Il discorso nazional-populista e anti-immigrazione dell’FN trova terreno fertile principalmente nelle regioni ad alto tasso di deindustrializzazione e alto tasso di disoccupazione. Un’analisi del voto francese
All’indomani del primo turno delle elezioni regionali francesi del 4 dicembre[1], il risveglio non è stato facile per chi sperava in una conferma dei risultati ottenuti alle precedenti tornate elettorali del 2010, allorché un imbattibile Partito Socialista conquistava la totalità delle regioni francesi. Ad onor del vero, i segnali di una potenziale pesante sconfitta non sono mancati, a partire dal crescente successo elettorale del Front National che si è espresso nelle recenti elezioni municipali ed europee del 2014. Tuttavia, i risultati hanno confermato le peggiori aspettative e riproposto in numerose regioni la stessa impasse politica in cui il Partito Socialista si ritrovò nel lontano 2002: di fronte alla sconfitta al primo turno delle presidenziali, il partito diede indicazione ai propri elettori di votare ai ballottaggi per i Repubblicani di Jacques Chirac al fine di ostacolare l’avanzata del Front National di Jean-Marie le Pen.
Ricorrere alle stragi di Parigi non sembra essere la strategia migliore per comprendere un successo così schiacciante. Analisi maggiormente approfondite rivelano infatti un insieme di concause economiche e sociali che spiegherebbero lo straordinario successo elettorale frontista. Una lucidissima analisi di Joel Gombin rivela infatti una significativa correlazione tra livello di disuguaglianza economica, salari medi e percentuale di voti ottenuta dal Front National alle ultime elezioni presidenziali del 2012: le città più “ostili” all’FN sono caratterizzate mediamente da bassi livelli di disuguaglianze economiche, misurate tramite l’indice di Gini, ed alti livelli salariali; le città più favorevoli all’FN sarebbero caratterizzate invece da alti livelli di disuguaglianze economiche e bassi livelli salariali. Andando ad analizzare inoltre le caratteristiche socio-economiche degli elettori frontisti, l’autore suggerisce una tassonomia regionale che vede la Francia divisa in 3 macro aree: l’area dei “restii”, rappresentata dai comuni occidentali francesi, storicamente ostili rispetto all’FN, in cui la quota di operai e inattivi che votano per il partito di estrema destra risulta essere relativamente debole rispetto alla media francese; l’area degli “inattivi”, rappresentata fondamentalmente dalle regioni del Nord e del Nord-Est storicamente favorevoli all’FN in cui la quota di inattivi che votano per il partito frontista, soprattutto studenti, pensionati e casalinghe, risulta essere relativamente forte; infine l’area del meridione orientale, definita l’area dei “lavoratori”, in cui la quota di impiegati nel settore privato, inclusi gli operai e i quadri dirigenziali, che vota FN appare relativamente alta rispetto alle altre aree identificate.
In un articolo recente, Thomas Manfredi si concentra invece sulla correlazione semplice tra disoccupazione e percentuale di voti per il FN, confermando perciò la tesi secondo cui il consenso politico dell’FN si è costruito soprattutto nei comuni e nei dipartimenti ad alto tasso di disoccupazione. Se è vero che la correlazione tra disoccupazione e percentuale di voti frontisti a livello regionale risulta essere schiacciante (grafico 1), vale tuttavia la pena soffermarsi su un’analisi congiunta di diverse variabili aggregate tra le quali il tasso di disoccupazione medio, la quota di non-europei sulla popolazione totale[2] e il tasso di mortalità netta di imprese nei principali settori produttivi[3].
