L’introduzione dell’immunità per gli evasori fino al 3% dell’imponibile, misura che abbatterebbe la pena a Berlusconi, è passata senza troppi scandali, mentre forte è stato il clamore contro i vigili accordatisi per allungare illecitamente le festività di capodanno. Siamo il paese dei due pesi e due misure
Chi ha introdotto nell’ennesima legge dello stato l’immunità per gli evasori fino al 3 per cento dell’imponibile, misura assai discutibile che abbatterebbe la pena assegnata a Berlusconi? Nessuno, chissà come si è infilata nel testo di un distratto Padoan e nella lettura di un distratto Renzi; quanto agli uffici tecnici che lo hanno passato, devono aver pensato che era una misura da attendersi nella filosofia delle larghe intese.
Più accorti sono stati i giornalisti che hanno scritto peste e corna contro i dipendenti pubblici (e i medici) che si sono accordati per allungare illecitamente le festività di capodanno. I giornalisti si sono indignati ma moderatamente, volete mettere lo scandalo di quella massa di sfruttatori dello Stato di fronte a qualche centinaio di ricchi che hanno evaso in varie forme per decine di migliaia di euro le imposte, o si sono avvantaggiati in vario modo, incluse corruzione e concussione, sulla pubblica finanza?
Colpisce in questo sfoggio di moralità la duplice misura usata verso i poco abbienti e verso l’ex presidente del consiglio e profittatore numero uno d’Italia, Berlusconi Silvio. È l’abitudine nazionale di risparmiare i ricchi e i potenti e usare la frusta con chi non lo è. Siamo un paese con un’idea bizzarra dell’etica pubblica e privata.
Alla quale ha dato un vasto contributo Giorgio Napolitano che ho sotto gli occhi dal 1945 come dirigente del mio stesso partito, il Pci. Lo sapevo antifascista a Napoli e autore di scritti interessanti sulla questione meridionale. Non l’ho apprezzato nella sua sorda (ma non tanto) opposizione all’ultimo Berlinguer e neanche come Presidente della Camera, quando avrebbe avuto occasione di far qualcosa contro la crisi della politica, se l’avesse vista venire dall’osservatorio privilegiato che aveva.
Ugualmente non ho apprezzato che nulla abbia fatto per risanare qualche ferita inferta dal suo partito a innocenti del suo partito nell’emergenza, ma nel merito la pensavamo in modo opposto. Quel che mi ha sorpreso è che, appena il Cavaliere è stato condannato a una pena assai mite ma almeno a stare fuori dalla porta del potere pubblico, si sia affrettato a proporre la formula delle “larghe intese” che significava allargare la maggioranza di fatto a Forza Italia, ogni qualvolta il dissenso da sinistra del Pd potesse minacciare la linea Renzi. Non solo, ma tale operazione è nata negli incontri clandestini presso la sede del Pd in via del Nazareno, dei quali non conosciamo né il numero dei partecipanti, né gli accordi intervenuti. Sappiamo solo ormai che essi hanno regolarmente preceduto le riunioni del Pd, del quale Renzi sarebbe il segretario. Non vedo quale insegnamento sia venuto da questa prassi alla coscienza scombussolata del paese, e perché ne sia derivata al nostro Presidente della Repubblica la fama di “grande italiano”.
Si può chiedersi se anche la norma del condono sia un frutto di questo guasto. Vedremo se Renzi la corregge. Intanto il governo ha dichiarato che non se ne era accorto: “Peso el tacon del buso”, come si dice dalle mie parti. Il governo intero lo ha avuto sotto gli occhi per un’intera seduta, ma non ha protestato. È vero che era stato convocato dal frettoloso premier la vigilia di Natale, ma non è da grandi figure l’avere condotto il paese in questo modo e tantomeno favorire gli evasori fiscali, soprattutto uno di essi condannato per aver fatto diverse porcherie in materia fiscale, corruzione e concussione. Già la giustizia è stata particolarmente indulgente sul resto delle sue imputazioni; per non parlare di un parlamento che ha considerato normale le sue menzogne telefoniche alla Questura di Roma per tirar fuori di guardina la denominata Ruby rubacuori.
Sono enormità imperdonabili. Non ho mai apprezzato le galere, quindi pace al vecchio e ormai ridicolo profittatore, ma se si vuole essere decenti bisogna tenerlo fuori dalla politica.
Penso di rientrare nella categoria dei gufi e rosiconi, anche se ignoro quali animali siano questi ultimi nell’italiano approssimativo del nostro presidente del Consiglio; ma preferisco essere un rispettabile uccello notturno, o anche forse un meno rispettabile topo, che un suddito silenzioso e ipocrita.