Per il direttore generale della Svimez “gli investimenti non possono essere allocati tramite quote, come le quote rosa” e “il Sud potrà vincere la sfida della spesa solo se si identifica un nuovo modello di governance”. Da Huffingtonpost.
Dottor Bianchi, è la prima analisi che la Svimez fa dell’ultima versione del Recovery plan. Che idea generale vi siete fatti del piano?
La prima bozza era assolutamente insoddisfacente, troppo sbilanciata sugli incentivi che pesavano per oltre il 40%, e priva di una chiara priorità per gli investimenti volti a ridurre il divario nell’offerta di servizi (istruzione, sanità, mobilità) tra le diverse aree del Paese. La nuova versione è sicuramente più equilibrata nella ripartizione delle risorse tra le missioni e questo è decisivo anche per il Sud: gli investimenti nel Mezzogiorno non possono essere allocati
attraverso quote, come le quote rosa.
In che senso?
Conta più orientare i soldi su una strategia nazionale volta a ridurre le disuguaglianze e a mobilitare le risorse inutilizzare piuttosto che rivendicare “a prescindere” quote destinate al Sud. Nella storia del nostro Paese le quote non sono peraltro state mai rispettate.
Il Governo punta molto sulla quota, sul fatto cioè che il 50% dei 222 miliardi del Next Generation Eu andranno al Sud. Non è da considerare un dato significativo?
Sì, ma rischia di essere una vittoria di Pirro se non crei le condizioni per spendere tali risorse. Solo ex post si potrà verificare se saranno arrivati questi soldi. A oggi non abbiamo elementi per desumere che al Sud arriveranno il 50% delle risorse. L’allocazione territoriale ex ante è difficile da fare: si può fare ad esempio sugli investimenti, che è un bene siano aumentati, ma molto meno sugli incentivi che dipendono dalla capacità di assorbimento dei territori. E poi ragionare per quote ripropone dinamiche inutili se non dannose.