Tanta roba/Eredità, capital gains e risparmi secondo le rilevazioni della Banca d’Italia. La ricchezza è lo stock di attività reali – proprietà, abitazioni, terreni – e di attività finanziarie – depositi bancari, titoli, azioni, investimenti finanziari – al netto dei debiti – mutui, prestiti bancari, etc.
Secondo le rilevazioni di Banca d’Italia la ricchezza degli italiani (a prezzi costanti) è sette volte e mezza in più del 1965, il tasso di crescita è stato del 4,7% l’anno. Tra il 1994 e il 2007, mentre la crescita del Pil si riduceva a zero, la ricchezza è aumentata del 50%. Quasi due terzi della ricchezza sono beni reali (come gli immobili), il resto sono attività finanziarie, mentre i debiti rappresentano circa il 10% delle attività complessive.
Che cosa si fa per accumulare ricchezza? In primo luogo, ricevere eredità. In secondo luogo, risparmiare, ma solo se si ricevono profitti o super-redditi da lavoro autonomo; ora il risparmio annuale del paese vale appena l’1% del totale della ricchezza, la metà del 2002. In terzo luogo, la ricchezza aumenta quando cresce il valore delle attività – sia degli immobili che dei titoli – registrato dagli andamenti dei mercato: i capital gains. Tra 1995 e 2009 l’aumento della ricchezza è del 40%, dovuto per oltre metà ai risparmi e per il resto ai capital gains.
Secondo i dati Banca d’Italia, le abitazioni degli italiani nel 2010 avevano un valore complessivo di quasi 5.000 miliardi, quasi due volte e mezza il valore del 1995; la proprietà della casa è passata dal 50% delle famiglie nel 1977 al 70% nel 2008. Alcune centinaia di miliardi valgono i fabbricati non residenziali, gli impianti e i macchinari, i terreni: altri mille miliardi. In tutto 6.000 miliardi di attività reali, contro 4.600 di attività finanziarie. Qui troviamo mille miliardi di depositi bancari e risparmio postale; i 710 miliardi di titoli sono divisi tra 181 miliardi di debito pubblico, 370 miliardi di obbligazioni private, 165 miliardi di titoli esteri (nel 1995 era appena 32 miliardi). Le azioni di società valgono 560 miliardi; prima della crisi, nel 2006, erano a 800 miliardi. Le società di persone e le imprese individuali (con oltre cinque addetti) hanno un valore di 212 miliardi, il doppio rispetto al 1997. I patrimoni dei fondi comuni d’investimento sono a 240 miliardi, ridotti alla metà rispetto al 2000, mentre sono 670 miliardi quelli di assicurazioni e fondi pensione (in aumento). Sul fronte delle passività, prestiti e debiti degli italiani sono triplicati da 260 miliardi nel 1995 a 890 miliardi nel 2010. Veniamo alla ricchezza finanziaria netta degli italiani. Il Rapporto Istat sul 2009 mostra che, nella media degli anni 2000-2008, è stata pari a 1,6 volte il Pil, il valore più alto di tutti i maggiori paesi europei. Questo dato a sorpresa si spiega con il peso più limitato del debito privato rispetto agli altri paesi: in rapporto alla ricchezza finanziaria delle famiglie, il debito privato italiano è passato dall’11% del 2000 al 16% del 2008, mentre in Gran Bretagna è salito dal 22 al 40% e in Spagna dal 30 al 50%. Giuseppe Acconcia
Il primo anniversario del massacro di Rabaa el-Adaweya è finito nel sangue. Eppure l’atteggiamento dei Fratelli musulmani, dopo la messa al bando del movimento a dicembre, e del loro braccio politico, Libertà e giustizia, è stato quanto mai guardingo. La confraternita ha rinverdito così la tradizionale opposizione sociale e politica al regime che sa bilanciare la gestione del consenso con il compromesso politico. E se anche l’inciucio con le autorità fosse impossibile, come sembra in questi giorni in cui il pugno duro del presidente Abdel Fattah el-Sisi viene confermato, i Fratelli musulmani non cedono mai alla tentazione dello scontro violento e del terrorismo. Ne è la conferma, il primo anniversario del massacro di Rabaa el-Adaweya, costato la vita a migliaia di sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi. L’Alleanza