Cambio di stagione/Il prossimo Parlamento europeo sarà chiamato a decidere la strategia energetica del continente. Serve un Green new deal che crei posti di lavoro «verdi». Intervista a José Bové, candidato dei Verdi alla presidenza della Commissione europea
Se ci sono dei problemi e delle questioni politiche che richiedono decisioni prese a livello continentale, queste sono proprio quelle relative alla difesa dell’ambiente e all’ecologia. I Verdi all’Europarlamento incarnano, in questo senso, un partito che ha per natura la vocazione ad essere veramente europeo, più di altri, che hanno un passato molto più radicato nelle specifiche storie nazionali. A poche settimane dal voto europeo, José Bové, il leader sindacale della Confédération paysanne che da tempo è una figura conosciuta al di fuori dei confini della Francia, per aver incarnato lotte importanti in difesa di una riconversione economica di sviluppo durevole e della qualità della vita, fa qui un bilancio del passato e precisa gli impegni per la prossima legislatura, dove è candidato dei Verdi europei alla presidenza della Commissione europea, assieme alla tedesca Ska Keller. Nell’Europarlamento uscente i Verdi europei hanno 58 deputati.
A circa due mesi dalle elezioni europee, qual è il bilancio del Parlamento europeo uscente sulle questioni ecologiche? Da questo punto di vista, cosa si può dire ai cittadini che non credono più nell’Europa?
Certo, l’ecologia non è sufficientemente presa in considerazione al Parlamento europeo, anche se bisogna riconoscere che un numero importante di conquiste proviene da Bruxelles. Mi riferisco per esempio alla direttiva Nitrati, che non è ancora correttamente applicata in Francia, o alle direttive per la protezione della biodiversità che si sono rivelate degli strumenti preziosi ed efficaci per i cittadini che rimettono in causa progetti inutili e costosi come l’aeroporto di Notre Dame des Landes in Francia o il treno a grande velocità Lione-Torino o per chi lotta contro lo shale gas. La questione climatica deve essere, con l’occupazione, la principale preoccupazione dei dirigenti europei.
Lei è candidato dei Verdi alla presidenza della Commissione. Qual è il vostro programma?
L’Europa è in crisi. Le politiche di austerità imposte dalla troika hanno gettato milioni di persone nella precarietà. In Grecia più del 70% dei giovani è senza lavoro, la Spagna è anch’essa colpita in pieno. La situazione è critica in numerosi altri paesi. Dobbiamo spezzare il circolo vizioso della disoccupazione e della miseria. L’Europa è la prima potenza economica del mondo ma sembra non averne coscienza. Deve immediatamente rinnovarsi in un’economia moderna, sviluppando massicciamente le energie rinnovabili. Siamo persuasi che questa scommessa può essere vinta, sostenendo massicciamente le imprese perché voltino la pagina dell’economia del passato, che si basa sull’utilizzazione delle energie fossili. Di fronte alla mondializzazione degli scambi e alla finanziarizzazione dell’economia nessuno degli stati membri preso singolarmente è in grado di piegare gli speculatori e le imprese che fanno miliardi di utili. Senza l’euro, i singoli paesi sarebbero caduti gli uni dopo gli altri, come in un gioco del domino. La crisi in atto dal 2008 ha approfittato delle falle di una moneta creata nella fretta. I governi hanno solo messo delle toppe, una dopo l’altra. Adesso è urgente correggere i disequilibri interni. La blancia dei pagamenti eccedentaria della Germania è un problema altrettanto importante del debito greco. Ed è solo a livello europeo che riusciremo a creare un equilibrio globale che funzioni sul lungo periodo. In questo contesto, il Parlamento europeo deve poter pesare sugli orientamenti politici che ci impegneranno per anni e che non possono essere lasciati nella mani di una Commissione che non ha sufficiente legittimità.
François Hollande ha proposto un Airbus dell’energia. Al di là delle parole, secondo lei c’è un vero progetto per rilanciare un programma comune, che permetterebbe anche di aumentare l’occupazione in questo periodo di forte disoccupazione?
La proposta di Hollande va nella buona direzione, ma oggi manca una vera volontà politica perché si contretizzi. Il successo di Airbus mostra che solo quando si mutualizzano le risorse noi saremo in grado di rilanciare l’attività industriale ed essere protagonisti del nostro futuro. L’Europa deve urgentemente raggiungere la sovranità energetica per non dipendere più dalle importazioni di gas o di petrolio che arriva da paesi che violano i diritti umani. Piuttosto che investire miliardi di euro in un progetto come Iter (si tratta di un reattore nucleare che utilizza il principio della fusione, un progetto che associa 35 paesi, i 28 della Ue più India, Giappone, Russia, Corea del sud, Usa e Svizzera, i cui costi sono saliti da 5 a 16 miliardi di euro, ndr), l’Europa deve puntare sulla ricerca per sviluppare un’energia eolica efficace, rilanciare la produzione di pannelli solari, sostenere la costruzione di micro centrali elettriche e sviluppare la metanizzazione in agricoltura. Centinaia di migliaia di posti di lavoro potrebbero venire creati.
Lei ha appena pubblicato un libro, «Hold up à Bruxelles» (ed. La Découverte). Qual è il peso delle lobbies al parlamento europeo? Si può pensare al negoziato in corso per il Trattato transatlantico, allo shale gas, al tabacco.
Le pressioni degli industriali sono forti. Riguardano numerosi campi come i medicinali, l’industria automobilistica, le armi o la costruzione di infrastrutture inutili. Questa cancrena però non si limita alla sfera europea. I lobbisti sono egualmente presenti nei corridoi dei Parlamenti nazionali. Dobbiamo lottare a tutti i livelli perché le decisioni politiche difendano l’interesse comune piuttosto che quelli delle imprese mondializzate. Senza l’appoggio dei cittadini e delle associazioni i deputati hanno poco potere. Bisogna poter contare sui whistleblowers , su coloro che lanciano l’allerta. La democrazia non può limitarsi a un voto ogni cinque anni.