La speculazione sembra in vacanza, le Borse risalgono, ma la recessione è ora in tutta Europa. La politica, intanto, si divide su percorsi nazionali diversi. In attesa che il voto olandese apra un cambiamento possibile
La speculazione sembra andata in vacanza, lo spread è in (lievissima) discesa, il cambio euro-dollaro in risalita. Soprattutto, le Borse brindano. Wall street segna un “picco” e perfino la Borsa italiana ha recuperato le perdite accumulate da inizio anno. La finanza ora guadagna dal gioco al rialzo in Borsa, più che dal gioco al massacro contro il debito pubblico della periferia europea. Le agenzie di rating si adeguano, dando bei voti a Mario Monti e minacciando nuove bocciature se la politica di austerità venisse meno.
L’ottimismo, tuttavia, è soprattutto nell’immagine che si vuole costruire. I dati Eurostat mostrano che l’intera Europa è in recessione. Sia l’Unione a 27 che l’eurozona hanno visto cadere il Prodotto interno lordo nel secondo trimestre dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti; l’eurozona perde lo 0,4% sull’anno prima. In Spagna e Italia il Pil cadrà quest’anno di circa il 2%, in Grecia e Portogallo del doppio, ed è probabile che davanti a noi ci siano altri quattro anni di redditi perduti e disoccupazione altissima.
Come reagisce la politica? Più che a Roma, dobbiamo guardare che succede a Berlino. Tornati dalle vacanze, i politici tedeschi si sono messi a litigare: un giorno Angela Merkel si mostra un’alleata di ferro di Mario Draghi sull’intervento della Banca centrale europea per ridurre gli spread, una volta definite le condizione di ulteriori politiche di austerità. Il giorno dopo i falchi tedeschi bloccano ogni iniziativa, chiedono la cacciata della Grecia dall’euro, alzano il prezzo sul controllo politico di Berlino. A far da arbitro sarà la Corte costituzionale tedesca, che prende tempo prima di decidersi sul via libera alla realizzazione degli accordi del Consiglio europeo di fine giugno – Meccanismo europeo di stabilità, scudo anti-spread, unione bancaria. La ratifica del “Fiscal compact” rallenta a Berlino, mentre a Parigi il socialista François Hollande ottiene dall’alta Corte francese di non scrivere in Costituzione la regola del pareggio di bilancio, avviando con Angela Merkel un dialogo ravvicinato che assomiglia a un braccio di ferro.
Ma il test più importante per la politica europea verrà dall’Olanda, al voto il 12 settembre. L’inchiesta di Francesco Bogliacino (il manifesto del 23 agosto) racconta la spinta a sinistra, una sorpresa in quel paese, con tutte le ambiguità che può avere una campagna populista e la retorica contro gli “spendaccioni” del sud Europa. Tuttavia, intercettare il voto di protesta, sottrarlo all’antipolitica e alla destra xenofoba entrata al governo dopo le precedenti elezioni è una novità importante che viene dall’Olanda. Con un’affermazione della sinistra, la democrazia in Europa riprenderebbe fiato, il prossimo governo di coalizione dell’Aia, avrà i colori del centro-sinistra, rimpiazzando un pilastro dello schieramento liberista e filotedesco come il governo del liberale Mark Rutte. Con cambiamenti politici di questo tipo, il “pensiero unico” dell’austerità che inchioda l’Europa alla depressione – e l’Italia a un’obbligata continuità con il “Montismo” – potrebbe essere messo in discussione. La democrazia serve, ci insegna l’Olanda, e le elezioni sono un’occasione di cambiamento che non si può sprecare.