per il sostegno alla legittimità (di cui fanno parte i Fratelli musulmani, alcuni movimenti salafiti e le gamaat al islamya) ha chiesto ai suoi sostenitori di marciare verso piazza Tahrir e di bloccare al traffico pacificamente i luoghi del massacro: Rabaa, nel quartiere Medinat Nassr, e Nahda, all’ingresso dell’Università del Cairo. Gli islamisti vogliono la «punizione» dei leader del colpo di stato del 3 luglio 2013, responsabili della carneficina. Nonostante le accuse di implicazione negli attacchi terroristici che il 24 gennaio 2014 hanno colpito il Museo di arte islamica al Cairo e delle continue violenze nel Sinai, i Fratelli musulmani hanno dagli anni Ottanta abbandonato ogni legame con la lotta armata per entrare nel sistema di potere, costruito dall’ex presidente Hosni Mubarak, come principale movimento di opposizione sociale al regime, prendendo parte alla vita parlamentare dell’Egitto. Ma gli scontri a bassa intensità non si placano: 4 i morti nelle violenze tra islamisti e polizia. Le prime tre vittime nel quartiere popolare Matarreya, nella periferia del Cairo; la quarta nel sobborgo di Dar es-Salam. Ieri mattina, un poliziotto è stato ucciso da uomini armati in un agguato ad Helwan. Le proteste erano state precedute da decine di arresti nelle roccaforti della Fratellanza nel Delta del Nilo, mentre piazza Tahrir era stata chiusa a oltranza da giorni, con il presidio permanente dell’esercito, per prevenire ogni manifestazione. Per l’Egitto il problema principale è la crisi economica. E l’ex generale Sisi sta puntando soprattutto sull’asse con Mosca. Dopo la visita al presidente Vladimir Putin, è stato annunciato un accordo per la creazione di una zona di libero scambio con la Russia in Egitto. Secondo le autorità, non si tratterà solo di scambi di merci esenti da dazi, ma gli accordi innescheranno una crescita negli investimenti esteri. «Speriamo che la Russia possa creare una zona industriale in coincidenza con il lancio del nuovo Canale di Suez che sarà completato in un anno», ha detto Sisi in visita a Mosca. Il riferimento è al progetto, annunciato la scorsa settimana, che vedrà raddoppiare il Canale di Suez. Nella visita si è parlato anche del mercato del grano, estremamente problematico per l’Egitto. Le esportazioni di grano russo dovrebbero crescere nei prossimi anni, dopo la gravissima crisi del 2012, mentre Mosca ha promesso un incremento delle importazioni di prodotti agricoli dal Cairo. Potrebbe avere l’effetto di bypassare le sanzioni, previste dall’Unione europea contro Mosca, dopo la crisi in Ucraina. Putin e Sisi hanno anche discusso di un accordo congiunto per la creazione di un sistema contro attacchi missilistici, per la fornitura di elicotteri per il trasporto militare, navi da guerra e Mig-29. Secondo la stampa turca, rientrando da Sochi sul Mar Nero, Sisi ha voluto evitare lo spazio aereo turco, facendo una lunga deviazione per rientrare al Cairo. La rotta sarebbe motivata dalle tensioni tra Ankara e Il Cairo e la dura opposizione del neo-eletto presidente Recep Tayyp Erdogan al golpe 2013. Infine, non può mancare l’assoluzione per le pratiche dittatoriali del vecchio regime. È attesa per il 27 settembre la sentenza del secondo processo contro l’ex presidente Hosni Mubarak, accusato di aver ordinato di sparare contro i manifestanti. Condannato all’ergastolo, Mubarak ha visto azzerato il procedimento a suo carico per vizi procedurali. Da agosto, l’ex raìs è stato scarcerato e si trova ricoverato nell’ospedale militare di Maadi. Intervenendo per la prima volta in aula, steso su una barella, Mubarak si è dichiarato innocente e ha assicurato che sarà solo «la storia a giudicare il suo operato». L’ex raìs ha poi rivendicato la crescita economica e i successi nella lotta al terrorismo nei suoi anni al potere, assicurando di aver esteso lo spazio per la democrazia e le libertà fondamentali. Il revisionismo è compiuto.