a chiamata o altra forma di lavoro dipendente mascherato da lavoro autonomo – è aumentata (ILO, 2016, Non-Standard Employment around the world). Soffermandosi sui paesi OCSE, nel 2015 un lavoratore su tre aveva un contratto di lavoro non-standard (OCSE, 2015, In it together: Why less inequality benefits all), sebbene con forti eterogeneità fra le varie componenti di NSW e fra paesi: la quota di lavoro non-standard è pari ad appena il 20% nell’Europa orientale e raggiunge il 46% nei Paesi Bassi. Dagli anni ’90 fino all’inizio della recessione del 2007-2008, nei paesi dell’OCSE il NSW nel suo insieme ha rappresentato circa il 50% di tutta la creazione di nuovi posti di lavoro, raggiungendo il 60% nel periodo 2008-2013. Tra le forme di lavoro non standard, il part-time è di gran lunga la componente che è cresciuta maggiormente nell’ultimo decennio; in aggiunta, nel 2018 il part-time risulta involontario per il 24,8% degli occupati a tempo parziale in Europa, e per ben il 65,7% in Italia.
L’espansione del lavoro non-standard è stata incentivata nell’ultimo decennio dall’implementazione di politiche volte ad incrementare la flessibilità del mercato del lavoro sulla base della tesi che una maggiore flessibilità in entrata ed in uscita dei lavoratori avrebbe favorito l’occupazione di categorie più marginali, quali giovani e donne (in proposito Cirillo, Fana e Guarascio, 2017 su Economia Politica). In effetti, gli orientamenti e le raccomandazioni dell’UE in materia di occupazione hanno invitato le parti sociali e le autorità pubbliche a promuovere accordi di lavoro flessibili (si vedano in proposito le direttive 97/81/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, 1999/70/CE, sul lavoro a tempo determinato, e quella 2008/104/CE su lavoro atipico tramite agenzie interinali). Se ci si sofferma sulla sola Italia, emerge con chiarezza l’espansione del lavoro a tempo determinato e del part-time dal 2003 al 2018: il primo è aumentato di circa 6 punti percentuali (dal 7,3% al 13,4%); il secondo è aumentato di oltre 10 punti percentuali (dall’8,4% al 18,4%).
Fonte: Elaborazione su dati European Labour Force Survey (Eurostat).
L’aumento del NSW non è indipendente dalla digitalizzazione in corso e dalle possibilità che quest’ultima offre di riorganizzare su scala internazionale i processi produttivi frammentandoli in micro-task da allocare a lavoratori del mondo disposti ad offrire la propria forza lavoro anche attraverso una piattaforma digitale (si veda Tubaro e Casilli, 2019, Micro-work, artificial intelligence and the automotive industry su Economia e Politica Industriale).