Il grafico 2 mostra che le regioni in cui il FN ha ottenuto il maggior numero di voti (la quota di voti è rappresentata dall’ampiezza dei punti) sono le regioni ad alto tasso di disoccupazione e (relativamente) alta quota di stranieri, mentre le regioni in cui il FN ha riscosso minor successo sono le regioni a (relativamente) bassa disoccupazione e bassa quota di stranieri sulla popolazione. La prima area è rappresentata soprattutto dalle regioni del nord-ovest, ovvero il Nord Pas de Calais la Picardia, l’Alsazia e la Lorena, e le regioni del sud-est, principalmente la Provenza e la Costa Azzurra; la seconda area è rappresentata invece dalle regioni occidentali, vale a dire Bretagna, Paesi della Loira, Aquitania e Limosino, oltre alla Normandia. Le regioni a (relativamente) basso tasso di disoccupazione e (relativamente) alta quota di stranieri sulla popolazione sono regioni in cui il FN esercita mediamente un discreto fascino. Se si osserva bene, queste regioni sono caratterizzate anche da un notevole tasso di mortalità netta delle imprese (il valore presente all’interno dei punti), il che suggerisce che il successo dell’FN non vada ritrovato soltanto nella forte presenza di immigrati bensì in un insieme più ampio di fattori fra i quali emerge una relativa fragilità economica, così come suggerito anche da Joel Gombin. In altre parole, il discorso nazional-populista e anti-immigrazione dell’FN trova terreno fertile principalmente in quelle regioni ad alto tasso di deindustrializzazione e alto tasso di disoccupazione, dove un’ampia ed eterogenea fascia sociale che va dagli operai, interessati alla stabilità occupazionale, ai quadri di impresa, preoccupati dal debole sviluppo economico e dall’alto tasso di mortalità di imprese, ritrova nell’argomento protezionistico (tanto economico quanto sociale) una convincente ancora di salvataggio.
In conclusione, il Front National sembra guadagnare consenso specialmente laddove presenta un’alternativa concreta (l’uscita dall’Euro e il ritorno alla sovranità monetaria, l’aumento del salario minimo, la protezione dei livelli occupazionali) ai territori che hanno maggiormente sofferto i costi di una globalizzazione sfrenata e di un’integrazione monetaria europea che hanno alimentato, in ultima istanza, una competizione al ribasso su costo del lavoro e politiche sociali. In particolare, sembrerebbe che l’FN sia riuscito a conquistare la fiducia e il consenso politico proprio all’interno di quelle fasce sociali che tradizionalmente e storicamente si riconoscevano e si sentivano rappresentate dalla sinistra. Per dirla con le parole del Presidente del MEDEF (la confindustria francese), Pierre Gattaz, “il programma economico dell’FN ricorda stranamente il programma comune della sinistra nel 1981: ripristino dell’età pensionabile a 60 anni, aumento del livello generale dei salari e in particolare del salario minimo legale di 200 euro, ritorno al franco, aumento dei dazi doganali”[4].
Se il Partito Socialista fosse realmente intenzionato a riconquistare uno spazio importante a sinistra avrebbe di fronte a sé un laboratorio politico molto interessante da cui trarre numerose lezioni. Chissà se sarà in grado di cogliere il senso di questo voto frontista che ha l’aria di essere una protesta radicale di natura prevalentemente economica piuttosto che uno slittamento globale verso posizioni politiche di estrema destra.
Grafico 1: Correlazione tra percentuale di voti ottenuta dal Front National al primo turno delle elezioni regionali del 2015 e tasso di disoccupazione media per il periodo 2010-2015. Sono assenti le regioni Ile-de-France e Corsica, la prima per ragioni statistiche la seconda per ragioni di disponibilità di dati. Fonte: INSEE
Grafico 2: Percentuale di voti ottenuta dal FN alle elezioni regionali del 2015 (rappresentata dall’ampiezza dei punti) in funzione del tasso di disoccupazione media per il periodo 2010-2015 (asse orizzontale), della quota di stranieri extra-europei sulla popolazione totale (asse verticale) e del tasso di mortalità netto delle imprese (valore presente all’interno dei punti). Sono assenti le regioni Ile-de-France e Corsica, la prima per ragioni statistiche la seconda per ragioni di disponibilità di dati. Fonte: INSEE
[1] L’esito del ballottaggio del 13 dicembre ha sancito una spartizione delle regioni francesi tra il Partito di Francois Hollande e il Partito di Nicolas Sarkozy. Il Front National non ha ottenuto la maggioranza in nessuna regione.
[2] La quota di non europei sulla popolazione totale rappresenta, più precisamente, la quota dei residenti sprovvisti di nazionalità francese fornita dall’INSEE, l’istituto nazionale francese per le statistiche economiche e sociali.
[3] Il tasso di mortalità netta delle imprese è costruito come il rapporto tra il numero di imprese fallite e il numero di nuove imprese in alcuni dei principali settori produttivi: industria, costruzioni, commercio, trasporti e ristorazione. La scelta dei settori è legata alla disponibilità dei dati forniti dall’INSEE.
[4] Libera traduzione del redattore